Ottimizzare la memoria tentando di ricomporre un vissuto: Defragment di AkaB

Ottimizzare la memoria tentando di ricomporre un vissuto: Defragment di AkaB

Frammenti e immagini fugaci, evocazioni o incipit di storie. Come avviene in informatica, AkaB sottopone la memoria alla deframmentazione, riscoprendo l’equivalenza delle storie e dei ricordi.

“In informatica la deframmentazione è un’operazione di ottimizzazione dell’archiviazione dei dati di un computer. Consiste nella frammentazione dei file presenti, ristrutturandone l’allocazione, permettendo così di ridurre drasticamente i tempi di accesso e lettura della memoria”.

È lo stesso AkaB a chiarire l’origine del titolo akab copertinadel suo nuovo lavoro, Defragment.
Anche la memoria di un computer può giocare brutti scherzi, figuriamoci quella umana. Non sarebbe male allora tentare di compiere un’ottimizzazione nel proprio archivio dei ricordi e delle esperienze personali.

Da qui sembra partire AkaB in questo suo allucinato percorso che solo apparentemente si muove a ritroso. La successione temporale, infatti, scivola fra le mani. Esemplari sono i pochi rimandi geometrici collocati fra le tavole – laforma perfetta di un triangolo equilatero, più avanti una sezione aurea sbagliata – messi lì a ricordarci quanto sia difficile fare luce su ciò che siamo, o siamo stati, con le chiavi e gli strumenti della razionalità e dell’armonia.

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“Il passato è tutto quello che abbiamo. Ma anche il passato non esiste. Non esiste più. Rimane solo quello che riusciamo a ricordare. Quello che abbiamo scordato è come non fosse mai esistito”.

La deframmentazione della memoria complica le cose, invece di venirci in soccorso. La chiarezza, l’ottimizzazione dei dati, sono puntualmente contraddette dall’emergere di un amalgama indistinto, in cui l’autobiografia, i ricordi vecchi e nuovi, lampi, particolari o immagini più nitide convivono sullo stesso piano e vengono illuminati e restituiti per il breve volgere di qualche vignetta, come in un gesto veloce col mestolo nella pentola, cercando di pescare e portare a galla le parti semidisciolte dopo la cottura.
Sembra di sentire la voce di Antonio Rezza, quando dice che “il filo del discorso è lo stesso filo che ti impicca”.

akab2Defragment mette in gioco sesso, malattia, piccoli e grandi traumi, con rimandi a opere e artisti più o meno recenti (da Basquiat ad Antonio Ligabue, da Bernini al Nosferatu di Murnau) ed elementi di storie che potrebbero portare altrove e invece si spezzano inesorabilmente, complice una scrittura altrettanto frammentaria, a tratti evocativa e allo stesso tempo molto concreta, quasi violenta.
AkaB guida dritto su questo percorso accidentato, non addolcisce e non accarezza. Tratta questa materia informe con un tratto volutamente sgraziato ma fortemente espressivo. Neri profondi, velature grigie e bianchi sporchi dominano le tavole, regolarmente divise in due scene ciascuna. Tratti sovrapposti come dissolvenze incrociate cinematografiche fanno intravedere nuove forme, altri livelli oltre le apparenze, accentuando l’instabilità del discorso.

Molti gli artisti citati, dicevamo. Ma forse potremmo richiamarne un altro senza discostarci troppo dall’atmosfera imbastita da AkaB. Il Jean Fautrier delle Teste d’ostaggio, per esempio: una materia sofferta, pastosa, coniugata con un frammento anatomico che in sé racchiude il tutto del corpo. La testa come luogo della memoria, il nostro disco rigido da deframmentare.

Abbiamo parlato di:
Defragment
AkaB
Blu Gallery, 2015
136 pagine, brossurato, bianco e nero – 18,00 €
ISBN 9788894030914

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