Raccontare la realtà con il fumetto: Mabel Morri e la sua storia del PCI

Raccontare la realtà con il fumetto: Mabel Morri e la sua storia del PCI

Parliamo insieme a Mabel Morri dell’autoproduzione a fumetti che ha realizzato per celebrare il centenario della nascita del Partito Comunista Italiano.

Morri_PCI_coverMabel Morri è una delle autrici di fumetto italiane che è sempre stata capace di radicare le sue storie nel tessuto sociale e nella realtà locali di cui sempre ha fatto esperienza di prima mano.
In questo suo lavoro più recente,
Dalla parte giusta della storia, ha deciso di prestare la sua arte a un’associazione di Senigallia, città in cui vive, per realizzare un fumetto autoprodotto che racconta la storia del Partito Comunista Italiano, quella con la S maiuscola, ma ancor di più quella delle sezioni locali, dove quell’esperienza di sinistra si è radicata nel territorio, creando un tessuto connettivo che è stato fondamentale per la società italiana del XX secolo.

Ciao Mabel e ben ritrovata su Lo Spazio Bianco.
Vuoi raccontarci la genesi di questo volumetto a fumetti che racconta i 100 anni di storia del PCI?
Ciao, sono felice di tornare sulle vostre pagine. 
L’Associazione dell’Unità solidale è un gruppo di persone molto attive sul territorio, come molte altre associazioni. Fanno parte del Borgo Pace ed è l’ultima sezione “vivente” del vecchio PCI. A Senigallia ogni borgo (quartiere) aveva la sua sezione, le altre sono sparite, l’Unità solidale si è trasformata mantenendo le caratteristiche di solidarietà e di impegno del partito. Insieme ad altre realtà, come l’Istituto Gramsci Marche, hanno organizzato un programma per il centenario. Complice la pandemia è stato procrastinato, certe decisioni sono andate per le lunghe. Il fumetto è partito tardi ma siamo riusciti a farlo uscire per tempo. Il mio nome è saltato fuori tramite conoscenze comuni, è stato proposto, ci siamo piaciuti e la collaborazione è partita.

Questa ultima tua opera è dichiaratamente schierata, fin dal titolo Dalla parte giusta della storia. Che cosa ti ha spinto a intitolarla così?
Assolutamente schierata e faziosa direi! Volevo che fosse provocatorio e che compiacesse chi pensa davvero che la storia giusta sia stata quella. Ci sono persone molto legate al passato, soprattutto molti anziani, volevo regalare loro qualcosa di buono, dopo una vita a essere nominate “zecche”. Come ogni storia però, sappiamo bene che ci sono sfaccettature, compromessi e a volte qualche schifezza da compiere.

Chi, come te e me, è nato nella prima metà degli anni ’70 ha vissuto e può ricordare il momento di massimo splendore del partito comunista italiano, culminato nella figura di Enrico Berlinguer, e la lenta e logorante disgregazione nei successivi due decenni che portano alla fine del XX secolo. Hai deciso, nel racconto, di fermarti proprio ai primi anni ’80: qual è stato il motivo di questa scelta?
Perché la storia viene raccontata da due nonni malinconici per i quali, in un misto di nostalgia e delusione, come poi si trova in chi ha vissuto intensamente gli anni d’oro del partito e guarda oggi a una sinistra che ci si domanda dove sia finita, gli anni ‘80 non sono stati un grande periodo. Berlinguer se ne va nel 1984, il soft power americano è più forte che mai nella nostra generazione, inizia a esserci quella fluidità di cui oggi ci si riempie la bocca. Ma già quando ero piccola io, nessuna delle persone che conoscevo non andava a vedere al cinema Rocky IV pur votando PCI. Quelli che non volevano neppure sentir parlare degli Stati Uniti già allora ci sembravano macchiette, anziani da bar e di circoli solo loro.
Gli anni ‘80 hanno significato un lento declino del partito che in pochi vogliono ricordare, perché di fatto con la morte di Berlinguer finisce tutto.

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Ho letto in contemporanea il tuo fumetto e quello di Mezzavilla e Salvagno edito da Kellerman che racconta i fatti che nel 1921 portarono alla nascita del Partito Comunista d’Italia come scissione dall’allora partito socialista. Se il racconto di Quelli che a Livorno ha un taglio documentaristico, tu hai deciso invece di creare una narrazione nella quale a fianco del racconto delle varie figure storiche – nazionali e locali – che hanno fatto la storia del partito comunista, ci fosse spazio per il ricordo di tutta quella serie di iniziative culturali, sociali e solidali che hanno dato forma dal basso a quell’esperienza politica nei decenni. È questo secondo te il lascito del PCI al nostro Paese?
Raccontare le iniziative culturali era un preciso desiderio della sezione Pace, ciò che rimane di chi ha vissuto quel periodo, per cui ho raccolto le varie testimonianze e le ho messe insieme. Inoltre, quelle feste dell’Unità erano anche un po’ i miei ricordi, a Rimini, a Senigallia ho dovuto ascoltare tante voci. Però ricordo l’atmosfera: all’epoca mia i libri, i concerti, i film più interessanti venivano tutti da quella sfera politica, era abbastanza inevitabile seguirli per rimanere aggiornati.
Il lascito culturale a mio avviso è stato molto importante, non foss’altro anche per tutte le figure intellettuali che il partito ha sfornato nella società italiana. Politicamente ha lasciato altro, o almeno un’idea di ciò che è di sinistra e ciò che non lo è. 

Quanta ricerca documentale e delle fonti, grafiche, giornalistiche e letterarie, c’è a monte di questo tua opera e quanto ti ha impegnato a livello temporale questo lavoro propedeutico di ricerca?
La ricerca è sempre in corso, dura anche adesso. Ormai sono in una fase in cui anche un singolo segno a matita è ricerca. Nello specifico però non molta. Il grosso lo avevo già raccolto per le mie Spice in quanto uno dei due nonni è Pino Rizzo che è uno dei genitori di una delle cinque protagoniste. Ed è un comunista di ferro. Il primo volume racconta proprio quegli ‘80 che salto in questo volumetto, nel secondo addirittura ci sono pagine su pagine all’ultimo congresso a Rimini nel 1991, per cui di materiale ne avevo. Ho rispolverato la memoria con qualche documentario e qualche articolo dall’archivio dell’Unità. Per altro, c’è anche lo spoiler di come finiscono le Spice in questo fumetto.

Intrecci le vicende storiche del partito e del sindacato di sinistra alle vicende di una famiglia di Senigallia e riesci, nell’ambito di una narrazione in cui la componente storica è comunque preponderante, a dare al tuo racconto una dimensione più intima e per certi aspetti più reale, lontana dall’idea di saggio storico a fumetti. Com’è nata l’idea di questa struttura e i componenti della famiglia senigalliese sono modellati su persone reali che conosci?
Probabilmente ho fatto un mix di famiglie conosciute. In ogni caso fa parte del percorso che sto facendo con le Spice in cui si intrecciano le vicende di tanti personaggi all’ombra della storia e della società che inevitabilmente ci ha formato. Con la storia del partito, innegabilmente importante per la storia d’Italia, ho potuto sperimentare quanto gli eventi storici coincidano, modifichino, prendano direzioni che poi cambiano la struttura della società e di conseguenza le persone stesse. 
C’è sempre stata la collaborazione dell’associazione, le varie condizioni sempre discusse pacatamente. Non doveva essere un fumetto documentaristico, ma di riconoscimento sì, per i componenti dell’associazione intendo.

PCI2021_16Nei tuoi fumetti hai sempre messo un po’ di te stessa, fossero trasposizioni di esperienze, elementi autobiografici, passioni personali trasmesse ai tuoi personaggi e così via. Che cosa c’è di personale in questo tuo progetto sulla storia del PCI? Indubbiamente c’è Senigallia, città nella quale vivi da qualche anno, ma oltre ciò c’è dell’altro?
Forse per la prima volta c’è davvero molto poco di autobiografico, come scrivi tu giusto la città. Quando poi ho avuto l’età per votare il PCI non esisteva già più da tre anni, di mio magari come scrivevo qualche riga più in su c’è l’atmosfera delle feste dell’Unità. Forse, in questa fase della mia vita e del mio lavoro, c’è da parte mia più un impegno antifascista, sociale e civico. Non sono più disposta a “guardare” e stare zitta. Se c’è da scendere in piazza e dimostrare pacificamente il mio dissenso imbracciando la bandiera dell’ANPI lo faccio senza pensarci un attimo.

I balloon e le parole in questa tua opera sono tante, necessariamente, in ogni vignetta e in ogni tavola. Per tale motivo anche il lettering e la posizione delle nuvolette acquistano un’importanza nella composizione e nel bilanciamento delle tavole. La lettura, per la mole di informazioni che metti in ogni pagina, è certamente impegnativa ma riesci comunque a mantenere costante un tono divulgativo. Hai temuto in qualche momento che le parole fossero troppe?
Sono troppe sì, decisamente tante in alcuni punti. Avevamo pattuito un certo numero di tavole e la soluzione della struttura, della composizione, dell’equilibrio è stata quella più di mestiere. Ne ho anche aggiunte una decina di più, è che c’erano alcuni punti nei quali mi servivano parole per far capire il meglio possibile la storia con la S maiuscola. E poi c’era l’aspetto educativo: con l’associazione era chiaro a tutti che non doveva essere solo un fumetto per ricordare il partito ma anche avvicinare qualche giovane al linguaggio fumetto, anche solo magari a prendere in mano il volume trovato in casa e creare una situazione come quella in cui la protagonista che chiede ai nonni di raccontarle la storia del PCI. La stessa protagonista appare già in altri miei fumetti, soprattutto quelli pubblicati su Antifanzine! e in uno nuovo che dovrebbe uscire in qualche scuola a Senigallia e Jesi per il 27 gennaio commissionata dall’ANPI.
Ho questo progetto per cui, compatibilmente con le storie e la possibilità di pubblicazione, vorrei raccontare la storia della città e dei personaggi che l’hanno vissuta – e che scomparirebbero nella memoria – attraverso le vicende di questo gruppo di ragazze e ragazzi senigalliesi. Che poi qui in città c’è anche la “Generazione Corinaldo” (nome del borgo nel quale c’è la frazione vicina della Lanterna Azzurra, il locale dove morirono sei giovani persone aspettando il concerto Sfera Ebbasta), una ferita che non si rimarginerà mai.

Dopo il colore in Un giorno più bello, in questo fumetto sei tornata al bianco e nero – lo stile con cui sei nata artisticamente – con un segno pulito, netto nel quale a tratti viene fuori un’influenza deluchiana, anche nella composizione della tavola (vedi anche quello che dicevamo prima per i baloon): qual è stata la sfida maggiore nel dare corpo a una storia non inventata, bensì fortemente radicata nella Storia?
Il bianco e nero è stata una scelta economica per questo fumetto e così di molti altri che usciranno e che verranno pubblicati da associazioni non certo mainstream, ma è comunque una cosa buona perché tutto è esperienza che mi fa capire “altro”. 
De Luca poi l’ho sempre considerato una ispirazione: guardando la sua versione a fumetti del libro di Stevenson La freccia nera uscito su Il Giornalino nel 1986 ho scelto che disegnare fumetti era ciò che volevo fare perché volevo diventare brava a disegnare come lui. Sono cambiate tante cose, ma l’amore, la passione, l’emozione di leggere pagine così belle in quei giorni infantili mi alimentano ancora.
Come sfida maggiore nel dare corpo a una storia non inventata ne rispondo anche qualche domanda più sotto. Mi ha sempre affascinato vedere come la Grande Storia modifichi ciò che siamo stati, mi piace raccontare fumetti che hanno una “scenografia” storica ben precisa. Paradossalmente mi trovavo comunque nel mio mondo, nella mia comfort zone, pur raccontando di fatti storici.

PCI2021_05In Dalla parte giusta della storia ti concentri molto su quelli che sono stati gli aspetti positivi e costruttivi dell’esperienza del partito comunista, accennando ma mai approfondendo le criticità endemiche che quell’esperienza politica e sociale si è portata dietro fin dall’inizio della sua storia e che alla fine ne hanno decretato la disgregazione. Però è innegabile che quella sorta di autolesionismo interno che ancora oggi attanaglia la “sinistra” italiana sia sempre stato presente nell’esperienza comunista del nostro Paese. Come ti sei posta davanti a questa scelta narrativa che hai compiuto?
Questa era un’altra delle condizioni della commissione: raccontare solo gli aspetti di conquista e di importanza storica. Che poi sono le lotte operaie del 1969, la legge sull’aborto e sul divorzio, principalmente. La storia, sappiamo, non è proprio stata così semplice. Quando si parlava della lotta delle donne operaie, con loro ai cancelli c’erano le espulse dal partito come Rossana Rossanda e Luciana Castellina, non c’erano i dirigenti lì con le catene, però nella storia passa come una vittoria del PCI, oppure sul divorzio molti “apparati” del partito, uomini di quei tempi cresciuti con una mentalità di un certo tipo, non capivano e non volevano capire l’indipendenza della donna. Quindi, gli scontri e le scissioni ci sono sempre state, in tante cose a dire il vero il PCI è arrivato leggermente in ritardo ma ha ottenuto lo stesso i galloni della conquista aiutando una volta i radicali, una volta i socialisti con giochi di equilibrio, voti, e comunque potere di un partito di massa. È inutile nascondersi dietro a un dito: le criticità ci sono sempre state ma si è scelto di alleggerire il fumetto. Per esempio, i cattocomunisti e le BR sono altri due elementi che potevano portare problemi: eliminati anche quelli. Anche le rivolte del ‘68, la guerriglia urbana tra rossi e neri che tutti i documentari raccontano nelle strade delle grandi città, li ho edulcorati moltissimo, un po’ perché il pubblico di riferimento è quello cittadino e un po’ perché in quell’epoca lì Senigallia era un po’ come Rimini, erano isole felici, bolle dove accadeva poco, città rosse nelle quali i fascisti erano davvero pochi e di certo non combinavano molti casini.
Non doveva comunque essere un fumetto di propaganda, solo di ricordo di tempi andati, qualcuno bello altro meno, ma che ha dato la struttura della società della città di Senigallia, che si fonda sull’organizzazione del PCI che fu.

Il XX è stato il secolo degli “ismi” ma questi primi due decenni del nuovo millennio stanno portando alla ribalta la radicalizzazione politica e sociale che si incarna nel “Pro-qualcosa” vs “No-qualcosa”, alimentata anche dalla narrazione quotidiana di testate giornalistiche e social media. Le ideologie novecentesche si sono contrapposte in modo forte, anche violento, ma lo spazio per il dialogo c’è sempre stato: pensiamo a figure come Berlinguer, ma anche a personaggi letterari come Don Camillo e Peppone. Questo terreno comune, questa possibilità di dialogo vengono fuori anche dalla tua narrazione? A prescindere dalle idee e dalle posizioni politiche di ognuno, quanto è importante far capire, anche attraverso il fumetto, che il confronto è sempre la strada giusta da percorrere?
Il fumetto può portare a discussioni e confronti. Banalmente, guarda cosa si è scatenato per la serie di Zerocalcare: a parte qualche sciocchezza come l’uso eccessivo del romano, è straordinario tutto ciò che sta scatenando. A me fa davvero felice che da un fumetto a livello nazionale si discuta di molte tematiche che vengono da un fumetto, in un modo mai successo prima. 
Non credo con la mia opera di ricevere un’attenzione mediatica così forte da scatenare discussioni. Le critiche da parte dei fasci per il titolo del fumetto sul PCI hanno solo evidenziato la pochezza di quello che sono. Di certo c’è che coi miei fumetti ho intrapreso una strada, anche morale, nella quale provo, nel mio piccolissimo, a scrivere e disegnare fumetti anche antifascisti. Francamente mi sento più antifascista che comunista.
Il confronto è sempre importante. Chiaro che se poi hai davanti i fascisti che non sanno cosa risponderti se non “E allora le foibe?”, mantenendo molta, molta calma, io rispondo con un fumetto, comunque con il tipo di cultura che ho deciso di perseguire. Il fatto è che ci sono parti politiche e persone in generale con le quali non c’è proprio modo di parlare, il confronto e la discussione è assolutamente inconciliabile. E spesso il fumetto diventa veicolo di alterazioni, come l’esempio di una casa editrice che pubblica fumetti fascisti che per loro è la loro “parte giusta”. Peccato che la storia dica altro. 

PCI2021_10Senigallia è un elemento importante di questo fumetto, a livello di cronaca storica ma anche a livello visivo e di restituzione urbana e architettonica nelle tue tavole. Ti piace legare il tuo lavoro come fumettista a realtà locali, penso per esempio al lavoro del 2014 quando hai realizzato l’illustrazione delle otto colonne della chiesa di San Martino in Riparotta vicino a Rimini.  Che cosa c’è di importante nella necessità di legare il tuo lavoro di fumettista a realtà locali che conosci, come Rimini e Senigallia?
La testimonianza. Un giorno io non ci sarò più, forse qualche mio fumetto sarà passato di mano o si troverà in una qualche biblioteca, non so, ho la speranza che il mio lavoro mi sopravviva. In ogni caso, mi piacerebbe che un giorno uno dei miei nipoti, magari anche prima che me ne vada, possa chiedermi com’era Rimini quando io avevo la sua età. È un po’ come vedere i film degli anni ‘70 o degli ‘80 e vedere le strade, i palazzi, le vie e i negozi: molti non esistono più. Io invece voglio che nei miei fumetti ogni dettaglio sia riconducibile a com’era esattamente quel tempo, perché solo nella storia, nei dettagli della storia si capisce chi e cosa siamo stati. Come origine intendo. Magari è ambizioso, ma a livello di conoscenza di un periodo niente è meglio dell’arte, e il fumetto ritengo sia tale.

Qual è stata la difficoltà più grande nel realizzare questo fumetto, sia da un punto di vista tecnico che, diciamo così, personale (sempre che difficoltà ci siano state)?
Avere solo poco tempo. Mi è stato commissionato a metà maggio, a settembre doveva essere pronto ma siamo slittati a ottobre per altri motivi non dipendenti da noi. Però sono riuscita a mantenere una qualità che ritengo alta e di questo sono contenta. È il primo fumetto che esce nel quale c’è una specie di raccolta di tutto il seminato di questi anni. Nel 2017 con “Il giorno più bello” ho esaurito quelle storie lì, quei personaggi e quel segno; ho ripreso i codici di quando ho iniziato ventidue fa e la ricerca mi ha portato a “Dalla parte giusta della storia” che, al momento, racchiude tutto il percorso. 

Quando hai chiuso l’ultima pagina di Dalla parte giusta della storia ti sei accorta di avere imparato qualcosa di nuovo sull’esperienza comunista italiana?
Il PCI è stata una grandissima avventura che ha segnato e attraversato il Novecento e gran parte delle nostre vite. È stato un gran partito di massa e, come tutto, meritevole di studio. Nel mio, ho conosciuto belle persone, persone che credevano davvero che quelle politiche, quelle iniziative, quel credere così fortemente in quell’idea potessero cambiare il mondo in meglio. I loro occhi, quando raccontavano quei periodi, erano vivi, vivissimi, è stato molto emozionante.

PCI2021_34Dalla parte giusta della storia e Quelli di Livorno sono due esempi di come il fumetto possa essere un mezzo, un linguaggio per affrontare anche temi come la politica e le trasformazioni storiche e sociali di un paese, presentando le vicende in un modo più “leggero”, o meglio con una maggiore fruibilità a un pubblico più ampio rispetto a, per dire, un saggio. Quanto bisogno c’è oggi di un tipo di fumetto come questi?
Tantissimo. Il fumetto è un linguaggio malleabile e duttile, quindi che si sposi alla perfezione con il sociale non mi stupisce. Ultimamente raccontare la società mi piace sempre di più. Sto facendo prove per un fumetto sul Cile e sulle proteste del 2019 e altre sul mio viaggio in Etiopia del 2019 – e sappiamo cosa sta accadendo nel paese africano oggi -, anno nel quale per dirla come lo storico francese Fernand Braudel i segnali erano già davanti ai nostri occhi e bastava saperli leggere.
Sto leggendo anche tanti fumetti di graphic journalism e posso dirti che l’accostamento tra un disegno “leggero” e una storia importante in alcuni casi ha un effetto molto forte. Ho letto una storia che aveva un segno molto colorato e leggero, apparentemente nulla faceva presagire che la storia fosse devastante. Quella notte non sono riuscita a dormire, per dire, da quanto la trama spaccava il cuore. Quindi sì, ce n’è molto bisogno.

Chiudiamo con la domanda canonica: lo vincerà quest’anno lo scudetto il Milan?… No, dai, torniamo al fumetto: stai lavorando a qualche nuovo progetto in questo momento? E su Volevamo essere le Spice Girls hai qualche aggiornamento da dare ai nostri lettori?
Per la prima magari…sarebbe bello vedere di nuovo il tricolore sulle maglie rossonere dopo anni di tribolamenti!
Come dicevo ho le prove sul Cile, altre sull’Etiopia, altre con colleghi che pazientemente mi aspettano. Poi ci sono le pubblicazioni che arriveranno. Per ANPI Senigallia un fumetto da distribuire nelle scuole della città per il 27 gennaio, un’altra futura collaborazione con Antifanzine! e il 2022 è il ventennale di Hai mai notato la forma delle mele?, la mia autoproduzione d’esordio. Sto preparando una sorpresa.
Se parte un altro progetto di cui sto aspettando risposta e che poi annuncerò fino a giugno sarò blindata. Vedremo.
Le Spice stanno venendo bene, tutto ciò che sto facendo nel mezzo è un motivo di ulteriore crescita e quando ci rimetto mano vedo proprio che migliorano sempre. Quando troverò anche un editore poi sarà ancora più bello!

Grazie per il tuo tempo e la tua grande disponibilità, Mabel.
Grazie David, grazie Lo Spazio Bianco, un saluto.

Intervista realizzata via mail nel mese di dicembre 2021

Mabel Morri

mabel morriNasce a Rimini nel 1975. Si diploma al liceo artistico e, successivamente, alla Scuola del Fumetto di Milano. Nel 1999 fonda con gli amici del corso la casa editrice indipendente Studio Monkey, con cui ho pubblica la fanzine Hai mai notato la forma delle mele?. Nel 2002 vince il Premio Scenario al Festival di fumetti di Lucerna per la migliore sceneggiatura con la storia 22 e 37 e nel 2004 il Premio Nuove Strade al Comicon di Napoli, consegnato da Milo Manara e Vittorio Giardino. Sempre nel 2004 esce l’antologia Vite Comuni per il Centro Fumetto Andrea Pazienza.
Dal 2005 al 2009 pubblica alcune storie brevi per 
SelfComics, raccolte poi in tre antologie edite da blackVelvet editrice. Sempre in quegli anni, nel 2006, collabora con la scrittrice Lorenza Ghinelli (caso letterario con Il Divoratore e finalista al Premio Strega con La colpa) che scrive i testi di Francis degli specchi di cui cura i disegni.
E ancora in quel quadriennio (2005/2009) molte sue storie brevi escono su riviste italiane e francesi, una su un progetto di Alessio Spataro dal titolo
Quartieri, nella quale disegna una storia ambientata nel borgo San Giuliano a Rimini, e una su Salmigondis, rivista francese ormai defunta, e anche su Alta fedeltà, altra rivista dell’epoca uscita in più numeri.
Nel 2008 il fumetto 
Ballardini Forever viene candidato al Premio Boscarato come miglior storia breve al Treviso Comic Book Festival (TCBF).
Nel 2009 esce il suo primo romanzo a fumetti
 Io e te su Naboo pubblicato da Kappa edizioni e con il quale vengo premiata al Festival del fumetto di Sarzana in Liguria.
A marzo 2013 esce il suo secondo romanzo a fumetti 
Cinquecento Milioni Di Stelle, pubblicata di nuovo da Kappa edizioni, divenuta nel frattempo associazione culturale rinominata KappaLab.
A gennaio 2014 pubblica sul suo blog
 il webcomics Mabino&Ilino. Sempre nel 2014 realizza le otto colonne della Chiesa di San Martino in Riparotta a Viserba monte di Rimini ed esce il volume antologico Hai mai notato la forma delle mele? edito da Renbooks e una storia illustrata nel volume La fine dell’amore edito da Hop Edizioni.
A inizio 2017 esce
 Il Giorno Più Bello, il suo terzo romanzo a fumetti edito da Rizzoli Lizard.
A maggio 2017 riceve due Crepax Award, uno come autrice unica e uno per il fumetto, al Florence Comic&Games di Firenze.
A settembre dello stesso anno, invece, è finalista al Premio Boscarato nella categoria autrice unica, sempre per 
Il Giorno Più Bello, al Treviso Comic Book Festival.
Nel 2018, dopo più di dieci anni dalla sua ultima pubblicazione e dopo quattro anni dalla riedizione dell’integrale della Renbooks, esaurita in pochi mesi, di
Hai mai notato la forma delle mele?, torna con l’evoluzione della sua fanzine con Le Mele Magazine, n.5.
Nel 2019 torna a collaborare con la scrittrice Lorenza Ghinelli, disegnando il fumetto Sassi e fiori per conto dell’associazione Agevolando nella sezione di Rimini.
Nell’inserto del
Corriere della Sera La Lettura esce il fumetto Sei miliardi di zombie che affronta il tema della morte digitale con la domanda: cosa accade ai nostri contenuti social dopo la morte fisica?
Il 18 gennaio 2019 viene inaugurata nella White Room del Bronson Cafè, locale sito a fianco dello storico Bronson alle porte di Ravenna, nella frazione di Madonna dell’albero, la mostra del ventennale della sua carriera 
1999 – 2019, 20 anni di fumetti, che raccoglie i disegni e i fumetti dall’esordio fino alle Figurine.
Sette mesi dopo, nel luglio dello stesso anno, inaugura la mostra 
Le Figurine raccontate nella sala al piano terra del Bike Cafè Zucchero a Velò di Ancona. La mostra è strutturata in cinque parti come fossero capitoli che raccontano, scritte e da leggere, i disegni in esposizione. Il tema del ciclismo è il filo conduttore.
Nel 2020, tra marzo e aprile, vengono pubblicati sul suo blog 
Hai mai notato la forma delle mele? 6 e Hai mai notato la forma delle mele? 7 in occasione della pandemia da coronavirus.
Nel 2020 inizia una collaborazione con la rivista di critica 
Quasi, la rivista che non legge nessuno e con ANPI Sezione Senigallia: per i primi nella rubrica Play du jour vengono pubblicati articoli di sport, per i secondi illustrazioni e fumetti, come Avrei potuto essere io che vedrà la pubblicazione nel gennaio 2022.
Nel 2021 viene pubblicato sul tomo di
 La Revue Dessinée Italia la storia breve Il mondo di Lorenzo.
Sempre nel 2021 la storia breve I volantini di Lauro stanno ancora cadendo viene pubblicata sul numero 5 di AntiFanzine!
Il 10 giugno 2021 esce il volume Voglio essere una calciatrice a cura di Livio D’Alessandro e Ronald Giammò edito da Fandango Libri per il quale realizza le illustrazioni interne e le copertine.
Durante l’estate esce il fumetto 
Sassi e fiori scritto da Lorenza Ghinelli con il supporto dell’Associazione Agevolando e promosso dalla Regione Emilia Romagna.
A ottobre 2021 viene pubblicato 
Dalla parte giusta della storia. Il PCI, l’Italia, le lotte sindacali, Senigallia dall’Associazione Gli amici dell’Unità solidale di Senigallia del Borgo Pace.
Il 29 novembre 2021 esce il numero 7 di 
AntiFanzine! al cui interno c’è il fumetto L’aquila di legno della sede dell’MSI è bruciata in una notte di nebbia e di stelle. Il 30 dello stesso mese la collaborazione con ANPI Senigallia si trasforma nell’elezione a Vice Presidente della sezione dedicata a Giulia Giuliani e Luigi Olivi.

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