Carol Swain, pubblicata in Italia da Tunué, scrive e disegna un graphic novel anomalo, tanto nelle tematiche quanto nei sottotesti a esse riconducibili. Il linguaggio è asciutto, scarno ed essenziale nel raccontare le vicende della giovane Helen, una birdwatcher che indaga sulla morte di Emrys, credendolo un raro esemplare di uccello che, improvvisamente, si è lasciato morire. C’è qualcosa di Jiro Taniguchi e de L’uomo che cammina in quel minimalismo lento e riflessivo, che sovrappone la forma e il contenuto, nelle lunghe escursioni della protagonista per la campagna del Galles.
I dialoghi sono distribuiti con estrema parsimonia in una griglia di nove vignette per pagina che mai viene spezzata dall’autrice. Il bianco e nero della grafite è semplice e basico, estremamente leggibile; sono numerose le inquadrature dall’alto, quasi soggettive di uccelli in volo.
La scelta del lettering appare invece sensibilmente in contrasto con la materia rappresentata: rigoroso e asettico. Nelle intenzioni probabilmente voleva essere in sintonia col procedere scientifico e metodologico della protagonista, ma, rispetto al carattere introspettivo dell’opera e all’approccio grafico, la resa è più che altro straniante e artificiosa.
Le indagini di Helen sono un pretesto per raccontare un percorso che la condurrà alla scoperta della libertà individuale e dell’autodeterminazione: il suicidio di Emrys, e l’equivoco di fondo che mette in moto la vicenda, porteranno un’adolescente all’età adulta, libera da aspettative sociali, nella piena accettazione della propria identità come valore prioritario, intimo e imprescindibile.
Abbiamo parlato di:
Quello che voleva essere
Carol Swain
Traduzione di Omar Martini
Tunué, marzo 2019
176 pagine, cartonato, bianco e nero – 19,00 €
ISBN: 9788867903108