Un virus pandemico trasforma le persone in kaiju devastatori. E a difendere le città degli uomini sorgono tre Ultramega. La guerra fra i mostri giganti della fantascienza giapponese e gli umani dotati di poteri più tipicamente made in U.S.A, è dunque inevitabile. A raccontarla è James Harren (Marvel, DC, Dark Horse, Image), disegnatore al suo esordio come autore completo, che insieme al colorista Dave Stewart ha dato vita a Ultramega, edito da Saldapress nella collana Skybound (e per Image negli Stati Uniti).
Il volume, presentato a Lucca Comics 2021, contiene i primi due capitoli della nuova serie e rappresenta, come spiegato nell’introduzione, una sorta di miscellanea-tributo ai miti adolescenziali dell’autore: da La Casa a Robocop passando per la vasta produzione di anime in OAV. Un progetto adatto a esaltare lo stile di disegno ibrido di Harren, che si ispira al tempo stesso ai manga action e al fumetto occidentale.
Nel primo capitolo Harren racconta la devastante lotta fra gli Ultramega e i kaiju. L’ambientazione è futuristica-distopica: le persone vivono a stretto contatto con robot più o meno umanoidi, non esistono cellulari o smartphone, sostituiti da cabine telefoniche e da vecchi telefoni fissi nelle abitazioni, e si leggono i giornali cartacei.
Il protagonista è Jason, ex pugile disoccupato che si barcamena in una società dove i robot sono lavoratori più economici degli uomini. A lui, e a due soli altri esseri umani, è offerto il potere di combattere la piaga cosmica dei kaiju, trasformandosi in paladini giganti antropomorfi, con abilità inizialmente semplici come i raggi ultra, ma che nascondono sorprendenti potenzialità.
Jason si trova catapultato in una routine di perenne apprensione: il virus si annida dietro ogni angolo e può colpire chiunque, anche l’innocente mamma che fa compere dal macellaio. L’eroe sembra aver fatto l’abitudine a essere costantemente sotto pressione, ma cerca al tempo stesso un briciolo di normalità, soprattutto nel suo rapporto con la compagna e il figlio. Le cose si complicano quando un kaiju sconfitto rivela l’esistenza di una regina, da nutrire con greggi di sventurati umani.
La narrazione procede con un ritmo incalzante, ma fra uno scontro titanico e l’altro non mancano le rivelazioni sul passato dei protagonisti, sulle origini della piaga kaiju e degli stessi Ultramega, la cui nascita potrebbe essere legata nientemeno che all’origine dell’universo.
La storia è fitta di avvenimenti e la trama generalmente lineare, ma non mancano gli approfondimenti sui protagonisti in flashback, anche di poche vignette, diluiti a volte nella frenesia dell’azione. Proprio utilizzando in modo agile i flashback, Harren riesce, all’interno di una stessa sequenza, a suscitare dubbi nel lettore, risolvendo però ogni perplessità nel giro di poche vignette.
È particolare e interessante la costruzione narrativa dei combattimenti, con la tensione che cresce anche grazie all’utilizzo del punto di vista di sventurati spettatori che si vedono crollare intorno grattacieli, passare accanto arti mozzati o devono fuggire letteralmente da cascate di sangue. Si creano così alcune scene decisamente coinvolgenti e splatter, con sequenze che ricordano Neon Genesis Evangelion in particolare nelle colorazioni e in alcune scene di combattimento.
Nel secondo capitolo, il protagonista è invece Noah, ragazzino che vive in un esilio forzato (e forse ingiusto) oltre la barricata sorta a protezione della città. Lì sono stati isolati gli infetti, ossia coloro che potenzialmente possono trasformarsi in kaiju.
Noah vive nel mito degli Ultramega ed è lui il personaggio che verrà presumibilmente sviluppato nei successivi volumi. La sua storia, che termina alla fine del secondo capitolo con un colpo di scena che lascia tutto in sospeso, lo dipinge come un giovane coriaceo, già convinto delle proprie idee e pronto a tutto per contrastare l’aumento di potere del Klan Kaiju, un gruppo di umani adoratori dei mostri.
Il dualismo fra oriente e occidente caratteristico di Ultramega si ripercuote anche sul disegno di Harren. L’autore mescola in modo snello e sapiente un segno a volte realistico e a volte tendente al manga, sia che si parli di personaggi, tutti molto espressivi, sia di ambientazioni, che della costruzione della tavola. L’impianto grafico si basa in generale sulle quattro strisce con disposizione e dimensione delle vignette molto vario. Ci sono abbondanti dosi di quadruple, vignette a tutta tavola, doppie pagine e splash page.
L’interpretazione dei giganteschi kaiju e degli Ultramega è spettacolare: i paladini umanoidi sono anatomicamene colossali, irradiano potenza, agilità, spavalderia. I mostri sono al tempo stesso terrificanti e superbi, grazie alle loro forme grottesche e deformi ma di un’eleganza micidiale.
Ciò che colpisce è la volontà di Harren di riempire ogni spazio disponibile, con una cura per il dettaglio palese in ogni sequenza e la capacità di inserire campi lunghi o lunghissimi anche in vignette di piccole dimensioni. Il risultato è dirompente: i combattimenti e la distruzione su vasta scala sfruttano prospettive, sfondi, linee cinetiche, onomatopee, una quantità e qualità di dettagli che non fanno rimpiangere gli effetti speciali cinematografici. Ma Harren dimostra altrettanto virtuosismo anche se le scene sono più tranquille e descrittive, come quando le luci dei fari delle auto si riflettono nella pioggia. Scelta delle inquadrature e montaggio sono al servizio delle necessità narrative. Ad esempio un dialogo fra due personaggi si svolge in alternanza con dettagli atmosferici che predicono una tempesta. Oppure una madre che deve nascondere una fisicità demoniaca viene inquadrata solo frontalmente.
Non mancano scene con componenti horror e splatter, la cui incisività è accresciuta anche dalla colorazione di Dave Stewart. Il colorista, vincitore di numerosi Eisner Award, sceglie un viola, un color mattone e un verde oliva per i tre Ultramega, mentre i kaiju variano dal grigio-nero ad accozzaglie di colori acidi o sanguinolenti. I colori si abbinano anche alle diverse fasi narrative: nei momenti di calma sono più tenui ed equilibrati, nei combattimenti o in qualche sequenza ambientata in un sogno si sovrappongono tonalità più accese. Al termine di uno dei combattimenti più violenti invece, tutto diventa rosso, in un cruento tsunami di sangue.
La colorazione risulta fondamentale anche per esaltare alcuni poteri degli Ultramega, creando punti luce abbaglianti o effetti elettrici.
Ultramega è un’opera che, pur partendo da un’idea abusata, cioè una pandemia che colpisce il mondo, e riproponendo un genere classico, il kaiju tokusatsu, risulta infine spettacolare e non scontata. Nonostante James Harren sia alla prima esperienza come autore completo, la trama è di buon livello, gli archetipi su cui sono costruiti i personaggi sono ben mimetizzati e la caratterizzazione dei protagonisti, pur non profondissima, è convincente.
Questa prima parte della serie Ultramega risulta infine essere l’introduzione a una storia dal respiro molto più ampio, che potrebbe riservare molte sorprese.
Abbiamo parlato di:
Ultramega
James Harren, Dave Stewart
Traduzione di Stefano Menchetti
Saldapress, 2021
120 pagine, brossurato con alette, a colori – 15,00 €
ISBN: 9788869199288