
Il viaggio di Darwin
Tra marzo e settembre del 2019 all’interno della collana Historica Biografie, Mondadori pubblica in edicola nel formato cartonato i due volumi di Darwin, biografia a fumetti realizzata da Christian Clot per i disegni di Fabio Bono e i colori di Dimitri Fogolin.
Un naturalista scapestrato
I due volumi hanno una ben precisa suddivisione: Clot, per scelta, non parte dall’inizio, ma dal 1831 quando uno degli studenti più scapestrati di Cambridge era proprio Charles Darwin. Ed è in una infima locanda che troviamo l’allora giovane studente a fare bisboccia fino a tardi con gli amici. Questo inizio è molto utile a Clot per descrivere al meglio la natura sociale del carattere di Darwin, permettendo di far emergere quella parte della sua vita e del suo carattere che è rimasta spesso dimenticata a causa della sua immagine più nota: un canuto e tranquillo signore che ebbe un’idea che rivoluzionò non solo la scienza, ma il mondo intero.
Il primo volume racconta sostanzialmente della raccolta dei materiali compiuta dal naturalista durante il viaggio e che gli permisero di costruirsi una fama sufficientemente solida da non dover intraprendere la carriera religiosa che il padre avrebbe voluto per lui. La storia di Clot mostra le capacità di Darwin di integrarsi con l’equipaggio o di interagire con le popolazioni locali, senza dimenticare le sue indubbie qualità come naturalista, che erano state raffinate grazie alla sua passione per la caccia. Il volume, però, si conclude con una drammatica lettera alla sorella Caroline sui dubbi relativi alle scoperte compiute durante questo lungo viaggio.
Questi toni drammatici fanno da leggero filo rosso per il secondo volume, che si concentra sull’elaborazione effettiva della teoria dell’evoluzione. Questa parte della vicenda si intreccia con lo stretto rapporto che Darwin lega con il comandante del Beagle e che ne influenzerà per molti anni la decisione di non diffondere i suoi risultati, come vedremo più in dettaglio qui sotto.
Clot, che è un noto esploratore, aveva iniziato nel 2007 una proficua collaborazione con Editions Glénat realizzando una serie di titoli a tema scientifico, cui fa parte anche questo Darwin. Come scrittore, si mostra lucido e preciso, anche se tecnicamente si può considerare il secondo volume più valido del primo, visto l’intreccio tra “presente” e flashback relativi al lungo viaggio di Darwin come naturalista. L’esperienza come esploratore, ma anche l’ottima conoscenza storica della materia, rendono il testo di Clot decisamente molto piacevole da leggere, scorrevole e in un certo senso sincero, grazie alle vivide descrizioni dei personaggi presenti nei due volumi. In particolare è proprio l’interazione tra Darwin e Fitzroy, il comandante dell’HMS Beagle, a emergere in tutti i suoi aspetti, quelli intellettuali e di affinità, ma anche quelli più drammatici legati alle divergenze di vedute, ma anche alla depressione di cui Fitzroy soffrì per buona parte della sua vita.
A impreziosire il testo di Clot troviamo i disegni di Fabio Bono, che alterna pagine ricche di vignette dal montaggio dinamico e decisamente poco classico ad altre ricche di splendide illustrazioni naturalistiche a tutta pagina immancabili in un fumetto di viaggio come è questo Darwin. Che poi è stato anche un viaggio che ha letteralmente cambiato la storia della scienza e, un po’, dell’umanità è anche un di più che non guasta!
Evolvere
Come ormai tutti dovremmo sapere, Charles Darwin è considerato il padre della teoria dell’evoluzione. In effetti quello che Darwin fece fu non tanto esprimere dal nulla le sue convinzioni, ma portare a termine una sintesi di varie teorie evoluzionistiche precedenti, inclusa quella del nonno Erasmus Darwin, suffragata da anni di osservazioni, iniziate con il famoso viaggio sull’HMS Beagle.
Il viaggio ebbe inizio alla fine del 1831 e durò all’incirca 5 anni durante i quali la nave, condotta da Robert Fitzroy, toccò varie coste del Sud America facendo tappa, sulla via del ritorno, anche in Australia e in Sud Africa. Le osservazioni che Darwin compì durante il suo viaggio lo portarono alla conclusione che esisteva, in natura, un meccanismo che metteva le specie in competizione le une con le altre, costringendole ad adattarsi nel corso delle generazioni per poter perpetuare la specie. Queste idee, però, urtavano con le convinzioni religiose dell’epoca, uno dei pochi punti in comune tra le varie confessioni cristiane nel mondo. D’altra parte lo stesso Fitzroy era uno strenuo difensore di queste convizioni e, probabilmente, la sua amicizia con Darwin giocò un ruolo fondamentale per spingere il naturalista a tenere ancora per se le sue idee.
L’altra grande motivazione era strettamente tecnica: le prove a supporto della sua teoria dovevano essere solide, e le semplici osservazioni, fossili ma non solo, raccolte nel corso di “solo” 5 anni non sembravano sufficienti agli occhi dello scienziato. Darwin, una volta rientrato in patria, si ritirò in campagna insieme con la moglie, la cugina Emma Wedgwood, dove proseguì con i suoi esperimenti. Che sarebbero proseguiti ancora a lungo se non fosse stato per tre eminenti scienziati dell’epoca.
Il primo, semplicemente citato nel secondo volume dell’opera, è Alfred Russel Wallace. Nonostante Darwin non avesse fatto uscire nulla di specifico sulla teoria dell’evoluzione, le sue idee erano comunque note nell’ambiente, oltre ad aver raggiunto una posizione autorevole all’interno della comunità proprio grazie al viaggio come naturalista dell’HMS Beagle. Così Wallace inviò a Darwin in anteprima il suo lavoro sull’evoluzione. Questo spinse altri due amici di Darwin, Charles Lyell, le cui teorie furono di ispirazione per Charles, e Thomas Huxley ad andare dal naturalista per convincerlo a pubblicare, finalmente, la sua teoria dell’evoluzione.
L’origine della specie fece la sua comparsa nelle librerie il 22 novembre del 1859: le 1200 copie della prima tiratura andarono letteralmente a ruba in pochi giorni. Il successo strepitoso e la larga diffusione ebbero, però, un contraccolpo non da poco: le polemiche con il mondo religioso. La sfida più importante, che segnò la vittoria più netta della teoria nei confronti degli scettici, anche se non quella definitiva (come purtroppo ben sappiamo ancora oggi) si tenne a Oxford il 30 giugno del 1860. Gli sfidanti erano il vescovo di Oxford Samuel Wilbeforce da un lato e Thomas Huxley dall’altro. La vittoria di quest’ultimo, che si guadagnò il soprannome di mastino di Darwin, fu netta e convincente, anche se non zittì completamente gli scettici, resi forti dalle vignette satiriche che comparivano sui quotidiani che ritraevano il barbuto Darwin con il corpo di una scimmia.