
Topolino #2248: SuperPippo e il tuffo nel buco nero
Il video disneyano di oggi ha una dedica speciale: è infatti ispirato dall’amico Andrea Bramini, che ha notato subito la storia di SuperPippo che approfondisco nel video uscito oggi. In futuro (devo decidere se iniziare in questo mese o spostare il tutto all’autunno) potrei poi fornire una visione alternativa, più “didattica”, delle storie che Andrea esaminerà dentro la serie In gabbia. La mia idea è quella di utilizzare alcune delle vignette esaminare da Bramo per far notare il moto dei personaggi e come essi risultano soggetti alle forze, quelle esterne come quella gravitazionale, e quelle interne, generate dal loro movimento.
Dopo questa piccola anticipazione, non perdo altro tempo e vi lascio al video odierno:
La storia, SuperPippo e l’invasione d’evasione scritta da Stefano Ambrosio per i disegni di Alessandro Perina, presenta spunti scientifici interessanti, partendo proprio dalla pagina iniziale in cui vediamo SuperPippo che prova a riparare un satellite. In realtà c’è a Terra il nipote Gilberto che lo guida nelle operazioni, ma come è ovvio il supereroe combinerà un disastro nel momento in cui Gilberto dovrà assentarsi per andare, come insegnante del corso, a lezione.
Nel corso del suo vagare nello spazio in orbita intorno alla Terra, SuperPippo viene colpito da due satelliti che si dirigono contro di lui da direzioni opposte. Soprassedendo sul fatto che due satelliti si trovano sulla stessa orbita e, appunto, viaggiano in direzioni opposte, ci si potrebbe chiedere se la velocità con cui colpiscono la testa dell’eroe è sufficiente da procurargli un qual certo mal di testa. Se consideriamo che i satelliti viaggiano a velocità intorno agli 11000 km/h, direi che un qual certo margine potrebbe anche esserci!
Restando sugli aspetti spaziali della storia, un altro spunto interessante Ambrosio ce lo fornisce quando Gilberto, un’ora più tardi, cerca di capire cosa è accaduto allo zio. Per fare ciò…
Se mi collegassi con un satellite lontano dalla Terra una distanza pari a quella percorsa dalla luce in un’ora potrei vedere adesso ciò che è accaduto un’ora fa, perché quelle immagini stanno arrivando ora al satellite.
L’idea è sostanzialmente buona, ma ovviamente chiediamoci dove un tale satellite si dovrebbe trovare. Per semplificare i conti consideriamo che la luce impiega 8 minuti e mezzo circa (8.3 minuti per la precisione) per raggiungere la Terra. Sempre per semplificare i conti, prendiamo la distanza Terra-Sole come nostra unità di misura e diciamo che questa distanza vale una unità astronomica (che poi è proprio quello che gli astronomi fanno normalmente!). A questo punto facendo una semplice proporzione scopriamo che la luce, in un’ora, percorre una distanza di all’incirca 7.2 unità astronomiche. Aggiungendo a questa distanza, l’unità astronomica corrispondente alla distanza Terra-Sole, ovvero il punto di partenza della luce, scopriamo che tale ipotetico satellite dovrebbe trovarsi da qualche parte tra Giove e Saturno. E l’unico satelite che avrebbe potuto avere queste caratterstiche all’epoca poteva essere la sonda Cassini-Huygens. Con l’unico dettaglio che essa raggiunse Giove a fine 2000 e Saturno nel 2004, quindi molto dopo l’uscita della storia.
E arriviamo al momento clou della storia: SuperPippo deve ritornare in fretta sulla Terra per fermare un’invasione aliena fatta per spezzare la noia. A quel punto l’unico mezzo per accelerare i tempi del viaggio che trova sottomano è un buco nero che, come gli ha raccontato il nipote Gilberto, permette di viaggiare per migliaia di anni luce in pochi secondi.
In realtà, a voler essere pignoli, la cosa è piuttosto dibattuta.
Innanzitutto vediamo come Stephen Hawking descrive la caduta in un buco nero in questo passo tratto dal suo best seller Dal Big Bang ai buchi neri:
La gravità si indebolisce sempre più quanto più ci si allontana dalla stella, cosicché la forza gravitazionale che si esercita sui piedi del nostro intrepido astronauta sarebbe sempre maggiore di quella che si esercita sulla sua testa. La differenza fra le forze è tale da stirare il nostro astronauta come una fettuccina o da strapparlo in due o più parti prima che la stella si sia contratta fino al raggio critico a cui si forma l’orizzonte degli eventi! Noi crediamo però che nell’universo ci siano oggetti molto più grandi, come le regioni centrali di galassie, che possono subire anch’essi il collasso gravitazionale per produrre buchi neri; un astronauta che si trovasse in una di queste regioni non sarebbe lacerato prima della formazione del buco nero.
Egli non sentirebbe in effetti niente di speciale nel raggiungere il raggio critico, e potrebbe superare il punto di non ritorno senza neppure accorgersene. In capo a poche ore, però, al continuare del collasso gravitazionale della regione, la differenza nelle forze gravitazionali che si esercitano sulla sua testa e sui suoi piedi diventerebbe così grande da farlo di nuovo a pezzi.
Il fenomeno è popolarmente noto come spaghettificazione.
A essere, invece, una scorciatoia spaziotemporale è il così detto wormhole, letteralmente il buco del verme (o la tana, se preferite). In termini tecnici, un wormhole è un ponte di Einstein-Rosen che, come mostrato in un articolo di Albert Einstein e Nathan Rosen, risulta compatibile con la relatività generale di Einstein ed è in tutto e per tutto simile a un buco nero. Per cui non è detto che si resca a sopravvivere al suo attraversamento. Ammesso poi che metta in collegamento due punti dello stesso universo!
Inoltre è curioso osservare come dal punto di vista matematico la guida o spinta di Alcubierre (in termini più popolari il motore a curvatura di Star Trek) proposta nel 1994 dal fisico messicano Miguel Alcubierre non sia molto diversa proprio da un wormhole.
Ultima menzione al concetto matematico presente nella prima vigmetta della sesta pagina, quello degli operatori hermitiani. Questi è un operatore letteralmente complesso, perché se lo rappresentassimo usando una matrice numerica (una tabella di numeri racchiusa da parentesi, in termini semplicistici), questi numeri non sarebbero solo reali, ma anche immaginari (i numeri immaginari sono le radici quadrate dei numeri negativi).
So già che se proseguo, vi perderò per strada, quindi mi fermo qui e vi do appuntamento al prossimo video!