Topolino #3317: Creatività artificiale
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Topolino #3317: Creatività artificiale

Non poteva esserci storia migliore di Archimede e la creatività artificiale su Topolino #3317 per la giornata di oggi. Il 23 giugno del 1912 nasceva a Londra Alan Turing, uno dei padri del computer nonché ideatore del gioco dell’imitazione, noto anche come test di Turing per stabilire se un’intelligenza artificiale è in grado di essere indistinguibile da una umana per un osservatore esterno.

Si impara facendo domande

Nella storia di Pietro Zemelo, disegnata da Lara Molinari, Archimede inventa un robot che dovrebbe suggerirgli qualche nuova idea. Il robot, però, si mette immediatamente a porgli delle domande. Come ben sanno coloro che stanno lavorando sull’intelligenza artificiale e in particolare sulle reti neurali, per poter sviluppare nel modo migliore possibile tali sistemi bisogna far sì che imparino. In questo senso l’atteggiamento di Archimede è decisamente poco costruttivo, visto che invece di rispondere invita il robot a provare lui a fornire una risposta alle sue domande.

Altro interessante atteggiamento del robot stesso è il modo diverso con cui si approccia alle varie situazioni, dovuto ovviamente alle differenti informazioni che accumula man mano. E’ interessante osservare come le prime intelligenze artificiali, programmate per interagire con gli esseri umani sul web in chat particolari, adattavano le interazioni in funzione delle risposte fornite dagli esseri umani. Questo modo di procedere rendeva i primi bot dei perfetti terapisti, persino migliori degli esseri umani, almeno per quel che riguarda la diagnosi iniziale, prima di indirizzare il paziente verso un particolare specialista.
In generale il comportamento del robot costruito da Archimede è assimilabile a quello di un vivace bambinbo curioso: tale caratterizzazione è ancora una volta perfetta considerando che proprio Turing nel famoso Computing Machinery and Intelligence1 fa un parallelo proprio con i bambini:

Invece di produrre un programma che sumula la mente di un adulto, perché non provare a produrre piuttosto uno che simula quella di un bambino? Se questa venisse sottoposta a un apporpriato corso educativo si potrebbe ottenere un cervello adulto. Presumibilmente il cervello di un bambino è qualcosa di simile a un quaderno appena comprato in cartoleria. Ben pochi meccanismi e molti fogli bianchi (meccanismo e scrittura sono dal nostro punto di vista quasi sinonimi). La nostra speranza è che ci siano così pochi meccanismi nel cervello infante che qualcosa del genere possa essere programmato con semplicità. La quantità di lavoro per l’educazione possiamo assumere, in prima approssimazione, dovrebbe essere all’incirca la stessa di quella necessaria per un bambino umano.
Abbiamo così diviso il nostro problema in due parti. Il programma bambino e il processo educativo.2

Che, come detto, è proprio la linea lungo la quale si sta sviluppando la moderna ricerca nel campo dell’intelligenza artificiale. Ancora una volta nel segno di Turing.


  1. Turing, A. M. (1950). Computing machinery and intelligence. Mind, 59(236), 433-460. (archive.org). 

  2. Instead of trying to produce a programme to simulate the adult mind, why not rather try to produce one which simulates the child’s? If this were then subjected to an appropriate course of education one would obtain the adult brain. Presumably the child brain is something like a notebook as one buys it from the stationer’s. Rather little mechanism, and lots of blank sheets. (Mechanism and writing are from our point of view almost synonymous.) Our hope is that there is so little mechanism in the child brain that something like it can be easily programmed. The amount of work in the education we can assume, as a first approximation, to be much the same as for the human child.
    We have thus divided our problem into two parts. The child programme and the education process.
     

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