H.R. Vassaf: l’Iran, un tempo Persia, oggi Paese dei Mullah

H.R. Vassaf: l’Iran, un tempo Persia, oggi Paese dei Mullah

Hamid-Reza Vassaf in "Nel paese dei Mullah" racconta l'Iran ai tempi della teocrazia: potere senza freni, ambizioni smisurate e senza controllo, una cappa ossessiva di violenza e ipocrisia che soffoca la libertà di pensiero e la speranza.

paese_mullah_coverIl Sardar Hadji, capo della milizia islamica Bassidji, si ritrova naufrago su un’isola del Golfo Persico, dove è raccolto da Sohaile, giornalista e scrittore. I due sono costretti a una convivenza forzata, durante la quale le notizie dalla televisione spingono il militare a parlare di sé e, a cerchi concentrici, di alcune personalità iraniane. Il volume è quindi diviso in tre sezioni: i ricordi di Hadji, la storia del regista Mohsen Chérik e, come postfazione, alcune riflessioni di Hamid-Reza Vassaf, che offrono un contesto di riferimento a quanto mostrato nelle pagine precedenti.

Il racconto di Hadji e della carriera di Mohsen Chérik consente di mettere in scena le peggiori storture della dittatura teocratico-islamista di Teheran: alla loro base, l’imperio assoluto del potere, che infonde il terrore mostrando il proprio arbitrio metodico; l’esaltazione del carrierismo, dell’ambizione e dell’uso anche sadico della violenza da parte di dirigenti e amministratori.
Il tutto senza concessioni a sfumature o ambiguità: i profili morali sono a campiture nette di bianchi e neri, come i disegni, e la stessa fisiognomica trasmette il senso di degrado etico. Khomehini, dagli occhi malvagi e folli; l’odjat-ol-islam Nayeri, che spande bava lubrica come il lupo cattivo disneyano, quando ordina lo stupro delle vergini incarcerate nella prigione di Gohardasht, guidata da Hadji; del mullah Husseini, che guarda con lussuria la moglie di Hadji, dichiarato morto, mentre annuncia che la prenderà sotto la sua protezione.

Più che a ritratti siamo di fronte a caricature, a raffigurazioni didascaliche il cui scopo è evidenziare la perversità dei personaggi che, sotto l’ombrello dell’Islam, danno sfogo alla propria volontà di potenza. Il messaggio risultante, infatti, è che per tutti costoro, l’Islam è uno strumento di potere temporale e la dittatura un modo per soddisfare i propri peggiori istinti.

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Vassaf compone un lavoro dove l’urgenza della denuncia fa aggio sull’impianto narrativo, offrendo un’opera che ha più del pamphlet che del racconto.
paese_mullah_04_miniLa mancata integrazione fra le due componenti emerge in almeno due scelte dell’autore: innanzitutto, nell’ambiguità del punto di vista da cui è narrata la vicenda del regista Chérik. In un primo tempo sembra che Sohaile sia sorpreso dal destino di Chérik (pag. 41: “Cosa? Mohsen Chérik, un kafir?” – dove “kafir”, infedele, assume la sfumatura di “traditore dello Stato”); forse, nonostante la sua professione è rimasto a lungo isolato dal mondo? Questa è una possibile spiegazione della sua sorpresa, ma a pagina 70 scopriamo che lo scrittore ha incontrato Chérik a Parigi e ne conosce le difficoltà. Secondo indizio: il finale, che interrompe l’intreccio portante senza scioglierlo. Vediamo Hadji piangere ricordando le esecuzioni di Gohardasht, ma quel ricordo era già ben presente in lui: come è legato alle sue scelte successive? Questa rievocazione innesca in lui una qualche crisi?
Vassaf non lo dice, bensì chiude il racconto e prende la parola in prima persona per esporre un modello di lettura del sistema di potere dei Mullah. L’impresa del regime teocratico sarebbe stata riuscire a imporsi come la realizzazione delle attese messianiche che a loro volta mescolano l’antica tradizione persiana e quella dell’Islam sciita duodecimano. Questa posizione rende concettualmente inaccettabile, se non impensabile, qualsiasi idea di equilibrio dei poteri ed è su questa base che il regime (totalitario? Vassaf non usa questa categoria) rigetta qualsiasi ipotesi riformatrice. E tuttavia, Vassaf indica anche avvisaglie d’indebolimento del consenso popolare nei confronti del regime teocratico.

Le due parti del volume sono complementari, ma resta il sospetto che focalizzarsi su uno dei due approcci avrebbe dato più forza all’opera. Gli esempi sopra indicati fanno in effetti pensare che Vassaf stesso abbia avuto questa tentazione e abbia tentato di percorrere una via di mezzo, lasciando tracce dei percorsi alternativi tentati e abbandonati.

Abbiamo parlato di:
Nel paese dei Mullah
Hamid-Reza Vassaf
Traduzione di Fay R. Ledvinka
Eris Edizioni, gennaio 2014
112 pagine, brossurato, bianco e nero – 16,00 €
ISBN: 9788890693953

 

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