Introduzione
Scopo di questo viaggio nella poetica di Osamu Tezuka è quello di mettere in luce le fasi evolutive del suo pessimismo.
Sul fondo del cielo è una vistosa eccezione all’interno della sua produzione e costituisce un’apertura che lo accosta maggiormente ad un pensiero ottimista.
Nel lungo excursus che segue, confrontiamo idealmente le concezioni pessimistiche di Giacomo Leopardi e Osamu Tezuka, autori eterogenei e non influenzati fra loro ma che pur non mancano di punti in comune. Un interessante accostamento da cui partire per meglio evidenziare le potenzialità ideologiche del mangaka.
Si giunge a ipotizzare una somiglianza nella loro idea di pessimismo assoluto, per Leopardi cosmico nelle ultime fasi della sua poetica e per Tezuka esclusivamente storico.
Tale idea si arricchisce per entrambi di un’apertura in coda verso una prospettiva più positiva.
Si evidenzia infine la sostanziale differenza nell’approdo finale di tali concezioni: una proposta risolutiva per l’autore nipponico, e una irrimediabile, ma meno amara, in Leopardi.
Il contenuto dell’opera
Sul fondo del cielo (kuuki no soko) è una raccolta di 14 storie brevi, pubblicate a cadenza mensile sulla rivista Play Comic negli anni 1968-70.
Un Tezuka ormai maturo riunisce le sue tematiche più care in una serie di piccoli e raffinati “quadri”, che rappresentano una sorta di manifesto programmatico della sua arte e del suo pensiero.
Le sperimentazioni su storie brevi si rivelano spesso inconcludenti e poco adatte a contenere materiale di così ampio respiro; in questo caso, invece, attraverso una varietà e sintesi di contenuti che da sempre hanno rappresentato il leitmotiv e trait d’union della sua produzione, l’autore riesce a condensare le sue istanze, ottenendo un risultato ben bilanciato.
L’opera costituisce sia un punto ideale di approccio al dio dei manga, sia una tappa altrettanto interessante per i lettori più esperti.
Le tematiche trattate sono tra le più disparate, a dimostrazione di una personalità poliedrica e versatile: il primo racconto, L’uomo che fece visita a Joe, ambientato ad Harlem, riguarda un dissoluto ufficiale razzista dell’esercito statunitense, che manda inutilmente a morire al fronte i suoi sottoposti di colore. L’uomo, ferito in battaglia, viene salvato grazie al trapianto di un cuore appartenuto proprio a un soldato afro-americano.
La storia si basa sull’atroce dissidio interiore del protagonista, che avrebbe “preferito morire”, piuttosto che sentir pompato nelle proprie vene un sangue a sua detta così “impuro”.
Altri temi affrontati sono l’amore in tutte le sue forme: incestuoso, interessato e romantico, con storie emotivamente coinvolgenti e una narrazione mai sotto tono; l’arrivismo e la dissolutezza della società moderna; l’ambientalismo, emblematico in Capo Uroko, in cui un bimbo diviene uomo-pesce a seguito del contatto con liquami radioattivi; la fantascienza; le leggende del folklore giapponese, nel racconto Sangue di gatto, incentrato sulla figura del bakeneko, gatto dalle capacità metamorfiche, trasformatosi in una misteriosa donna dall’istinto felino; la follia onirica e spettrale causata dal sonno malsano di una dolorosa malattia di Catastrophe in the dark; i rimandi alla letteratura del terrore, con un evidentissimo omaggio a La rovina della casa degli Usher di E. A. Poe, che Tezuka rappresenta fedelmente nel racconto Robanna, ricreandone alla perfezione ambienti e sensazioni; ambientazioni post-apocalittiche di un futuro lontano, in cui la razza umana si è autoannullata, in Sul fondo del cielo che dà nome alla raccolta; sino ad arrivare a picchi dal sapore noir, o alle ambientazioni del western più classico presenti in Duello sulla Grand Mesa.
Come consueto nella sua poetica, i personaggi sono spesso animali antropomorfizzati, in una analogia fra “tipo” umano e specie animale.1.
In questa enorme varietà, Tezuka dipinge con obiettività i suoi tempi e la loro ambiguità, calandosi in prima persona sotto forma di protagonista di alcune storie: un protagonista perennemente accigliato e sconcertato dalla innaturalezza che lo circonda: l’autore ha infatti dichiarato di aver voluto rappresentare “ogni forma di sacro terrore e oscure allucinazioni prodotte da idee moraliste”.
Pessimismo storico, cosmico e aperture in Leopardi
In quest’opera, più che in altre, merita di essere posta all’attenzione un’apertura da parte di Tezuka, che segna una sorta di simbolico passaggio da una concezione, che potremmo definire di “pessimismo storico” radicale e assoluto, a un messaggio di parziale speranza: proprio come avvenne per “La ginestra” nel pensiero leopardiano.
In breve, per il poeta di Recanati nella fase del pessimismo storico, l’infelicità umana sarebbe dovuta allo sviluppo storico stesso: il sapere scientifico razionale e il progressivo allontanamento dell’uomo dalla vita semplice lo hanno portato a perdere di vista ogni fonte di naturalezza e spontaneità.
Perduto il suo habitat naturale, inteso come luogo del corpo e della mente, l’uomo è irrimediabilmente condannato a un dolore che è diretta conseguenza dello sviluppo sociale deviato. In questa fase, la natura ha ancora una valenza benigna, poiché ha fornito all’uomo, almeno in potenza, gli strumenti per vivere una vita serena.
A questa parentesi del pensiero leopardiano fa seguito quella (che in questa sede non abbiamo interesse a sviluppare) del cosiddetto pessimismo cosmico, che si conclude con un componimento che lascia un messaggio di speranza.
La ginestra o Il fiore del deserto è la penultima lirica del poeta di Recanati, e assieme a Il tramonto della Luna segna la fine della sua produzione.
Nella poesia, nonostante il permanere di una carica negativa di fondo della concezione della vita e della natura, oramai maligna, il poeta valorizza l’accettazione dell’annichilimento e impotenza dell’uomo rispetto all’ambiente circostante (tipica del pessimismo cosmico), ed esalta la strenua resistenza del sapiente rispetto a tale realtà: proprio come la ginestra (la vita umana) che, sola in un deserto vulcanico inospitale (la natura stessa), resiste orgogliosa e allieta la vista di un paesaggio totalmente desolato.
Ne “La Ginestra”, a tale concezione di accetazione e resistenza tanto orgogliosa quanto vana, il poeta aggiunge un invito alla fratellanza e alla solidarietà e auspica una cooperazione fra tutti gli uomini investiti dalla comunanza del male: uno spiraglio che non vale ad eliminare il dolore, ma almeno ad alleviarlo; una caratteristica fino a quel momento inedita nella poetica leopardiana del pessimismo cosmico.
Tezuka: pessimismo storico assoluto, precedenti e successivi
Autore profondamente realista, Tezuka teorizza un pessimismo storico assoluto e irrimediabile, attraverso finali tragici che puniscono severamente l’uomo, anche e soprattutto quello innocente. Questo pensiero è alla base della poetica dell’autore e vede una sua chiara contraddizione proprio e solamente in Sul fondo del cielo, approdando una forma di pessimismo più attenuato e rimediabile.
Esempio emblematico del pessimismo storico assoluto ricorrente in tutte le sue opere e precedente alla raccolta, è la figura della piccola Ayako, vittima innocente del decadimento dei costumi sociali e frutto di un amore adulterino, costretta dal padre a vivere in uno scantinato per nascondere la vergogna dell’atto.
Molto netto è il rimando ad Antigone di Sofocle, – portatrice di valori di una giustizia naturale assoluta, che viene ad esistere prima delle regole malsane costruite artificialmente dagli uomini stessi – destinata a morire nella grotta in cui il re Creonte, suo padre, l’aveva rinchiusa:
«A proclamarmi questo non fu Zeus, né la compagna degl’Inferi, Dike, fissò mai leggi simili fra gli uomini. Né davo tanta forza ai tuoi decreti, che un mortale potesse trasgredire leggi non scritte, e innate, degli dèi. Non sono d’oggi, non di ieri, vivono sempre, nessuno sa quando comparvero né di dove.» (Sofocle, Antigone vv. 450-457)
Ayako, con la sua tragica fine, è allo stesso modo vittima di un’ingiusta aggressione causata dai moralismi della società moderna, in totale contrapposizione con quella legge naturale che Tezuka invoca disperatamente.
Il parallelo fra lo scantinato (Ayako) e la grotta (Antigone) è chiaro, e del resto l’autore nipponico ha più volte dimostrato interesse verso la cultura ellenica: frequenti sono i rimandi alla mitologia in Apollo’s Song e ad alcuni miti platonici, in particolare quello della Caverna in varie opere; si pensi anche alla conclusione de La cronaca degli insetti umani ambientata nell’Acropoli di Atene.
Esempio invece successivo all’opera stessa, è l’altrettanto drammatica conclusione de La cronaca degli insetti umani, che segna un ritorno al precedente pessimismo assolutamente irrimediabile, che Sul fondo del cielo aveva spezzato.
L’opera è incentrata sulle vicende di Toshiko Tomura, donna capace di rubare i talenti dei suoi prossimi e trarne fama, in un circolo vizioso di successo e autoannullamento che culmina nell’allarmante grido finale: “Che solitudine… mi sento sul punto di essere portata via dal vento… “. Per ottenere quanto desiderava, la donna aveva rinunziato all’essenza della propria personalità, rendendosi una maschera, un guscio, che si risolve nel nulla: maschera e volto arrivano a coincidere e la soggettività si perde. Il finale di quest’opera non lascia null’altro se non un enorme vuoto.
Analogie, differenze e relativismi dei due autori
A questa fase di pessimismo storico irrimediabile, non fece mai seguito nel pensiero di Tezuka una considerazione “maligna” della natura (avvenuta nel pessimismo cosmico leopardiano), che anzi continuò a ricoprire un carattere sacrale. L’autore nipponico continuò sempre a considerare l’uomo stesso e la modernità come unici colpevoli delle loro disgrazie, auspicando costantemente un ritorno alla semplicità.
Tezuka e Leopardi partono dunque da un medesimo punto: il pessimismo storico. Ma mentre quest’ultimo perviene in seguito ad una concezione cosmica, il mangaka resta ancorato alla sua originaria idea.
Tezuka decide tuttavia di graduare questa idea in due chiavi: una irrimediabile e rimediale; in quest’ultimo senso si muove Sul fondo del cielo, nel precedente, invece, il restante nucleo della sua produzione.
Una vistosa analogia si coglie fra l’apertura finale che questa raccolta rappresenta, e quella che caratterizza La ginestra, giungendo entrambe alla medesima conclusione: lanciare un messaggio di speranza.
Per Leopardi questa speranza resta però racchiusa in un pessimismo cosmico irrimediabile, non potendo portare a nulla se non a un semplice alleviamento del dolore; mentre Tezuka passa da un pessimismo storico irrimediabile e assoluto ad uno rimediabile e relativo, con una prospettiva di risoluzione concreta.
L’apertura: dal pessimismo storico assoluto a quello relativo
Come si diceva, In Sul fondo del cielo, più che in altri sparuti episodi, l’autore lascia sistematicamente aperto uno spiraglio nel finale di ogni storia, giungendo ad una concezione più rimediabile del suo precedente pessimismo storico, che da assoluto diviene relativo.
Ogni vicenda si conclude infatti con un pentimento, seppur tardivo e comunque inutile: l’ufficiale razzista si ravvede, ma viene ucciso dai cittadini di colore di Harlem subito dopo averlo fatto; un rapitore che solo infine riesce a provare pietà e proteggere il bimbo rapito, muore di fame mettendo da parte degli avanzi per lasciarlo sopravvivere.
Quello che Tezuka vuole mostrare non è dunque un lieto fine, una posologia utopistica della felicità umana, ma un messaggio di riscatto dell’uomo stesso; non tanto al fine di ricavarne risultati pratici (infatti i protagonisti negativi delle vicende, emblemi della società moderna, vanno incontro a sorti rovinose nonostante il loro pentimento), quanto per una riaffermazione morale, seppur in extremis, della dignità individuale in quanto tale.
Una nobilitazione che non risolve definitivamente la pregressa condizione negativa, ma vale per una speranza di miglioramento effettivo, in un percorso meno amaro di crescita spirituale.
È proprio questo concetto di “crescita spirituale”, applicato alle azioni della società moderna, a mancare totalmente in altre opere (Ayako e La cronaca degli insetti umani) in cui i protagonisti mostravano inettitudine assoluta a riscattare la propria personalità a causa della generale corruzione, e lasciavano un disarmante vuoto dietro di sé esaurendosi nel ruolo di semplici vittime.
In questa raccolta Tezuka presenta invece una fine che è sì ancora tragica come in passato, non superando mai del tutto il suo pessimismo storico, ma che ora non risulta più macchiata dai liquami della vergogna moderna (ancora Ayako e La cronaca degli insetti umani), e anzi appare purificata dal pentimento: una vittoria che il dio dei manga non aveva mai concesso in precedenza.
L’autore sembra intravedere una lontanissima luce in fondo al tunnel: attraverso la somma di tutti questi piccoli atti positivi di arricchimento interiore, spera in un concreto miglioramento futuro.
Questo messaggio di speranza è il fondamentale passaggio che segna la temporanea relativizzazione del precedente pessimismo storico assoluto.
Questo è del resto il senso della raccolta:
“Sul fondo di un vaso di pesci rossi si trova sempre acqua stagnante intorbidata da residui di cibo, escrementi, fanghiglia. Forse anche il nostro mondo turbina di delitti e tragedie perché si trova allo stesso modo sommerso sul fondo del cielo. Ma quale essere umano, nell’arco della vita, non ricerca la serenità dell’aria pura, anche solo per un istante?”
In questo breve pensiero Tezuka esprime la sua visione positivistica in tutta la sua potenza.
Sebbene insozzato dalle zaffate di sporcizia della nostra odierna società, sul fondo, in una zona così recondita e lontana dal nostro (un tempo) limpido cielo, esiste un luogo ancora pulito.
Nel finale di questi racconti sembra scattare qualcosa, un meccanismo che porta personaggi così negativi a redimersi, a mettere in mostra quella vera natura di sentimenti puri, semplici e genuini, che si trova incrostata e ormai dimentica sotto strati di fanghiglia.
Al di sotto, in una una zona umida, liquida e spirituale, nell’ottica Tarkovskiana di espiazione e pentimento (in cui l’elemento dell’acqua la faceva da padrone, come nella frase di Tezuka), esiste nei penetrali di ogni individuo, persino il peggiore, un conatus alla ricerca di “aria pura”: la spinta a compiere un’azione positiva e disinteressata volta a salvare solo se stessi; una necessità che abbraccia ogni singolo a compiere, almeno una volta nella vita, un positivo passo indietro rispetto all’autodistruzione collettiva, per un riscatto che è squisitamente soggettivo.
Il gretto realismo di Tezuka, quasi mai aperto ad una nuova speranza a causa del comportamento deteriore degli uomini, si volge ora verso un sogno; un idealismo basato, nonostante tutto, sulla fiducia nella persona umana, che fino all’ultimo momento può essere realizzato.
L’autore mette in risalto l’ambiguità e il dualismo, sottolinea l’esistenza di poli opposti fra bene e male che albergano necessariamente in ognuno di noi; questo concetto è alla base di quelle religioni e filosofie orientali tanto care all’autore (il tema affrontato anche in una delle sue più grandi opere: Budda).
L’importanza del gesto sacrificale nella poetica dell’autore
Si coglie inoltre una sorta di ironia di fondo, che unisce con un filo rosso tutte le storie, una concezione che sbeffeggia la presunzione d’onnipotenza congenita nell’uomo derivante da effimere realizzazioni personali e materiali, ma mai spirituali.
Nei suoi deliri di onnipotenza, l’individuo crede di divenir padrone del tutto, rendendo la sua fine ancora più amara in una sorta di “volo di Icaro”, l’uomo che con ali di cera, così delicate ed instabili, si avvicinò troppo al sole ed infine cadde.
Essendo concettualmente accostabile a Sacrificio del già citato Andrej Tarkovskij, questa raccolta simboleggia un disperato invito al ritorno alla spiritualità, alla valorizzazione dell’ambiente interiore e del gesto sacrificale che ogni protagonista dei suoi brevi racconti compie per riscattare se stesso. L’unica arma che abbiamo per poter tornare a camminare con la schiena dritta e smettere di strisciare è una conquista prima di tutto spirituale e non materiale.
La soluzione che il dio dei manga intravede non parte dunque dall’esteriorità, ma da un atto simbolico, quasi rituale, che si genera nella realtà interna di ogni singolo.
Questo messaggio è particolarmente visibile in una delle opere di Tezuka fra le più delicate, Kimba, il leone bianco, dedicata appositamente ad un pubblico di fanciulli e con evidente intento paideutico.
In questa enorme allegoria, il protagonista/leone rappresenta l’incarnazione della natura, e sin da subito ricerca una conciliazione per la convivenza con la razza umana. La natura, anche qui “benigna”, si adatta per permettere la coesistenza delle specie, e nel finale il leone/natura sceglie di sacrificare se stesso per salvare il suo compagno umano.
Questo gesto sacrificale di estrema generosità da parte dell’incarnazione della natura stessa, dovrebbe indicare all’uomo la via per orientare la propria esistenza.
Conclusione: Tezuka e la sua immortale attualità
Quel che maggiormente sorprende nella produzione di Osamu Tezuka è l’assoluta attualità per narrazione e tematiche affrontate. La sua opera non necessita di attualizzazione o contestualizzazione e continua ad invecchiare in maniera perfetta.
Il contrasto fra un segno grafico così leggero e tondeggiante e le atroci grida di sofferenza, che le storie invece gridano, riesce ancora a ritrarre pienamente i drammi della nostra società.
In questa breve parentesi costituita dalla raccolta Sullo sfondo del cielo, un unicum in cui l’autore abbandona solo per un attimo la sua visione cinica e disincantata, egli non si limita a distruggere e lasciare del vuoto dietro di sé come aveva fatto in passato, ma propone una soluzione che resta perfettamente coerente con la sua poetica e ne incarna la naturale evoluzione.
Abbiamo parlato di:
Sul fondo del cielo
Osamu Tezuka
Traduzione di Francesco Nicodemo
Hazard Edizioni, giugno 2012
296 pagine, brossurato, a colori – 13,50 €
ISBN: 8875021061
opera esemplare in cui Tezuka sfrutta questa tecnica è La cronaca degli insetti umani, influenzata dalla grande passione per gli insetti – che l’autore amava collezionare sin da piccolo – e per il mondo animale in generale che ne ha da sempre ispirato le opere, rivedendo egli in questo micromondo gli stessi caratteri, immutati, della nostra società: «Tanto tempo fa, molti dei piccoli inferni che si svolgevano nei campi proprio vicino a casa mia mostravano la gioia del vivere, instancabilmente e nonostante tutto» Osamu Tezuka ↩