Da quasi vent’anni, Scott Snyder è uno dei più prolifici e importanti sceneggiatori del panorama mainstream statunitense. Dopo gli esordi in Marvel, la consacrazione arriva nel 2010 con American Vampire, serie horror realizzata per Vertigo in cui l’autore usa l’immaginario horrorifico dei vampiri per rileggere la storia americana. Da lì compie il salto nel mondo dei supereroi, legando il suo nome a quello di Batman con tantissime serie: da Detective Comics alla serie regolare, insieme a Greg Capullo, e su Batman Eternal durante il rilancio New52, per poi scrivere varie mini legate al personaggio e ben due eventi, Dark Nights: Metal e Dark Nights: Death Metal, che prendono spunto proprio da vari elementi disseminati nelle storie del personaggio. Dopo aver scritto per dieci anni moltissime serie di supereroi (oltre a Batman, anche Swamp Thing, Justice League e Superman per citarne alcune), negli anni 20 del 2000 ha deciso di tornare al creator-owned: con Tony S. Daniel ha lanciato un fortunatissimo kickstarter per la serie Nocterra (poi pubblicata da Image); per IDW crea il mondo di Dark Spaces dove, oltre a scrivere due miniserie con Hayden Sherman, cura anche l’editing di altre miniserie; soprattutto, stipula un accordo con Comixology per produrre, sotto la sua imprint Brett Jackett Press, alcuni titoli insieme a grandi artisti con i quali aveva già collaborato in passato. Quattro serie (Night of the Ghoul con Francesco Francavilla, Branstormers con Tula Lotay, Clear con Francis Manapul, We Have Demons con Greg Capullo) che spaziano dall’horror avventuroso e roboante a quello più d’atmosfera, a tratti thriller, passando per una storia d’amore e azione e una distopia fantascientifica, ognuna realizzata con stile e registri narrativi diversi, tutti tipici dello sceneggiatore, e un comparto artistico di primo piano. Tutti questi titoli sono stati presentati a Lucca Comics 2024 da Star Comics in belle edizioni cartonate.
Abbiamo parlato con l’autore non solo di queste storie, del suo rapporto con i generi narrativi e come questi permettano di sviluppare riflessioni profonde ma non pedanti, ma anche del suo lavoro nel creator owned e nel mainstream supereroistico, anche alla luce del recente lancio da parte di DC Comics dell’ Universo Absolute, in cui Snyder è assoluto protagonista con il suo Absolute Batman.
Ciao Scott e grazie per il tuo tempo. Nella tua carriera hai creato molte storie horror, da American Vampire a quelle che hai realizzato con il tuo imprint in collaborazione con Comixology e che presenti a Lucca con Star Comics. Da dove nasce l’amore per questo genere e perché lo ritieni così interessante?
È iniziato quando avevo 9 o 10 anni. Ero un bambino molto nervoso, con molte ansie e paure. E per qualche motivo mi sono innamorato dei film horror perché, e all’epoca non lo capivo, mi davano la possibilità di affrontare quelle paure in modo sicuro. Quindi l’horror è diventato per me un modo per elaborare molte delle mie preoccupazioni.
Poi, quando ho iniziato a scrivere, mi sono orientato verso l’horror perché mi sembrava che le cose che mi tenevano sveglio la notte, le cose di cui avevo davvero paura, potessero essere affrontate scrivendone. C’erano momenti in cui avevo molti problemi nell’affrontare, o anche solo leggere, questo tipo di cose spaventose, ma scrivendone potevo esplorarle a modo mio.
Da quando ho memoria, l’horror è sempre stato il mio genere preferito. Stephen King è stato il mio scrittore preferito durante l’infanzia, il primo film che ho amato è stato La notte dei morti viventi, ero abbonato a Fangoria e Cinefax e a tutte quelle riviste che parlavano di effetti speciali.
Hai anche usato l’horror per esplorare la storia americana, come in American Vampire, e poi ti sei spinto oltre con Undiscovered Country, prevedendo una realtà distopica per gli Stati Unite. Quindi, qual è il tuo interesse nell’esplorare questo aspetto con i fumetti di genere? Qual è il potere dei fumetti di genere nel raccontare storie come queste?
Credo che il genere sia sempre un sistema di trasmissione di messaggi potenti sul momento che stiamo vivendo. Se pensi a quando un determinato genere è stato inventato, spesso si tratta di storie che finiscono per incanalare molte delle emozioni dell’epoca in cui sono nate. Prendiamo il noir, ad esempio: nasce nel periodo fra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale e riflette l’ansia per le cospirazioni e i problemi delle grandi città; oppure l’horror, che nasce nei film degli anni ’30 e ’40 e riflette l’ansia dell’epoca, la Grande Depressione e poi la guerra. O anche i western, che riguardano il modo in cui ci vediamo come americani: non sono stati scritti durante quel periodo, ma sono stati scritti in epoca contemporanea per costruire una mitologia su chi siano gli americani. Pensiamo ad alcuni dei migliori film di genere, come Chinatown, che racconta quegli anni ’60 durante i quali i valori cadono a pezzi, o, pensiamo anche a Blade runner, sono tutte opere che parlano di un momento storico preciso attraverso il genere, identificando o analizzando chi siamo come persone e come popolo in quel momento ben preciso.
Per me il genere è sempre stato un modo per esplorare l’identità americana, sia che si tratti di fantascienza, come in Clear, sia che si tratti di avventura come Undiscovered Country o di horror come American Vampire o di un western noir come Canary. In tutte queste storie cerco di esaminare il momento e le cose che mi entusiasmano, che mi spaventano, che mi fanno capire chi sono come persona e come è paese in quel determinato momento in cui scrivo.
Nel corso della tua carriera hai scritto (e stai scrivendo) per DC Comics, ma stai anche realizzando molte serie creator-owned e hai anche fondato il tuo imprint, lavorando prima in digitale con Comixology e poi anche su supporto materiale con Dark Horse (e in Italia con Star Comics). Qual è stata l’idea alla base dell’avvio di una tua collana? Perché iniziare con Comixology?
Quando all’epoca lavoravo alla DC e il mio contratto era in scadenza, ho chiesto di ottenere una deroga agli accordi per poter pubblicare creator-owned per altri editori. Loro mi hanno sostenuto, ma non ho mai avuto il tempo di scrivere nulla perché ero così preso da Batman, Dark Nights: Metal e gli eventi successivi. Nel 2020 ho davvero sentito il bisogno di andarmene e impegnarmi per qualche anno nella creazione di opere di mia proprietà. E ho pensato che se avessi avviato un’imprint, una mia collana, avrei stabilito autonomamente un livello di impegno per la realizzazione di un certo numero di libri che avrei dovuto produrre, sia che li realizzassi da solo o in collaborazione con altre persone, sia che facessi libri in cui promuovevo altre persone, come ho fatto alla IDW con la linea Dark Spaces con Shane Grayson e Jeremy Lambert.. Mi ha fatto sentire come se dovessi puntare tutto su di me e creare davvero dei fumetti. Ho cercato diversi editori che volessero partecipare: IDW ha supportato la realizzazione di alcuni volumi con Dark Spaces, Image è stata favorevole a realizzare prima Undiscovered country e poi una lunga serie come Nocterra. All’incirca in quel periodo è arrivata Comixology e ha detto: “Vogliamo fare un servizio in abbonamento, ci stiamo espandendo e vogliamo incrementarlo, quindi se vuoi fare una serie di fumetti con noi, li finanzieremo, lasciandoti mantenere i diritti con i tuoi co-creatori”. L’accordo era di avere tutti gli albi in formato digitale per un unico prezzo di abbonamento, e poi potevano uscire in versione stampata per Dark Horse. Ognuna di queste iniziative mi ha dato qualcosa in cui credere.
Alla IDW, con Dark Spaces, potevo usare questo marchio per introdurre nuovi talenti nel settore. Shea Grayson ha scritto Good Deeds, Jeremy Lambert ha scritto Hollywood Special, io ho aiutato un nuovo scrittore e artista a mettere insieme un libro con Best Jackett Press. Dato che adoro le grandi serie roboanti, come American Vampire, ho avuto l’opportunità di farlo di nuovo con Image. E poi con Comixology è stato uno scommettere sul fumetto digitale: credo profondamente che debba esistere una grande piattaforma digitale consultabile dove soprattutto i bambini e i giovani possano trovare fumetti a basso costo, “sfogliarli” come fanno con i manga e i webtoon, ma anche con le serie tv e i film. La mia speranza era che Comixology fosse davvero la base su cui creare i libri, incoraggiare le persone a sottoscrivere un abbonamento, sfogliare tutti questi fantastici fumetti, da Dark Knight Returns a quelli più recenti. Il progetto è stato complicato dall’acquisizione di Amazon, ma sembra che stiano lavorando per migliorarlo.
Parliamo dei fumetti che presenti a Lucca, quattro storie con grandi artisti: Night of the Ghoul con Francesco Francavilla, Barnstormers con Tula Lotay, Clear con Francis Manapul, We Have Demons con Greg Capullo. Ti chiederei un breve commento sulle opere che presenti qui, la sensazione che hai provato scrivendo queste storie e un commento sull’artista con cui hai lavorato.
Sono stato semplicemente fortunato ad avere una schiera di grandi artisti che collaborassero con me. Il modo in cui ha funzionato non è stato quello di avere un’idea e poi andare dall’artista e dirgli: “Facciamo questo libro”. Si trattava piuttosto di dire loro che Comixology aveva fatto un accordo con me per realizzare dei fumetti con loro, e quello che intendevo fare era trovare dei co-creatori che volessero costruire qualcosa insieme da zero. Prendiamo il caso di Francis Manapul: sono andato da lui, visto che siamo buoni amici, e mi ha detto che gli sarebbe piaciuto fare della fantascienza. Così è nato Clear, un libro che parla di distopia, di paure per le cose che stanno per accadere e che in realtà riguarda le cose di cui abbiamo paura per i nostri figli in questo momento. Ci siamo seduti in un bar vicino a casa mia, lui è rimasto con me per qualche giorno dopo il New York Comic Con, e abbiamo parlato di come quello che ci spaventa di più in America è l’erosione di qualsiasi verità oggettiva, di qualsiasi realtà che tutti credono sia davvero tale. Le persone credono sempre di più nelle teorie cospirazioniste e in qualsiasi cosa che rafforzi le loro convinzioni preesistenti. Non vogliono essere messi alla prova da opinioni diverse, da cose che esulano dal loro mondo di credenze. E tutti questi algoritmi, che si tratti di musica come Spotify o Google, non fanno altro che darti più cose che già ti piacciono quando le cerchi, perché conoscono le tue preferenze. Parlando insieme di queste cose abbiamo deciso di realizzare questa storia futuristica in cui il mondo è diventato un luogo in cui puoi scegliere di vedere la realtà come vuoi, e ognuno la vede a modo suo e nessuno ha un punto di incontro oggettivo con l’altro.
Il divertimento nella scelta di questi artisti non è stato quello di chiedersi: chi sarà adatto alla mia storia? Ma piuttosto viceversa.
Stesso discorso per Barnstormers. Ho contattato Lisa (Wood, il nome di nascita dell’artista Tula Lotay, NdR), che è anche un’amica, e le ho detto: “Senti, tu ami gli anni ’20, io amo gli anni ’20, facciamo qualcosa insieme”. Ho sempre voluto raccontare una storia su questi scavezzacollo che volavano in quel periodo su quegli aerei spettacolari e pericolosi, erano dei veri temerari. Al tempo stesso, penso che oggi viviamo in un’epoca simile a quella, 100 anni dopo, in cui i ricchi si sono arricchiti molto velocemente grazie al boom del mercato azionario e gli Stati Uniti hanno pessime leggi sul lavoro.
Ognuno dei progetti è stato un processo collaborativo dall’inizio alla fine, il prodotto di una squadra, ed è per questo che ho scelto queste persone, miei amici, perché erano entusiasti di farlo insieme a me. Abbiamo fatto 50% su tutto, sui diritti e tutto il resto.
Hai parlato di Barnstormers e di Tula Lotay, che avrebbe dovuto essere ospite ma purtroppo non è qui. Questo fumetto è un po’ diverso sia per te che per lei rispetto a ciò che avete fatto in precedenza, ad esempio un paio di numeri di American Vampire: c’è un po’ di romanticismo, un po’ di avventura. Cosa puoi dire di questo lavoro?
Era sicuramente qualcosa di diverso, un libro senza elementi soprannaturali, senza mostri, inoltre non aveva mai realizzato una lunga serie sequenziale serie di sei numeri. Ma l’idea dell’etichetta era proprio questa: sfidiamoci a fare cose che non abbiamo mai provato prima!
Come cambia il tuo lavoro tra il tuo lavoro di creator-owned e quando hai a che fare con personaggi di un altro editore, come la DC Comics?
Sono due mondi completamente opposti. Quando lavori in un editore come Marvel o DC, tutti amano già i personaggi, nel caso di Batman amano e conoscono bene la città, conoscono tutto, e quindi devi solo cercare di convincere i lettori che hai qualcosa da dire. Nel caso del creator-owned, i lettori non ne sanno nulla, tu conosci la storia e i personaggi, loro no, ma sono lì perchè credono che tu abbia qualcosa da dire, quindi devi convincerli che questa mitologia, questo insieme di personaggi, questo cast è eccitante come quelli che conoscono nei fumetti di supereroi, che vale la pena acquistarli. Quindi si tratta quasi di immagini speculari.
Dato che stai parlando di Batman, il tuo nome è molto legato ai personaggi, sei uno degli scrittori più importanti degli ultimi anni, qual è stata la tua visione del personaggio quando hai iniziato e qual è la tua visione ora che sei tornato a scrivere Absolute Batman? Com’è stato il tuo ritorno al personaggio in questa nuova versione?
È stato davvero spaventoso, ho pensato fino all’utimop di non farlo. È stato James Tynion VI a convincermi. Mi ha detto: “Hai questa idea di cui continui a parlare, dovresti farlo”. La differenza è che quando ho scritto Batman con Greg Capullo, era come se io scrivessi Batman come un’espressione delle nostre paure nei confronti del mondo e di noi stessi, cercando di essere coraggiosi e di affrontarle. Dopo essermene allontanato per un po’, ho avuto l’opportunità di pensare alla linea Absolute. In questo universo gli eroi vengono ridotti all’essenziale e poi ricostruiti in modo da essere ancora più eccitanti per i giovani lettori rispetto a quelli della linea principale. Non che la linea principale non sia ottima e eccitante, ma in questo caso la domanda era come smontare Batman e rimetterlo insieme in modo da farlo percepire come ancora più pericoloso, selvaggio e in sintonia con i nuovi lettori. Quindi, invece di scrivere Batman pensando a me stesso, ho voluto scrivere Batman come qualcuno ispirato dai miei figli, ispirato dalla giovane generazione che vedo in giro e che, a mio avviso, si rifiuta di accettare il mondo così com’è. Vivono in un mondo di sistemi politici ed economici radicati che sembrano crollare e chiedono qualcosa di meglio. Protestano contro tutto questo. Così mi sono chiesto: e se Batman fosse un giovane idealista che non ha nulla, un eroe della classe operaia contro dei cattivi che hanno tutte le risorse? Loro sono il sistema, mentre Batman è il caos. Non è esattamente l’anarchia, non vuole che tutto bruci, ma è una specie di forza della natura che crede sia necessario rompere qualcosa per ricostruirlo meglio. In questo modo è diventato più grande e spaventoso, come una bestia, una forza primordiale. In questa storia, il punto di vista con cui mi relaziono è quello di Alfred: sono la generazione più anziana che osserva il mondo intero che viene corrotto, mentre Batman è il più giovane che non lo accetta, che vuole che funzioni in un modo migliore, con un nuovo approccio, a prescindere da tutto.
Intervista realizzata a Lucca Comics and Games 2024 il 2 novembre
Scott Snyder
Attivo da quasi vent’anni nel mondo del fumetto, è noto per la raccolta di racconti Voodoo Heart del 2006 e per il suo lavoro per la DC Comics, che comprende serie come American Vampire, Detective Comics, un’acclamata run su Batman, Swamp Thing e Justice League, nonché le storyline crossover a livello aziendale “Dark Nights: Metal” e “Dark Nights: Death Metal”, nonchè il nuovo Absolute Batman.
Ha scritto anche fumetti di sua proprietà pubblicati dalla Image Comics, tra cui Wytches, Undiscovered Country, Nocterra e vari fumetti per la sua etichetta Brett Jackett Press. Snyder ha ottenuto il plauso della critica e dei fan per il suo lavoro, come la sua gestione della versione New 52 di Batman che ha debuttato nel 2011, e ha vinto numerosi premi del settore, tra cui due Eisner Award, un Harvey Award e un Eagle Award 2012 come miglior scrittore.