Topolino #3331: Il falso pianeta
Massimo De Vita torna su Topolino come autore completo con una storia dedicata a uno dei personaggi cui ha maggiormente legato la sua carriera, Indiana Pipps. L’archeologo dell’avventura, ideato da Bruno Sarda ne I predatori del tempio perduto del 1988, storia disegnata da Maria Luisa Uggetti, finisce sin da subito nelle mani di De Vita jr. con la storia successiva, La città di ghiaccio del 1989. Di fatto, salvo sporadiche storie di altri suoi colleghi, ne diventa il disegnatore esclusivo fino all’incirca al 1995, quando la presenza del personaggio si fa più stabile sulle pagine del settimanale disneyano, finendo tra le mani di altri validi artisti della scuderia di Topolino.
Di storie complete, non solo con Indiana Pipps ma in generale, De Vita ne ha realizzate poche, per cui questa affascinante avventura è un vero e proprio piccolo evento celebrato dalla copertina di Giorgio Cavazzano in un numero che unisce due dei più grandi maestri della seconda generazione dei Disney italiani.
Civiltà extraterrestri
La vicenda ideata da De Vita prende le mosse dalla ricerca di pianeti extrasolari e soprattutto dalla non citata ma comunque presente equazione di Drake. Questa formula matematica, proposta dall’astrofisico statunitense Frank Drake nel 1961, viene utilizzata per stimare il numero di civiltà extraterrestri presenti nell’universo:
dove:
- è il numero di civiltà extraterrestri presenti oggi nella nostra Galassia con le quali si può pensare di stabilire una comunicazione;
- è il tasso medio annuo con cui si formano nuove stelle nella Via Lattea;
- è la frazione di stelle che possiedono pianeti;
- è il numero medio di pianeti per sistema planetario in condizione di ospitare forme di vita;
- è la frazione dei pianeti ne su cui si è effettivamente sviluppata la vita;
- è la frazione dei pianeti fl su cui si sono evoluti esseri intelligenti;
- è la frazione di civiltà extraterrestri in grado di comunicare;
- è la stima della durata di queste civiltà evolute.
Dall’incontro che si tenne nel 1961 presso il National Radio Astronomy Observatory di Green Bank, oltre all’equazione di Drake, prese le mosse anche il progetto SETI (Search for Extra-Terrestrial Intelligence) che, esaminando i segnali radio raccolti dai radiotelescopi, cerca di scoprire eventuali segnali prodotti da civiltà extraterrestri avanzate.
All’interno del progetto SETI ricade anche il famoso messaggio di Arecibo, di cui spero di potervi proporre qualcosa entro la fine dell’anno.
Allo stato attuale delle ricerche astronomiche, però, il più grande passo avanti è stato compiuto grazie al satellite Kepler. Progettato espressamente per cercare pianeti extrasolari, ovvero pianeti che orbitano intorno a stelle della Via Lattea, ha scoperto oltre 3500 esopianeti. I dati, non ancora completamente esaminati, mostrano una grande varietà di pianeti, e soprattutto mostrano l’esistenza di sistemi planetari intorno a stelle che non sembrava potessero possederne uno. Molti sono i giganti gassosi scoperti, ma non mancano i pianeti rocciosi, come ad esempio un intero sistema planetario, quello di Trappist-One, che potrebbe essere costituito proprio da pianeti rocciosi quasi tutti all’interno della zona abitabile(1) della stella, una nana rossa.
Un archeologo nello spazio
Il falso pianeta di De Vita, dopo due pagine a metà strada tra scienza e sogno fantascientifico, si occupa, però, del secondo problema fondamentale in questa ricerca: l’esplorazione. Una volta scoperto un esopianeta roccioso e confermata la sua abitabilità, diventa importante se non necessario esplorare direttamente il pianeta. Le soluzioni sono due: mandare un robot o un equipaggio di pionieri spaziali. Lo scienziato e imprenditore mostrato nelle prime due pagine, probabilmente ispirato a Elon Musk, anche se non nell’aspetto, circuisce Zapotec per assoldare due audaci avventurieri per compiere una particolare impresa: compiere un test per verificare l’audacia e lo spirito di intraprendenza dei primi esploratori spaziali.
L’idea, in effetti, è già stata messa in pratica dalla NASA in diverse missioni realizzate in luoghi isolati del nostro pianeta non solo per preparare gli astronauti alle future missioni lunari e (si spera) marziane, ma soprattutto per studiare le reazioni degli astronauti a periodi molto lunghi durante i quali avranno poche interazioni con la Terra e saranno costretti a vivere in ambienti ristretti.
Il progetto dell’innominato epigono disneyano di Musk è, però, molto meno trasparente: per avere delle reazioni spontanee dalle cavie, in questo caso Topolino e Indiana Pipps, non viene detto loro che la missione è una simulazione. Così i nostri due eroi si ritrovano in un ambiente ricostruito, popolato da ologrammi e robot, una sovrapposizione tra il Truman Show del 1998 diretto da Peter Weir e La notte del drive-in di Joe Lansdale. Significative, per l’identificazione di queste fonti, sono l’ambientazione preistorica e la scoperta del trucco da parte di Topolino per quel che riguarda il romanzo di Lansdale, mentre il backstage con gli operatori che modificano la sceneggiatura in corso d’opera e la scena in cui Zapotec recupera Topolino e Indiana giunti fino al limite del “cielo” rimandano proprio al film con Jim Carey.
Un’avventura divertene e stimolante, che mescola scienza e fantascienza, ma che proprio come il Truman Show punta l’accento sin dalle prime battute sull’invasiva presenza di telecamere e di indesiderati e spesso nascosti osservatori.
La recensione del numero in edicola verrà pubblicata domenica su DropSea
- Per zona abitabile si intende quella porzione di spazio all’interno della quale l’energia irradiata dalla stella permette al potenziale pianeta al suo interno di possedere acqua liquida ↩