A fine ottobre è arrivato in Italia Forbidden Kingdom – L’oscura profezia, primo volume del nuovo ciclo di Wizards of Mickey, saga disneyana di stampo fantasy che esordì nel 2006.
Terzo appuntamento di questa epopea ospitato sulla testata Topolino Fuoriserie, è però il primo a non essere realizzato in Italia ma prodotto dalla Disney a livello internazionale. La nuova serie ha infatti già visto la luce in Francia, America e Nord Europa e a fine ottobre è iniziata la pubblicazione da noi con la prima uscita di cinque totali; il secondo volume è previsto per il prossimo febbraio.
Se ai disegni è stato chiamato un veterano – sia del fumetto Disney che di Wizards of Mickey in particolare – come Lorenzo Pastrovicchio, ai testi vediamo invece Luca Barbieri al suo esordio per quanto riguarda l’universo di Paperi e Topi.
Abbiamo avuto modo di porre qualche domanda allo sceneggiatore su questa esperienza.
Ciao Luca, bentornato su Lo Spazio Bianco.
Come è avvenuto il contatto con Disney per questo lavoro?
Un po’ per caso, come spesso avvengono queste cose nel nostro mestiere. Francesco D’Ippolito, disegnatore Disney che ha lavorato alla prima stagione delle Dragonero Adventures, mi ha presentato Stefano Ambrosio, della Disney Publishing Worldwide, che è anche ideatore e sceneggiatore di Wizards of Mickey. Il feeling è stato immediato, e da lì è partito tutto.
Ritieni che la tua esperienza come curatore di Dragonero, la serie fantasy pubblicata da Sergio Bonelli Editore, possa aver contribuito all’essere scelto per Wizards of Mickey?
Beh, direi che più che aver contribuito, è stata imprescindibile. Stefano è un lettore bonelliano e aveva notato e apprezzato alcune cose scritte da me. In particolare (e vi sembrerà strano, ma vi assicuro che è così) era rimasto colpito da un mio articolo introduttivo al volume brossurato di Tex La cella della morte, dove mi dilungavo sulla difficoltà, da parte di sceneggiatori di film e fumetti, di riuscire a far “empatizzare” il pubblico con i protagonisti delle storie di evasione. Essendo costoro dei carcerati, non sempre possono essere vittime di ingiustizie (come nel celeberrimo caso di Edmond Dantès ne Il conte di Montecristo o di Tex nella lunga storia del volume cui accennavo), bensì, proprio al fine di evitare noiosi cliché, autentici criminali. Riuscire a far tifare il pubblico per loro, dunque, non è sempre facile: esistono, però, alcuni astuti trucchi e intelligenti strategie narrative a disposizione di chi scrive. Ecco, avendo Stefano in mente una storia in cui Topolino veniva imprigionato in un carcere a prova di fuga, le argomentazioni che esprimevo nel testo lo avevano convinto che potevo essere la persona giusta per quella storia. È stata una scommessa puntare su di me, esordiente assoluto in Disney, affidandomi oltretutto la gestione di un intero ciclo narrativo, e di questo non posso che ringraziarlo.
Conoscevi già Wizards of Mickey o ti sei recuperato per l’occasione le saghe precedenti? Quali pensi che siano stati i punti di forza del progetto, che gli hanno permesso di proseguire per più di un decennio?
Da buon appassionato di fantasy, conoscevo già WoM e lo avevo apprezzato. Naturalmente, per poter passare dall’altra parte (da lettore ad autore), ho avuto bisogno di rileggere tutto, con attenzione, riempiendo diverse pagine con una fitta serie di annotazioni che mi sono servite nel corso dei dieci episodi della saga, ma Stefano mi ha gentilmente fornito da subito tutto il materiale di cui avevo necessità. Rileggendo tutto d’un fiato, ho avuto la conferma di quanto avevo pensato anni fa su questa serie: funziona perché gli autori, e Stefano in primis, sono riusciti a sfruttare un’ambientazione intrigante come quella fantasy senza mai snaturare i personaggi Disney coinvolti. Questo non è stato facile, perché personaggi come Topolino, Paperino, Pippo e Gambadilegno hanno delle connotazioni eccezionalmente forti, ma l’esserci riusciti rende la saga di WoM un prodotto che possiede un fortissimo appeal.
Come ti sei approcciato alla scrittura di questo nuovo ciclo? Quali fattori ed elementi narrativi hai deciso di prendere in mano? Hai avuto particolari indicazioni da parte della Disney?
Stefano e io abbiamo concordato il soggetto durante un paio di lunghe sedute (una delle quali davanti a delle fumanti pizze), dopodiché mi ha lasciato molto spazio libero nella scrittura. In questo modo ho potuto dare una “mia” personale versione dei personaggi, sempre rispettando le loro caratteristiche, elemento imprescindibile per avere l’approvazione Disney.
Hai trovato difficoltà nel far recitare personaggi con una storia editoriale così lunga e importante come sono Topolino, Paperino e Pippo?
All’inizio pensavo di sì. Ho avuto alcuni dubbi sulla mia capacità di riuscire a portare a termine il lavoro con risultati accettabili e mi sono fatto una nutrita serie di domande, senza trovare le giuste risposte! Ma avere dubbi e mettersi in discussione fa parte del lavoro di scrittore. Guai a credere di poter scrivere qualunque cosa, e su qualunque personaggio, con la sicurezza di avere la ricetta magica arrotolata nel taschino! Quindi ho scritto e riscritto le prime pagine di sceneggiatura senza esserne soddisfatto, finché non ho pensato: leggi Disney da quando sei bambino, scrivi semplicemente quello che sai. È da questo pensiero che è nata la gag iniziale tra Paperino e Zio Paperone, che possiede un certo gusto retrò. L’attacco, invece, l’ho meditato in chiave più matura, dragoneriana: è un inizio che può funzionare in qualunque fantasy. Quando ho spedito la prima storia a Stefano, per la lettura, ero sicuro che sarebbe stato tutto sbagliato, tutto da riscrivere: non lo dico tanto per dire, ne ero assolutamente convinto. Quando lui mi ha risposto che, invece, andava tutto benissimo e che aveva riso nel leggere le gag, mi sono rilassato e ho scritto di getto tutto il resto.
Com’è stato il lavoro con Lorenzo Pastrovicchio? Vi siete confrontati nel corso della stesura della sceneggiatura?
No, Lorenzo l’ho sentito dopo, a cose fatte. Ho lavorato unicamente con Stefano Ambrosio. Quando è stato pubblicato il volume, ho contattato Lorenzo per fargli i complimenti: lui è un mostro di bravura! È stato incredibile il lavoro che ha fatto in ogni singola tavola, riuscendo a dare vita alle espressioni che avevo in testa e che cercavo di descrivere in sceneggiatura. Anche suo fratello, Alessandro, ha fatto un egregio lavoro con le chine. Ale lo conosco bene: lavora su Dragonero e, anche con tratto realistico, è proprio bravo. Adesso sta disegnando una storia breve su Myrva (sorella di Dragonero) che svelerà alcuni fatti importanti del suo passato, e vi assicuro che sta facendo un lavoro eccezionale!
Facciamo due nomi di sceneggiatori, Tito Faraci, Bruno Enna. Entrambi negli anni sono passati da sceneggiature bonelliane a sceneggiature disneyane in modo continuo e fluido: pare quasi che sceneggiare Topi e Paperi sia uguale a sceneggiare indagatori dell’incubo e cowboy. Tu che affinità e differenze hai trovato nello sceneggiare Wizards of Mickey rispetto a una storia di Dragonero?
Sono i nomi di due pezzi da novanta, di due sceneggiatori bravissimi, in grado di farti ridere o commuovere anche soltanto scrivendo la lista della spesa! Non è facile passare disinvoltamente da un genere all’altro, ci vuole talento (senza dubbio) ma anche la rara capacità di cogliere al volo gli elementi essenziali che contraddistinguono generi e personaggi, e sia Tito che Bruno sono eccezionali in questo, non sbagliano un colpo. Agli altri sceneggiatori, invece – come me, per esempio – non resta che provare, sperando di imbroccarla: io, nello scrivere WoM, ho cercato di sfruttare il mio lato umoristico, che uso più nella vita che nel lavoro, visto che ho la tendenza a scrivere testi cupi, violenti e (come mi fanno spesso notare) quasi sempre privi di lieto fine. Dragonero e WoM, da questo punto di vista, hanno pochissimo in comune: li ho tenuti ben separati, se non, come dicevo, nelle primissime pagine e nel finale. Qui mi devo fermare, per evitare spoiler, ma la scena conclusiva potrebbe benissimo appartenere a una storia di Dragonero.
Conosci altre saghe fantasy del fumetto Disney? In tal caso, quali similitudini e quali differenze trovi che ci siano tra queste storie del passato e Wizards of Mickey?
Certamente sì, e, fra tutte, voglio menzionare la trilogia della Spada di Ghiaccio di Massimo De Vita. Piaceva moltissimo a mio padre, che ne aveva una versione in volume. Lui non era un lettore disneyano, ma quella saga gli era entrata nel cuore e mi ha trasmesso la sua grande passione per il mondo esplorato dal “cugino di Alf”. Sempre lui mi ha fatto conoscere la saga di Mac Paperin di Marco Rota: non è un vero e proprio fantasy, okay, ma le atmosfere ci si avvicinano. Ricordo che, da piccolo, sfogliavo con lui le pagine, ridendo delle gag di Piccolo Krack e Grande Bluff e immaginando l’arrivo in Caledonia anche di draghi e stregoni, oltre che di vichinghi. Il fantasy disneyano del passato era debitore di fonti più classiche e canoniche, come Tolkien e Terry Brooks, basilari comunque anche per scrivere le nuove storie; ma, oggi, sono anche necessari riferimenti più moderni, che i ragazzi abbiano ben presenti: non starò a citare Trono di Spade e The Witcher, perché troppo “adulti” per una storia Disney (sebbene ci si possa lavorare, con tatto e intelligenza), ma senza dubbio gli adattamenti cinematografici de Il Signore degli Anelli e de Lo Hobbit realizzati da Peter Jackson sono imprescindibili (per non parlare delle versioni videoludiche). È questo l’immaginario moderno di una saga che io, per esempio, ho conosciuto e amato in tutt’altro modo: unicamente sui libri e tramite lo sperimentale film d’animazione di Ralph Bakshi, che oramai nessuno ricorda più. Nella mia saga di WoM, in accordo con Stefano, abbiamo introdotto armature robotiche che hanno più a che fare con lo steampunk o la sci-fi che col fantasy, ma che sono utilissime a creare un “ponte” con l’immaginario dei ragazzi di oggi. Faccio un piccolo spoiler: a un certo punto della saga ho addirittura inserito anche uno smartphone, sebbene in versione medioevale-fantasy, che mi ha permesso la costruzione grafica molto particolare – e originale, mi auguro – di un intero episodio. Quello, per esempio, è un dettaglio che spero piaccia molto ai giovani lettori.
Qual è il tuo rapporto personale con il fumetto Disney? Segui ancora attivamente questo mondo?
Ho imparato a leggere, da bimbo, con tre fumetti: Tex, Conan e Topolino. Il mio imprinting, dunque, è stato con il Far West sognato da GL Bonelli, con il fantasy muscolare di Robert Erwin Howard, tradotto in disegni da giganti come Barry Windsor Smith e John Buscema (giusto per citare i miei preferiti), e con l’immaginario di Paperi & Topi. La mia passione per il mondo Disney è dunque solida e antica: da allora, con qualche pausa di tanto in tanto, non è mai cessata.
Dopo Forbidden Kingdom ci sarà una tua successiva incursione nel mondo di Wizards of Mickey con un’ulteriore saga curata da te?
Questa domanda la giro, con tanta speranza, a Stefano Ambrosio: ci sarà? Mi auguro di sì. Ho qualche idea su un seguito di Forbidden Kingdom, con un nuovo, potente villain che farà ridere e disperare tutti!
Dal western, tua passione primordiale ancora intatta, al fantasy adulto di Dragonero fino al fantasy disneyano: cosa ci riserverai in futuro? Che altri generi vorresti esplorare?
Il futuro è nel grembo di Giove: non so proprio cosa accadrà ed è giusto così. Che ci siano mistero e suspense, nei fumetti come nella vita! Spero di proseguire con altre storie disneyane, se Forbidden Kingdom convincerà i lettori, magari anche per il settimanale Topolino (se il direttore Alex Bertani legge queste righe, sappia che ho qualche ideuzza su storie di paperi!). Sto scrivendo per Dragonero e per la sua costola più adulta, Senzanima (storie violente e cupe, come si diceva poc’anzi), e per Zagor. Spero di riuscire ad azzeccare anche un nuovo soggetto per Tex: per ora sono fermo a quattro storie del Ranger (di cui tre brevi), ma non mollo! Mi piacerebbe anche esplorare il genere horror, che sento molto nelle mie corde, ma vedremo. Senza dubbio tornerò a scrivere saggi: l’ultimo, Gli Indomabili del selvaggio West, pubblicato nel 2018 da Odoya, è andato davvero bene; e narrativa, anche, cercando di bissare il successo del western-horror Five Fingers (Meridiano Zero, 2015). Infine, ho in cantiere un paio di progetti fumettistici dei quali, per scaramanzia, non parlo… magari lo faremo insieme, fra qualche tempo, se andranno in porto!
Contaci, Luca! E grazie per la tua disponibilità.
Intervista condotta via mail a dicembre 2020
LUCA BARBIERI
Luca Barbieri è genovese di nascita, essendo nato nella città della Lanterna il 20 maggio 1976. Scrittore di narrativa e saggistica, è sempre stato un appassionato del genere western ed è stato curatore per Meridiano Zero della collana West, tutta dedicata a quel mondo.
Dal 2016 è diventato un redattore della Sergio Bonelli Editore e anche uno sceneggiatore per Tex e Zagor.
All’interno della casa editrice, Barbieri è anche il curatore del mensile fantasy Dragonero, personaggio creato da Luca Enoch e Stefano Vietti, di cui ha anche iniziato a scrivere le avventure.
Wizards of Mickey: Forbidden Kingdom è il suo primo lavoro in ambito Disney.