Teresa Radice e Stefano Turconi, ritorno al Porto proibito

Teresa Radice e Stefano Turconi, ritorno al Porto proibito

Turconi e Radice raccontano del ritorno a Plymouth con Le ragazze del Pillar: per noi è un posto speciale, ed è bello ritrovare personaggi a cui vogliamo bene.

Abbiamo incontrato Teresa Radice e Stefano Turconi nel pomeriggio del 1° Novembre, alla fine di una delle sessioni di firme alle quali i due autori de Le ragazze del Pillar si sono sottoposti presso lo stand di Bao Publishing.
Nei loro occhi era evidente quella che qualcuno potrebbe chiamare “stanchezza santa”: un misto di cedimento alla fatica per la maratona lucchese unito alla grande soddisfazione per l’incontro con i lettori, un bagno di affetto che si rinnova di anno in anno.
Ci sediamo sui gradini del porticato della Prefettura di Lucca, ritagliando uno spazio lontano dalla folla del giorno di punta della manifestazione toscana e dalla pioggia.
Tra una domanda e l’altra, Teresa mostra con orgoglio il ciondolo che porta al collo, realizzato riproducendo la copertina de Il porto proibito: «Me lo ha donato una lettrice ed è stato un bellissimo regalo». Una testimonianza tangibile di quanto in molti sono tuttora legati al Porto e di quanto le loro storie arrivino al cuore.

Con Le ragazze del Pillar tornate sui luoghi del Porto proibito, come mai?
Teresa: Beh, è una cosa che ha stupito anche noi, nel senso che ci piace moltissimo cambiare. Ogni nostro nuovo libro è ambientato in un periodo storico diverso, con diversi personaggi, citazioni, ispirazioni… però Il porto proibito è stato un libro particolare, che ci ha cambiato a vita, e quindi avevamo nostalgia. Non ci era mai successo prima, ma questa volta avevamo voglia di ritornare.
Ci eravamo affezionati a luoghi e personaggi. È come quando sei stato bene in un posto e vuoi tornare per vedere che fine ha fatto la gente che hai lasciato lì.
Le storie di questo volume sono proprio racconti sulla gente che è rimasta in quei luoghi. Chi ha letto il Porto sa che qualcuno non c’è più, ma per gli altri la vita continua.
Ci siamo detti: “Proviamo!”, e così è nato il nostro primo tentativo di narrazione seriale.

Ovviamente ritroviamo dei personaggi che conoscevamo da Il porto proibito, ma li troviamo cambiati. Ad esempio il comandante, uno dei protagonisti, a un certo punto afferma: “Era meglio quando comandavo una ciurma!”
T: Esatto. Il comandante qui è diventato padre sostanzialmente. Lui era uno di quei personaggi di cui ti parlavo prima, a cui volevamo particolarmente bene, insieme a Yasser che adesso è diventato capitano della sua nave, quindi era anche bello vedere come se la stanno passando. E poi da lì più che altro abbiamo deciso di focalizzarci sulle ragazze perché anche loro erano rimaste orfane, in un certo senso, e volevamo vedere come se la stavano cavando.

Perché il titolo pone attenzione proprio sulle ragazze?
T: Il titolo è Le ragazze del Pillar perché ogni storia si concentra soprattutto su una di loro. Si tratta di storie che possono essere lette anche da sole, che però sotto sotto hanno una trama portante che ci porterà a vivere delle avventure un po’ più lunghe.

Il Pillar è un bordello, c’è un desiderio di raccontare delle donne emancipate?
T: Sì, più in generale diciamo che c’è una voglia di raccontare tanti tipi diversi di donna, senza stereotipi. Abbiamo fatto una dedica in apertura all’intera serie. Le storie sono dedicate ad alcune ragazze e a tutte quelle che come loro fanno la differenza. Donne che in qualche modo nella loro vita hanno avuto un momento in cui hanno fatto, scelto o detto qualcosa che ha fatto una differenza, quindi questo era il filo conduttore.

E come mai un’altra storia di mare?
T: Sì, questo è proprio un mare di avventura che per gente di pianura come noi… (risate). In realtà noi ci viviamo l’orizzonte aperto che offre il mare grazie al lago che abbiamo vicino a casa. Non siamo gente di mare perché è lontano, ma neppure pienamente gente di lago perché guardiamo lontano; siamo gente d’acqua, quello sì.

Parliamo dello stile. Rispetto a Il porto proibito qui vediamo l’uso del colore nelle vostre tavole, come mai questa scelta?
Stefano: Per raccontare le “storie di vivi” serviva il colore. L’atmosfera di queste storie è chiaramente più leggera rispetto a Il porto proibito, più scanzonata per molti versi, e quindi il colore ci stava benissimo.
Il colore poi permette di giocare su molte cose. Per esempio, di divertirsi tantissimo sui cieli: c’è tutta una serie di cieli alla Turner, che è un maestro della luce naturale. In qualche modo volevamo portare il lettore in un mondo di immagini impressioniste che sembrano appartenere a quadri di fine Settecento o inizio Ottocento. I colori ci consentono di giocare tantissimo sulle atmosfere, l’effetto della luce… L’ispirazione arriva anche da alcuni film ambientati all’epoca, ad esempio “I Duellanti” di Ridley Scott in cui c’è una bellissima fotografia e un gioco emozionante sui controluce.

Molti personaggi di queste storie sono degli outsider, rispetto a convenzioni sociali o convinzioni comuni… Vi piace raccontare un punto di vista “altro”?
T: Nei nostri libri raccontiamo sempre l’altro, il diverso, è uno dei nostri temi. Spesso ci sono dei passaggi in cui dei diversi tra loro si ritrovano e si riconoscono. Le ragazze del Pillar sono sicuramente delle ragazze che non rispettano le convenzioni. Però il nostro è un racconto ingenuo e anche un po’ candido, sotto certi aspetti.

Ci parlate dell’appendice al volume, quella dell’edizione speciale che celebra il decennale BAO?
S: L’appendice è fatta di tutta la documentazione sull’epoca storica, i luoghi, usi e costumi. C’è anche la foto del modellino della nave (costruito da Stefano per imparare come erano fatte le navi). Ma qui vedrete soprattutto gli studi sull’abbigliamento… ad esempio, le divise: per rappresentare un personaggio di un certo reparto dell’esercito va disegnata la giusta divisa. Magari poi la maggior parte dei lettori non è attenta al singolo dettaglio, però se trovi anche un solo lettore che nota la differenza e l’attenzione che ci abbiamo messo, la soddisfazione è tanta.

Come sarà il futuro di Le ragazze del Pillar, potete anticiparci qualcosa?
T: Il nostro sogno sarebbe di arrivare a 10 storie, quindi 5 volumetti. Più o meno fino alla settima storia sappiamo già quasi esattamente cosa dovrà succedere. Poi, siccome ogni episodio è essenzialmente dedicato a una ragazza (non necessariamente sempre del Pillar), ci sarà anche un movimento che ci porta da Plymouth verso l’esterno e il resto del mondo, quindi arriverà anche l’avventura vera e propria, non vediamo l’ora.

Ma Lucca Comics per voi autori cosa significa?
T: Una gran gioia e una gran fatica. Lucca è il nostro capodanno. La cosa bellissima è che avendo anche a casa dei capodanni giornalieri con i figli arrivi sempre già stanco, quindi torni praticamente morto e devi ripigliarti… però come si fa a stare senza Lucca!

Intervista realizzata dal vivo a Lucca Comics & Games l’1 novembre 2019

Teresa Radice e Stefano Turconi

 

 

Teresa Radice e Stefano Turconi nascono entrambi nella Pianura Padana, a metà degli anni ’70, ma s’incontrano solo nel 2004 grazie a un topo dalle orecchie a padella e a una pistola spara-ventose. Lei per vivere scrive storie; lui le disegna. Si piacciono subito, si sposano l’anno seguente. Scoprendosi a vicenda viaggiatori curiosi, lettori onnivori e sognatori indomabili, partono alla scoperta di un bel po’ di mondo, zaino e scarponi.
Dal camminare insieme al raccontare insieme il passo è breve.
Le prime avventure a quattro mani sono per le pagine del settimanale Disney Topolino: arrivano decine di storie, tra le quali la serie anni ’30 in 15 episodi Pippo Reporter (2009-2015); Topolino e il grande mare di sabbia (2011); Zio Paperone e l’isola senza prezzo (2012); Topinadh Tandoori e la rosa del Rajasthan (2014) e l’adattamento topesco de L’Isola del Tesoro di R.L.Stevenson (2015).
Nel 2013 esce Viola Giramondo (Tipitondi Tunué, Premio Boscarato 2014 come miglior fumetto per bambini/ragazzi, pubblicato in Francia da Dargaud: Prix Jeunesse a Bédécine Illzach 2015 e Sélection Jeunesse a Angouleme 2016).
Il porto proibito, pubblicato nel 2015 per BAO ha vinto il Gran Guinigi come “Miglior graphic novel” a Lucca Comics 2015 e il Premio Micheluzzi come “Miglior fumetto” a Napoli Comicon 2016. Sempre per BAO pubblicano Non stancarti di andare nel 2017 (graphic novel che riscuote in brevissimo tempo un grande successo di pubblica e critica), due volumi della serie per i più piccoli Orlando Curioso (Orlando Curioso e il segreto di Monte Sbuffone e Orlando Curioso e il mistero dei calzini spaiati) e Tosca dei boschi (inizialmente edito da Dargaud in Francia) nel 2018.

A Lucca 2019 hanno presentato il loro ultimo lavoro: Le ragazze di Pillar, sempre edito da BAO. Il volume segna l’inizio di una serie di avventure.

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