Aida è una riccioluta ventenne milanese di buona famiglia, impegnata nella conclusione della sua tesi universitaria che verte sul “fotografare il punto più basso delle nostre vite distorte dalla modernità”. Argomento che viene espresso già nella terza pagina e che rivela molto della protagonista, delle sue tensioni, dei suoi pensieri, di come si approcci alla vita. Inoltre, pur rimanendo sottotraccia, si attesta allo stesso tempo come elemento fondante nello svolgimento della storia, per la piega che prende a un certo punto.
Nella noia della propria condizione borghese e afflitta dall’ossessione per il proprio corpo, che la porta ad avere un rapporto complicato con il cibo, Aida incontra infatti un gruppo di coetanei anarchici, un collettivo di artisti sovversivi che si fanno chiamare The Virus e che si muovono nottetempo nel cuore di Milano, saltando da un tetto all’altro, per realizzare installazioni artistiche illegali con l’obiettivo di aprire gli occhi alle persone sulle contraddizioni del nostro tempo e della società.
Aida sembra trovare in questi ragazzi e ragazze la via di fuga dalle proprie crisi e insoddisfazioni, da una madre che avverte distante, dagli amici Ludo e Tancredi che non la comprendono, la prima impegnata in video-chat erotiche e il secondo perso nelle serie TV del momento. Entrambi emblemi di un modo superficiale e privilegiato di vivere, da cui la protagonista si sente estranea ma ingabbiata.
Proprio Ludo e Tancredi sono tra gli elementi più deboli nella struttura narrativa impostata da Sergio Gerasi: la loro connotazione, infatti, è riassumibile con quanto esposto poco sopra e si rivela quindi fin troppo piatta, risultando stereotipata e irrealistica. Anche il moto d’orgoglio che li porta in un momento successivo a maturare e riavvicinarsi ad Aida viene raccontato in maniera troppo repentina: certo, è una decisione scaturita da uno sfogo della protagonista nei loro confronti, ma appare davvero improvviso e non abbastanza giustificato.
Lo stesso collettivo non viene sufficientemente approfondito, quasi come se il background dei vari componenti non fosse così importante ai fini del racconto. Nella fattispecie, però, stona un po’ che di Vasco, Michelle e degli altri non si sappiano che pochi accenni fatti in una sola pagina, dove il comune sostrato di tutti è solamente quello di venire da condizioni famigliari difficili.
Del resto non si contestualizza nemmeno in che modo questi personaggi abbiano imparato a muoversi in maniera tanto ardita per i tetti della città; mentre le doti artistiche – in particolare l’ingegno dietro l’idea di ogni opera portata nelle piazze e nelle vie milanesi – possono essere innate o sviluppate nel tempo, meno semplice risulta imparare certi movimenti e balzi al limite della fisicità, ma è un elemento venduto come puramente coreografico e che in tal senso viene dato per scontato.
Certamente questa “aura mitologica” che attornia il gruppetto contribuisce al loro lato particolarmente punk. Non è un caso che nell’incontro virtuale del 9 dicembre scorso con Gerasi – organizzato da BAO Publishing con alcuni esponenti della stampa specializzata – il fumettista abbia indicato come ideale colonna sonora del libro band come i Negazione, i CCCP e le Pussy Riots e, stimolato da una domanda, abbia riflettuto sul fatto che la visione artistica dei The Virus, declinata contro il sistema, abbia alcuni punti deboli e ingenuità dettate dalla giovane età dei loro componenti: quella voglia di spaccare il mondo e metterne a nudo le ipocrisie che cerca di portare nel mondo reale afflati teorici in modalità più dimostrative che concrete. Su questo tema, un’altra domanda ha posto il dubbio su come i cittadini e gli intellettuali potrebbero reagire, nella nostra realtà, a delle azioni del genere, concludendo che probabilmente verrebbero incasellate in maniera naturale nella convenzionalità, fingendo di capirne le istanze ma in sostanza andando a imbrigliarle nella società stessa.
Tutti aspetti che in effetti potrebbero riverberare nell’impalpabilità dei The Virus, pur restando questo un elemento un po’ abbandonato a sé stesso all’interno del racconto.
L’Aida si attesta ad ogni modo come un volume forte, che coinvolge il lettore perché viene legato irrimediabilmente alla protagonista: il suo punto di vista sul mondo e su sé stessa diventa anche il nostro e questo grazie all’abilità di scrittura di Gerasi.
L’autore ha dichiarato, sempre nell’evento-stampa, che la scelta di avere una ragazza universitaria al centro del fumetto è stata dettata anche dalla volontà di allontanare il “sospetto” che ci fossero elementi autobiografici, come accaduto con le due opere precedenti. Chiaramente, però, Gerasi ha ammesso che c’è molto di lui dentro il personaggio e nell’opera, come sempre quando lavora come sceneggiatore, e in effetti la “partecipazione” che si intuiva nella descrizione di Drogo Colombo, il protagonista di Un romantico a Milano (qui la nostra recensione), non viene meno neanche in Aida.
È la sua sofferenza, il suo smarrimento il vero collante del racconto: certo, buona parte della storia riguarda i The Virus, le loro installazioni artistiche, soprattutto il significato culturale racchiuso nelle varie operazioni, che cercano di svelare le mancanze e le falsità delle persone comuni.
Ma guardando a un passo di distanza lo sviluppo narrativo nel suo complesso, appare più che altro una tappa nel percorso di crescita di Aida, e in particolare il passo necessario per poter uscire dal nero tunnel in cui è finita per mille ragioni.
Sotto entrambi gli aspetti Milano risulta essere un setting particolarmente adeguato, sia per alimentare i problemi della ragazza, sia per essere la città destinataria di certi messaggi.
Inizialmente Gerasi voleva evitare la metropoli lombarda come ambientazione, sempre per distaccarsi da quello che sta diventando un leitmotiv della sua produzione, ma conoscendola così bene ha presto cambiato idea, e questo contribuisce alla riuscita della parte centrale del libro: non solo perché rappresenta una metropoli-tipo e, in quanto tale, culla di tanti ideali distorti in nome del denaro e del progresso, ma anche perché offre la skyline ideale sulla quale far muovere i personaggi.
Il disegno, realizzato interamente in digitale, è contraddistinto da un tratto dettagliato ed evocativo, che risalta in particolare nell’aspetto dei personaggi. Lontano da certe esagerazioni grafiche del passato, Gerasi concentra l’intensità del suo stile in una sorta di “realtà aumentata” che si ritrova soprattutto in Aida. Alcuni primi piani accentuano la spruzzata di lentiggini sul suo volto, gli occhiali dalle grandi lenti, i ricci che strabordano dalla testa, fino ad arrivare alle forme del corpo, che man mano ci appaiono sempre più scavate e scheletriche; il look volutamente trasandato fa il resto, caratterizzando immediatamente il personaggio nel suo aspetto esteriore, quello che vuole comunicare all’esterno.
Sempre a proposito della protagonista, è molto interessante notare l’evoluzione di questa apparenza estetica: poco oltre la metà del libro infatti Aida si rasa a zero, eliminando una parte predominante del suo viso e marcando ovviamente un cambiamento anche a livello interiore. Si toglie anche gli occhiali, optando per le lenti a contatto, altro segnale di mutamento a vari livelli: nelle prime pagine la ragazza afferma che le dà un brivido guardare il mondo da miope perché è come vedere una realtà fatta di colori sfocati e quindi in qualche modo rassicurante. Rinunciare a questa visione dice sicuramente qualcosa di decisivo sul momento che sta vivendo: in risposta a una mia domanda al riguardo, infatti, il disegnatore ha affermato che la graduale ma radicale modifica dell’aspetto di Aida segue i tumulti del suo animo e proprio per questo non ha faticato a renderla sempre riconoscibile al lettore in ogni fase che attraversa.
Il senso del grottesco nello stile di Gerasi si riscontra nella rappresentazione della Ludo e di Tancredi: i due personaggi risultano esasperati nelle loro caratteristiche fisiche, apparendo allampanati, dallo sguardo perso e con visi fortemente caratteristici.
Gli sfondi sono invece più vicini ad un segno realistico, nei quali si denota una certa cura per quanto riguarda l’architettura di palazzi ed edifici e una precisione lodevole nel ritrarre diversi scorci di Milano.
La griglia è piuttosto regolare nella sua costruzione, con alcune interessanti eccezioni: la scena in cui Aida incontra i ragazzi di The Virus si spezzetta in tante vignette più piccole mentre due pagine dopo, quando Vasco la accompagna fuori dal loro covo, l’ordine stesso di lettura si fa più mutevole e indicato dalle nuvolette della polvere che si alza mentre i personaggi camminano, suggerendo la direzione del movimento.
Più avanti, quando la madre della protagonista grida contro di lei, il suo volto distorto dalla rabbia prende tutta la pagina ma la splash page si spezzetta in diversi riquadri che fungono da “lente di ingrandimento” su alcuni dettagli come gli occhi, la bocca o le mani alzate all’altezza delle spalle.
Si tratta di stratagemmi molto intelligenti che comunicano più dei balloon e del mero disegno l’emotività della scena, trovate che sovvertono il ritmo delle vignette solo quando realmente necessario. Abbondano poi quadruple e splash page più convenzionali, nelle quali però l’estro grafico di Gerasi ha modo e spazio di mostrare la propria efficacia e soprattutto la capacità di emozionare con certe vedute dall’alto decisamente d’effetto.
Merito anche dei colori, ai quali ha collaborato Valeria Brevigliero: una tavolozza spesso acida, con tonalità accese e disturbanti che si esaltano nelle scene notturne – in cui prevalgono il blu scuro e il viola intenso – e nei momenti di passaggio tra la notte e il giorno o viceversa: le albe e i tramonti hanno un impatto devastante e commovente sull’occhio del lettore, e questo proprio grazie alla colorazione curata e suadente del cielo, che va da un giallone quasi malato a un rosa shocking che accarezza la città.
Non solo: questi colori spesso e volentieri si “proiettano” anche sui personaggi, che perdono le proprie sfumature e si contaminano tanto con l’ambiente circostante quanto con le sensazioni di cui esso è portatore.
L’Aida non è un fumetto semplice da valutare: un’opera imperfetta, più lineare ma meno centrata di Un romantico a Milano, eppure contiene in sé diversi punti di forza, dalla protagonista a tutto il cammino da lei compiuto. Il corollario che le sta attorno a volte non supporta adeguatamente il suo percorso, ma Sergio Gerasi aggiunge comunque alla sua narrativa un personaggio difficile da dimenticare.
Abbiamo parlato di:
L’Aida
Sergio Gerasi, Valeria Brevigliero
BAO Publishing, 2020
176 pagine, cartonato, colori – 19,00 €
ISBN: 9788832735161