Giorgio Manganelli (1922-1990) è considerato uno degli scrittori più originali e fuori dagli schemi del Novecento italiano. Personaggio surreale e problematico, ricco di inventiva e di idiosincrasie, facile e difficile da comprendere, amichevole ma dogmatico, non è mai stato un artista capace di accontentarsi di storie “normali”: amava giocare col linguaggio, le idee e le forme narrative, creando opere piene di ironia, paradossi e invenzioni barocche.
Il suo primo libro, Hilarotragoedia (1964), che ha segnato il nostro panorama letterario, è un viaggio labirintico nella mente del suo autore, senza trama e protagonisti; una sorta di monologo filosofico che esplora temi come la morte, il nulla, l’identità e la condizione umana narrato con uno stile complesso e stratificato, fatto di lunghissimi periodi e ricco di aggettivi, barocchismi e ironia. Per Manganelli l’esistenza è fondamentalmente inutile e scrivere è un atto artificiale e consapevole, una “menzogna” che però diventa più vera della realtà.
Alla luce di queste premesse, che hanno caratterizzato l’opera narrativa e la vita stessa di Manganelli, così come le sue convinzioni sulla letteratura e sulla realtà, era auspicabile – anzi, quasi ovvio e doveroso – che anche la storia della sua vita vi si attenesse, che non potesse “accontentarsi” di essere una semplice cronaca di vita vissuta scandita da date, avvenimenti, significati univoci, certezze e convinzioni. E in effetti il lavoro di Niccolò Testi e Giulio Ferrara, pubblicato dalla lucchese Rider Comics, ha fatto esattamente questo, scrivendo e disegnando una biografia che sfida ogni pretesa di linearità e precisione. Manganelli, Vita ipotetica e altre invenzioni non si presenta come un racconto esaustivo o tradizionale, ma è un intreccio di finzioni, dubbi e invenzioni narrative che rispecchiano l’essenza più profonda del suo protagonista. Nella storia la realtà si fonde con la visione, i ricordi (evocati sempre per interposta persona) si intrecciano con la metanarrativa in un continuo gioco tra verità e illusione che ben rappresenta la natura dell’opera manganelliana. La biografia diventa, in questo modo, essa stessa un’opera d’arte, un riflesso della sua visione del mondo, che spinge il lettore a interrogarsi sulla sottile linea che separa la realtà dall’invenzione.
Il cuore narrativo del fumetto è un dialogo immaginario tra Testi, sceneggiatore della storia, che vi ha scelto di apparire in maniera metanarrativa, e tre bizzarri personaggi d’invenzione che affermano di essere stati amici intimi del “Manga”. Sagaci e ironici, a volte in contraddizione quando si tratta di interpretare l’amico scomparso, a volte inaffidabili e a volte compiaciuti, i tre fungono da fonte di informazione per il Testi “personaggio”, che dovendosi impegnare a scrivere la biografia non sa che pesci prendere, non sa come narrarla, non sa come interpretare i pochi e contraddittori spunti che ha a disposizione. E ovviamente i tre, presentati con i vaghi appellativi de Lo Scrittore, Un Amico e La Duchessa sembrano poco disposti ad aiutare; o lo fanno alla loro maniera, confondendo le acque.
Ognuno di loro, forse immagine di una sfaccettatura diversa della figura di Manganelli, più che narrare apre squarci su aspetti privati e personali dell’autore, mantenendo però sempre un’ambiguità di fondo che rende il testo simile a un giallo, a un percorso da compiere alla ricerca di un senso univoco, di una certezza, di una risoluzione… che non può che mancare.
Bel lavoro di Testi, dunque; che si insinua in un percorso pericoloso e abusato (quello già citato della metanarrativa, a volte banale rifugio per autori incapaci di trovare una via migliore) con consapevolezza, e forse per questo riesce a raggiungere il suo obiettivo senza risultare stucchevole. Lo fa tramite dialoghi sempre azzeccati, personaggi di contorno molto gradevoli nella loro assurdità, e mantenendo un tono leggero, semplice, che non pretende mai di essere esaustivo ma sorvola gli eventi, passa da uno all’altro con un’ottima sintesi e con capacità di coinvolgere e comunicare correttamente.
È vero, d’altro canto, che a tratti questa leggerezza un po’ nuoce a quello che in fin dei conti resta l’obiettivo principale del fumetto, cioè quello di essere una biografia: Manganelli si finisce per leggerlo velocemente, forse troppo. Si ha a volte la sensazione che alcuni passaggi, soprattutto quelli più legati alla vita reale, avrebbero potuto essere esplorati con maggiore profondità; ci si trova a desiderare un po’ più di precisione o dettaglio, si vorrebbe conoscere meglio alcuni aspetti o punti focali della vita dello scrittore; e il risultato finale, dunque, è che il pur pregevole testo appare nello stesso tempo finito ancor prima di iniziare, rappresentando più che un pasto completo un antipasto, una notizia incompleta, un invito ad andare a cercare una biografia “vera” per mettere ordine alle vaghe nozioni che abbiamo appreso tramite la sua lettura. Anche questo però, come la metanarrativa, è un rischio calcolato, del quale non si può dare colpa all’autore. Un’altra via, in effetti, non era possibile, o era da lasciare a mani più tecniche, da geometri della vita, da calcolatori elettronici del tempo e dei fatti. Il fumetto, dunque, rimane più che buono.
Dal punto di vista grafico, molto bello ed efficace lo stile visivo eclettico di Giulio Ferrara, che presenta un segno gradevolissimo, personale, originale e surreale, dalle grandi capacità comunicative. Davvero interessanti le sue tavole stilizzate e grottesche, essenziali nel loro minimalismo, capaci di passare da un registro narrativo a quello opposto, dalla comicità al dramma, con grande fluidità e impatto e senza mai perdere potenza espressiva. Ottimamente caratterizzati tutti i personaggi, sia nella fisicità che nei gesti e nelle espressioni, riportate con rapidissime linee intrecciate e calde. Particolarmente azzeccati i tre “amici” del Manganelli, più simili a spiriti, a creature d’invenzione che a semplici esseri umani; ma tutti i tipi che appaiono nella storia, anche la più minuscola delle comparse, sono caratterizzati ottimamente, comunicativi al massimo e capaci di disvelarsi solo tramite la loro immagine.
Ottimo anche il controllo delle tavole, che passano con eleganza da gabbie ferree e controllate a esplosioni di stile e di invenzioni senza mai perdere in leggibilità. Molto gradevoli i momenti più surreali (ne cito uno per tutti: la pagina nella quale Manganelli rimane prigioniero della “O” maiuscola creata da una macchina da scrivere elettronica, e che gli si stringe intorno fin quasi a soffocarlo). E coraggiosa, personale, efficace e azzeccata la scelta di costruire una palette che dimentica i colori primari – e di fatto anche la realtà – per sostituirli con i lilla, i verdi, gli arancioni, che accendono le pagine e molto spesso contribuiscono da soli a creare le ombre e gli sfondi di ogni scena, come fossero scenografie teatrali.
Coerentemente coi testi e con la poetica del Manganelli, lo stile di Ferrara riesce a creare un mondo fuori dal reale, adeguato agli obiettivi del fumetto. Una realtà nello stesso tempo realistica e fittizia, borgesiana, che non perde mai di efficacia. A voler fare un paragone, siamo dalle parti del miglior Cyril Pedrosa, ma reinterpretato e innestato con chissà quali altri riferimenti grafici. Sicuramente un segno maturo, capace di grandi cose, e che ha il suo maggior pregio nelle anatomie grottesche ed estremamente compiute, nella grande capacità di far comunicare i protagonisti delle tavole. Uno stile che in quest’epoca fatta molto spesso di scuole di fumetto, di filoni da seguire, di mode del momento, riesce a mantenere una sua personalità forte e una sua difformità di grande interesse.
In conclusione, Manganelli si rivela un’operazione intelligente e ben riuscita, che riesce a cogliere l’essenza del suo protagonista senza pretendere di raccontare la sua vita in maniera tradizionale. Sebbene la narrazione possa lasciare il lettore con qualche dubbio e la sensazione di voler sapere di più, il suo valore principale risiede nell’abilità di restituire il mistero e la molteplicità della figura di Manganelli, senza risposte definitive, tramite il lavoro di due artisti perfettamente a loro agio con il medium fumetto.
Da citare anche la ricca appendice fatta di prefazioni, interviste, commenti degli autori, illustrazioni e sketch, caratteristica che accomuna da sempre i volumi prodotti da Rider Comics e che è assolutamente apprezzabile.
Abbiamo parlato di:
Manganelli, vita ipotetica e altre invenzioni
Niccolò Testi, Giulio Ferrara
Rider Comics, 2024
104 pagine, brossurato, a colori – 18,00 €
ISBN: 9788894767742