Gianmaria Contro, curatore de Le Storie, firma con “L’innocente” il suo esordio come sceneggiatore, con un racconto di dichiarata ispirazione gotica, che si sviluppa sulle vicende di un maniero georgiano e della sua malinconica padrona. C’è tutto quello che ci si può aspettare da una narrazione di genere: l’atmosfera cupa e opprimente, un crescendo di omicidi e di orrore, il resoconto in forma epistolare di un’investigazione che, penetrando nella ragnatela dei misteri, scardina la prospettiva etica dei personaggi, conducendoci al bel colpo di scena della pagina finale. La dinamica è ben ponderata, per uno sviluppo che non soffre mai delle accelerazioni viste troppo spesso in altri volumi della testata.
Ai disegni un ottimo Francesco Ripoli, già visto all’opera ne “Il lungo inverno”. Qui il suo stile si popola di ombre che, come la fuliggine delle miniere citate nel racconto, pervadono personaggi e ambientazioni, in una sorta di impressionismo inverso, più impegnato a seguire la tenebra che la luce, particolarmente adatto alle scene horror. La suggestiva soluzione acquerellata usata per i flash back consente una alternanza chiara fra tavole dedicate al presente e al passato. Un tratto sottile su campo bianco restituisce efficacemente le immagini filtrate da vetri e specchi. Convincono i primi piani, soprattutto quelli dedicati alla protagonista, che appaiono intensi e magnetici.
Gran bel numero, insomma, impreziosito dall’ennesima, splendida copertina di Aldo Di Gennaro.
Abbiamo parlato di:
Le Storie #34 – L’innocente
Gianmaria Contro, Francesco Rispoli
Sergio Bonelli Editore – luglio 2015
114 pagine, brossurato, bianco e nero – 3,80 €
ISBN: 7228100800650034
Alessandro Pian
9 Novembre 2015 a 17:39
Buongiorno, ottima recensione che cattura bene i punti forti di questo ottimo racconto. Unico appunto: la vicenda è ambientata nel 1827, quindi il maniero non può essere “vittoriano” (Vittoria ascese al trono solo dieci anni dopo), ma “georgiano” – mi si perdoni la pignoleria, ma il primo Ottocento inglese è effettivamente più indicato alla vicenda, in quanto intellettualmente epoca di transizione. Il romanzo gotico (Frankenstein), infatti, per primo ammoniva circa i potenziali mostri che la scienza avrebbe potuto generare, in questo traghettando la cultura inglese dal razionalismo georgiano al romanticismo vittoriano… e questo è il tema attorno al quale si sviluppa il personaggio di Lady Kilgorne.
Per il resto, è davvero apprezzabile il ‘ritmo’ blando e consono al tempo d’ambientazione. Il disegno è ottimo, ma mi dà l’idea di un chiaro (e condivisibile) omaggio ad Angelo Stano, sia nel tratto regolare sia in quello ‘acquerello’ dei flashback… o sbaglio?
Vittorio Rainone
10 Novembre 2015 a 13:52
Ciao Alessandro,
grazie per l’intervento e per la precisazione. Ho aggiornato l’aggettivo del maniero.
Si il ritmo è davvero ben dosato, le pagine scorrono via con la giusta velocità, grazie a una narrazione che usa didascalie in soggettiva, ma non è didascalica o eccessivamente ridondante.
Per il discorso grafico, non avendo sott’occhio il fumetto, direi a memoria che di sicuro l’effetto “fuliggine” fa pensare a certe ombreggiature di Stano, ma qui è più pervasivo, come se la notte fosse un obiettivo, e il nero non si limitasse ad essere uno degli strumenti. E le figure sono meno nette e “spigolose” di quelle del maestro pugliese, più integrate e quasi immerse nel contesto.
Grazie ancora per il commento e alla prossima!