Rileggendo Sandman: Casa di Bambola

Rileggendo Sandman: Casa di Bambola

Neil Gaiman prende pieno possesso della saga di The Sandman e pone le fondazioni per il suo progetto anticipando che la saga avrà un finale.

Come detto nel primo articolo di questa serie, Gaiman organizza la saga di Sandman in 11 archi narrativi: abbiamo quindi una trama principale, che evolve attraverso tante storie minori ad essa collegate. è suggestiva l’analogia con i principi delle comunicazioni, dove abbiamo un’onda, detta portante, modulata da un altro segnale: ora, il fatto interessante per la nostra analogia è che la portante serve per consentire la sintonizzazione, ma le informazioni viaggiano sul segnale di modulazione (la radio aggancia la portante e decodifica il segnale tramite demodulazione; anche audio e colore sono trasmessi come modulazioni).

Applicata al nostro caso, avremmo che la vicenda di Morfeo serve a catturare l’attenzione dei lettori, ma il significato, la vera storia, risiede negli intrecci degli episodi; oppure, che Morfeo è il pretesto per raccontare di tutti gli altri personaggi, da Burgess, a Unity Kincaid, da Hob Gadling a William Shakespeare. Morfeo in questo senso non sarebbe il centro della storia, ma solo il riflettore che illumina altre esistenze, un deposito di energia e possibilità per le loro vite. (Più in generale: si può vedere alla base del progetto di Gaiman il concetto che il sogno sia il mezzo che il cervello usa per riorganizzare le informazioni raccolte durante la veglia?).

E d’altra parte Morfeo stesso, nella resa dei conti con Desiderio che chiude casa di Bambola, spiega: “Noi Eterni siamo i servi dei viventi, non i loro padroni“. Che traduco come: Morfeo è espediente per raccontare storie di esseri umani e non viceversa1.

Val la pena notare che proprio la natura del rapporto fra umani ed Eterni costituisce il cuore di questo arco narrativo: la frase sopra citata riassume gli aspetti per così dire “costituzionali” (diritti, doveri ed attribuzione di poteri e responsabilità), mentre gli episodi apparentemente fuori dall’arco narrativo (Tales in the Sand e Men of Good Fortune) mostrano i problematici rapporti personali fra Sogno e gli umani (“Dovresti cercare di vedere le cose dal loro punto di vista, piuttosto che dal tuo“, dice Death al fratello all’inizio di Men of Good Fortune). Gaiman utilizzerà proprio l’interazione fra questi due livelli di rapporto fra Eterni ed umani (quello costituzionale e quello individuale) come motore narrativo della saga.

ISTRUZIONI PER AVVINCERE IL LETTORE

Qualunque storia si intenda raccontare, il problema è convincere il lettore a leggerla, a girare una dopo l’altra le pagine; si tratta di guidarlo nella lettura, creare aspettative e soddisfarle, senza tuttavia esaurirle.
Creare aspettative è semplice, difficile è proporre delle chiusure che non le frustrino: la frustrazione è il primo passo della disaffezione, perché lascia nel lettore l’impressione che lo si sia preso in giro (oltre, naturalmente, a quella che le ambizioni dell’autore siano velleitarie). La soddisfazione delle aspettative richiede che lo scioglimento dei nodi della vicenda sia all’altezza delle premesse; in generale, questo è possibile quando l’autore abbia ben chiari i suoi obiettivi fin dall’inizio; chiudere misteri secondari ed aprirne altri, senza mai chiudere la vicenda principale, è solo dilazione che, oltre a richiamare ragioni meramente commerciali (sfruttare il successo del momento), innesca il banale sospetto che l’autore non sappia semplicemente dove andare a parare2.

Racconta efficacemente Alfred Hitchcock:

“Avevo cominciato a lavorare su questo progetto -The Wreck of the Mary Deare- con Ernst Lehman e ci eravamo accorti che non ne sarebbe uscito niente di buono. Questo soggetto appartiene ad un tipo di storie molto difficile da controllare. […] è stata scoperta una nave nell’Atlantico in piena navigazione. Non c’è nessun uomo a bordo, nessuna traccia…, il mare è calmo. Delle persone salgono a bordo di questa nave e constatano che le scialuppe di salvataggio sono scomparse […], trovano i resti di un pasto recente, ma nessun segno di vita. Perché è impossibile girare questa storia? Perché è subito troppo forte. C’è tanto mistero fin dall’inizio che quando poi bisogna spiegarlo si arriva a qualcosa di molto complicato che non può essere in nessun caso all’altezza dell’inizio”3.

In Sandman, Gaiman propone un intreccio principale, che ruota intorno a Morfeo, e, nei vari archi archi narrativi, costruisce e risolve storie di altri personaggi (spesso solo apparentemente marginali), ma sempre facendo progredire la vicenda del Signore dei Sogni e alimentando, con allusioni e riferimenti, la curiosità attorno ad essa.

La risoluzione dell’intreccio dello specifico arco, mai banale, dà fiducia al lettore di trovarsi su un percorso con una destinazione sicura e soddisfacente, mentre l’accumularsi di suggestioni e l’apertura di nuove prospettive fa sì che le sue aspettative non siano saziate. C’è sempre qualche dettaglio che innesca nuovi interrogativi, che richiama la vicenda di Morfeo e degli Eterni, che rimane sempre presente in sottofondo, come una sorta di basso continuo: qualcosa per cui valga la pena di leggere anche l’episodio successivo.

In questo contesto, racconti che sembrano al di fuori della continuity principale diventano occasioni di confronto fra il lettore e la storia: “Perché mi ha raccontato questo?”. Questa è la domanda tipica e ragionevole, terminata la lettura dell’episodio che apre Casa di Bambola, Tales in the Sand, oppure di quello che ne costituisce il centro: Men of Good Fortune. Dal punto di vista della costruzione narrativa, siamo in presenza di un “prologo” e di un “intermezzo” del volume, che segue le vicissitudini di Rose Walker, una ragazza che rischia di distruggere il mondo del sogno, e che Morfeo ha perciò il compito e il dovere di eliminare.

Ebbene, il ruolo di quei due episodi non è semplicemente quello di cadenzare il racconto: Gaiman li usa, da una parte, per offrire due “casi reali” di come Morfeo si relazioni con gli esseri umani (tema portante di questo arco, di cui Men of Good Fortune costituisce la chiave di volta), dall’altro per introdurre suggestioni e domande, che non sono risolte al termine del volume: che cosa prova Morfeo per gli esseri umani? Perché l’amore di Morfeo per un essere umano è fonte di disgrazia? Che cosa vuole ottenere Desiderio con i suoi intrighi? Gli Eterni hanno tutti lo stesso atteggiamento verso il proprio ruolo? Chi è il fratello scomparso di Morfeo, e perché è scomparso? Che fine farà il figlio atteso da Lyta, moglie del Sandman fantoccio creato da Brute e Glob, due creature fuggite dal regno di Morfeo? Morfeo rivendica diritti sul nascituro, ma Lyta giura odio nei suoi confronti, poiché lo ritiene responsabile della morte del marito.

Ecco alcuni dei semi gettati da Gaiman, che intanto introduce gli Eterni (i loro simboli sono proposti all’inizio di The Doll’s House) e personaggi indimenticabili, come il Paradiso dei Marinai; inquietanti ed immersi nella tradizione orrorifica, come il Corinzio; tratteggia il rapporto fra il mondo del sogno e quello degli uomini e così via. Alcuni percorsi di ricerca si chiudono, ma altri, ben più numerosi, sembrano aprirsi.

INDIZI E DETTAGLI

Ma la solleticazione della curiosità del lettore avviene anche ad un altro livello: nelle tavole, Gaiman ed i disegnatori disseminano indizi, allusioni e riferimenti. In alcuni casi si può pensare che si tratti quasi di un gioco con il lettore: che cosa raffigurano i pannelli alla parete nella casa/base di Hector e Tyla (Playing House)? Altrove, un omaggio ad altri autori, come i sogni di Jed, mostrati nello stile del Little Nemo di Windsor McCay (Moving In – si ricordi che Little Nemo vagava nelle lande del sogno, per cui l’omaggio potrebbe dirsi doveroso).

Ma il volto di Morfeo, che fa capolino sorridente dalla finestra della casa di bambola in camera di Unity (The Doll’s House), sottende la relazione fisica fra il mondo del sogno ed il nostro: forse non sono universi separati, fosse anche nel senso in cui lo sono gli Stati, bensì universi compresenti, che condividono porzioni di spazio e tempo (o di qualche altra dimensione collassata). Allora, il passaggio fra i due smette di essere un problema narrativo (non ci chiediamo più: come è possibile?) e si comprende che i personaggi possono essere (anzi: sono sempre!) contemporaneamente nell’uno e nell’altro.

Nasce allora la questione se per un personaggio “essere” in uno di questi due luoghi non significhi piuttosto “pensarsi/percepirsi” in esso. In altre parole: mondo reale e mondo del sogno sono scenari distinti/alternativi dove agiscono i personaggi, oppure la loro distinzione è solo una particolare conseguenza della (difettosa, limitata) modalità di percezione degli esseri umani? Gli eventi a cui assistiamo coinvolgono ed influenzano sempre e comunque entrambi i mondi: essere in grado di percepirli in un solo mondo alla volta è semplicemente un nostro limite, un po’ come quando fissiamo senza successo gli stereogrammi, che, sotto un pattern bidimensionale apparentemente astruso, contengono le informazioni che consentono all’occhio di percepire un’immagine tridimensionale4.

Abbiamo poi dettagli che emergono solo ad una seconda lettura e forse indicano semplicemente la cura maniacale degli autori od il desiderio di sfruttare ogni particolare, ogni porzione dello spazio grafico per raccontare, affascinare, inquietare. Dobbiamo sempre tenere a mente che, mentre noi scorriamo e leggiamo una tavola nell’arco di minuti, gli autori lavorano su essa per giorni e settimane (e stiamo parlando di un’opera seriale): ciò che per noi è “dettaglio”, per gli autori è un tassello amorevolmente pensato, costruito, definito e raffinato. Ad esempio: in The Doll’s House, vediamo ad un certo punto Miranda, Rose e Unity, sedute sulle due sponde del letto della camera di Unity; sul comodino c’é uno specchio e nello specchio vediamo tre figure.
Se ci accorgiamo del riflesso, ci rendiamo immediatamente conto che non sono le tre donne nella stanza: ce lo provano sia la disposizione (affiancate) sia la posizione (in piedi, non sedute). Scopriremo chi sono un paio di tavole dopo, quando Rose le incontrerà in uno strano sgabuzzino, improvvisamente diventato punto d’incontro con il livello di universo in cui si muovono gli Eterni e, ci rendiamo conto sempre meglio, tante altre figure. Gaiman sembra usare le Eumenidi per una semplice, seppur stranissima, comunicazione: a questo punto della storia il lettore non può sapere di avere incontrato invece personaggi fondamentali della saga.

Infine, va sottolineato che in questo secondo arco narrativo la saga di Gaiman allarga la cerchia dei collaboratori per la realizzazione grafica: sia stata la sofferenza emersa nei primi episodi oppure il fascino o il successo dell’opera, che attraggono sempre idee ed investimenti, qui troviamo due nuove firme: Chris Bachalo disegna The Playing House, mentre Men of Good Fortune è firmata da Michael Zulli. Dringerberger e Malcom Jones danno ottime prove di stile: si ammirino le scene all’interno del regno di Sogno in The Doll’s House e tutto l’episodio conclusivo (Lost Hearts); ma The Sandman è un treno ormai lanciatissimo, sul quale tanti autori saranno orgogliosi di salire, per dare il proprio contributo.


  1. Naturalmente, questo approccio è sfruttato da molta letteratura seriale: si pensi a molti episodi di “Ken Parker”. 

  2. Indico come caso esemplare di mancata soddisfazione delle aspettative Pop Gun War di Fare Dalrymple; mentre considero Neon Genesis Evangelion di Hideaki Anno come esempio in cui lo scioglimento della vicenda supera di gran lunga le aspettative (ma su questo punto, si sa, la discussione è aperta dalla messa in onda dei famigerati episodi 25 e 26 della serie).  

  3. “Il Cinema Secondo Hitchcock”, Francois Truffaut. Nuova Pratiche Editrice, p.206. 

  4. Non è chiaro? Inspirate profondamente e rileggete con calma: stiamo insinuando che la funzionalità narrativa di uno scenario sia promossa a realtà (narrativa). 

Clicca per commentare

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *