The Grocery di Singelin e Ducoudray: Baltimora, animaletti e violenza

The Grocery di Singelin e Ducoudray: Baltimora, animaletti e violenza

Il primo volume della collana Cherry Bomb di Bao Publishing brilla per il lavoro sui disegni, ma rimane superficiale sulla storia.
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The Grocery, primo fumetto della collana curata da Zerocalcare per Bao Publishing, non ha mancato di attirare una certa attenzione. Si tratta di un volume corposo, un’edizione integrale degli albi realizzati dal duo francese Aurélien Ducoudray (Cecenia. La guerra dei figli; Il compleanno di Kim Jong-Il) e Guillaume Singelin (già apprezzato per PTSD – Lontano da casa), usciti tra il 2011 e il 2016. Gli autori raccontano una storia corale ambientata a Baltimora, tra spaccio, gang rivali, regolamenti di conti, lotte sociali e tentativi di ritagliarsi una possibilità di sopravvivenza per sé e per le persone con cui ci si trova a condividere una parte del proprio cammino.

Durante la lettura, si ha l’impressione di leggere una serie televisiva in forma di fumetto: la gestione dei personaggi, i colpi di scena e la varietà di situazioni, fanno pensare alle diverse serie che traggono il proprio materiale da storie di precarietà sociale, illegalità e violenza, specie se ambientate sul suolo americano (vengono in mente soprattutto The Wire, e The Corner, ma anche la coppia Breaking Bad/Better call Saul, Fargo, Narcos, The Shield e l’elenco potrebbe continuare). Non è un caso che i due autori si siano esplicitamente ispirati proprio a The Wire: la serie HBO è un riferimento molto chiaro, dal numero di personaggi alle vicende narrate, fino alla collocazione nella città di Baltimora.

Se da questo punto di vista il racconto può sapere di già visto, i disegni di Singelin sono il vero valore aggiunto di The Grocery. Con un tratto realistico ed evocativo per le ambientazioni, il disegnatore mette in scena un mondo popolato da personaggi zoomorfi e cartooneschi, con grandi teste e occhi tondi, all’apparenza molto teneri e sempre ben caratterizzati pur con pochi dettagli, tutti fattori che aiutano lettori e lettrici ad avvicinarsi a loro e a immedesimarsi.

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Si tratta però di un espediente che genera un profondo contrasto. Questi animaletti sono autori e vittime delle peggiori efferatezze, in una spirale di violenza che diventa tanto più brutale a fronte di questa semplicità nella rappresentazione – anche se non è comunque una novità: su un piano completamente diverso, già Maus di Art Spiegelman offre una lezione importante in questo senso. The Grocery intrattiene come una serie televisiva avvincente, con personaggi che continuano a evolvere, instillando la speranza che riescano ad arrivare sani e salvi al capitolo successivo, il tutto raccontato da un disegno cui ci si affeziona e che continua a sorprendere pagina dopo pagina.

Eppure, non è così semplice arrivare alla fine di questa corposa edizione integrale: la storia procede attraverso una serie serrata di eventi che lascia poco spazio all’approfondimento dei personaggi e rischia di stancare sulla lunga distanza. Si tratta di un racconto che forse funziona meglio negli albi pubblicati in serie, i quali lasciano la possibilità di riprendere fiato e tornare a incuriosirsi a distanza di tempo per la spirale di tragedie messa in scena da Ducoudray e Singelin.

Forse la principale debolezza di The Grocery è il forte desiderio di scioccare con situazioni cariche di emotività, il cui racconto si mantiene su un piano superficiale. Il risultato in certi casi è retorico, quasi da blockbuster che utilizza ingredienti a tratti stereotipati per raccontare quel mondo carico di violenza. Un aspetto, questo, che non emerge tanto dalle storie, quanto dai dialoghi. L‘ex marine che, caduto in una profonda precarietà economica, aiuta altri homeless a ribellarsi all’esproprio, per quanto già sentita, può essere una storia avvincente; ma che lui si ricreda davanti a un ragazzino che si allena a tirare al bersaglio e che un compagno lo convinca a non desistere dicendogli “Credi che siano i tuoi ordini a spingerli ad agire? Guardali! Non sono soldati come me e te! Hanno qualcosa in più! La speranza!”, ecco, questo tipo di retorica pecca di una certa ingenuità che appiattisce la crudezza della realtà su un’immagine più emotiva, ma anche più digeribile.

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Il linguaggio è l’elemento più adatto per capire perché The Grocery funziona solo fino a un certo punto. Siamo a Baltimora, nel quartiere popolare, i primi protagonisti cui ci affezioniamo sono un gruppo di ragazzi che spacciano a un angolo della strada. Questi, così come la maggior parte dei personaggi del fumetto, parlano in maniera chiara, lineare, soggetto e verbo sono sempre al posto giusto, e dicono pochissime parolacce, limitate quasi esclusivamente a “stronzo” e “cazzo”. Insomma, se in The Wire la parlata di Baltimora dava un colore, un tono e un impatto precisi all’intera serie, in The Grocery questo aspetto viene meno, depotenziando l’intero fumetto. Non è verosimile che dei ragazzi che vivono di spaccio parlino in quel modo e lo stesso vale per molti altri personaggi.

Perché questa mancanza? Si possono avanzare diverse ipotesi: la prima è che gli autori abbiano scelto un luogo e un contesto con una parlata molto marcata, senza trovare un corrispondente per il francese, un problema che viene poi riflesso nell’italiano. Soprattutto nello slang, i regionalismi sono fondamentali: in Italia (ma lo stesso vale per la Francia), chi vive per strada utilizza parole (specie per le esclamazioni e le offese) che dipendono in buona parte dalla zona del Paese che abita. Identificarla e sceglierla, per un’opera del genere, è fondamentale: provate a immaginare la serie Gomorra parlata in un italiano neutro e capirete a cosa ci stiamo riferendo. La seconda possibilità è che gli autori non volessero utilizzare un turpiloquio costante e pervasivo, che è legittimo, ma va comunque a minare la verosimiglianza del mondo rappresentato1.

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Ducoudray e Singelin hanno realizzato un fumetto capace di coinvolgere e intrattenere, ma si sono allontanati spesso dal mondo che vogliono raccontare per avvicinarsi ai modi in cui questo è già stato raccontato, depotenziando un fumetto su una realtà che apparirebbe anche più cruda con meno elicotteri, teste mozzate e bazooka. In altre parole, il risultato è un po’ confuso: è come se gli autori avessero cominciato da The Wire e si siano lasciati prendere la mano per farci finire, in certi passaggi, dentro un film di Robert Rodriguez (una sequenza in particolare fa pensare a Machete). E non c’è niente di male nei film di Rodriguez in sé, ma l’insieme fa perdere mordente al fumetto sia sul versante dell’approfondimento dei personaggi e sulla possibilità di raccontare qualcosa di nuovo, sia rispetto a un racconto codificato e con riferimenti solidi, farcito di violenza e pensato per intrattenere.

Cosa ci può dire questa prima uscita sulla collana Cherry Bomb, curata da Zerocalcare? Probabilmente poco, considerato che l’autore romano, lo ha detto più volte, sceglierà i fumetti sulla base dei suoi gusti, che sono vari ed eterogenei. La collana apre con un volume certamente esplosivo, al quale però manca quel quid per renderlo un fumetto capace di ritagliarsi un posto duraturo nella memoria. Come con una buona serie televisiva, arrivati alla fine di The Grocery torniamo a sfogliare i cataloghi, a caccia della lettura successiva.

Abbiamo parlato di:
The Grocery
Aurélien Ducoudray, Guillaume Singelin
Traduzione di Francesco Savino
Bao Publishing, 2024
440 pagine, cartonato, colori – 29,00€
ISBN: 9791256210497


  1. C’è anche una terza ipotesi, data da un rapido confronto tra l’originale francese e l’edizione italiana, per cui, muovendo da un francese già molto edulcorato, la versione italiana risulti linguisticamente più neutra. 

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