La rivista on line Golem L’Indispensabile nacque nel 1996 su iniziativa di Umberto Eco, Gianni Riotta e Danco Singer e fu il primo esempio di rivista culturale italiana pensata specificatamente per il web.
Fino alla sua chiusura definitiva, avvenuta nel 2011, la rivista ebbe varie incarnazioni e poté contare su firme e collaborazioni prestigiose, tra le quali quella di Daniele Barbieri (www.guardareleggere.net) che a partire dal 2001 sulle pagine della seconda serie della rivista pubblicò una serie di saggi e articoli sul fumetto e il suo linguaggio.Purtroppo oggi la pagina web e l’archivio on line di Golem l’Indispensabile non sono più raggiungibili, ma quelle pagine scritte da Barbieri restano ancora oggi attuali nei contenuti e nel valore dell’analisi e dell’approfondimento sul linguaggio dell’arte sequenziale. È dunque un peccato che gli appassionati del mondo del fumetto di età più giovane o coloro i quali al tempo non avevano conosciuto quella rivista si siano persi tali interventi.Per tale motivo abbiamo chiesto a Barbieri, amico de Lo Spazio Bianco, la possibilità di ripubblicare sul nostro sito quella sua produzione e l’autore molto gentilmente ci ha concesso il permesso.In questo articolo l’autore propone un raffronto fra Mickey Mickey di Mezzo e Michel Pirus e 5 è il numero perfetto di Igort, entrambi editi da Coconino Press nella collana Cult.
Mickey Mickey, dei francesi Mezzo e Pirus (Coconino Press, 2002), contiene due storie crude di rapinatori e sicari. Il riferimento alle atmosfere e ai ritmi narrativi del Pulp fiction di Tarantino è evidente, ma non meno evidente è pure la maestria con cui tanto lo sceneggiatore quanto il disegnatore riescono a reggere la situazione.
Nella prima storia, Mickey Mickey per l’appunto, un gruppo di malviventi progetta e realizza una rapina in banca, salvo restarvi assediati dalla polizia, insieme con alcuni ostaggi. Nella seconda, Due assassini, due sicari assaltano un deposito nel bel mezzo del deserto. In ambedue le storie, lo stato di tensione innesca dinamiche psicologiche pressanti, estreme, con continui ribaltamenti di una situazione dove al di là di un certo punto tutto è talmente sottosopra che non resta nemmeno più chiaro a che cosa mirino davvero i personaggi.
Tutto è sporco e squallido. La situazione si evolve con la puntualità di un orologio. Ogni immagine, ogni parola è essenziale e fortemente pregnante. Un gioco senza redenzione, insomma, dove tutto è immorale, e rimangono solo le bassezze; dove anche chi vince ha in realtà perso, perché non c’è niente da vincere; dove stupidità e squallore appaiono come ciò che regge il mondo.
E pure il disegno contribuisce all’effetto, basato com’è sulla nettezza dei neri, con chiaro riferimento a Chester Gould, Martì e soprattutto all’universo allucinato di Charles Burns – salvo che qui l’allucinazione si è ribaltata in iperrealismo; senza perdere, con questo, la sua carica di angoscia.
Nella stessa collana, quasi contemporaneamente, esce 5 è il numero perfetto, di Igort. Ancora una storia di omicidi, ma il tono è completamente diverso. Alla crudezza raffinata di Mezzo e Pirus, motore unico e trascinante delle loro storie, Igort contrappone un mondo di sfumature narrative e affettive. A un vecchio camorrista napoletano, già guappo e sicario, viene ucciso il figlio, guappo e sicario a sua volta: spinto da orgoglio, dolore e desiderio di vendetta, il vecchio mette sottosopra la camorra napoletana, ritrovando una ragione per vivere.
Difficile è immaginare un modo di raccontare più diverso da quello di Mezzo e Pirus. Al loro sarcasmo secco e disperato Igort contrappone una continua e diffusa ironia; alla totale mancanza di etica oppone una visione profondamente morale del mondo – anche se si tratta di una moralità assai poco ortodossa. E soprattutto qui tutto quello che succede è intriso di affetti personali, che in quell’altro mondo sono completamente assenti.
Il disegno, poi, pur spesso basato sulla pienezza dei neri, è qui sporco, dinamico, vagamente caricaturale, e la bicromia col grigioazzurro permette continuamente di giocare su registri visivi diversi – sino quasi al compiacimento estetico per alcune inaspettate raffinatezze.
Si aggiunga, infine, che i personaggi parlano dialetto napoletano, e non di rado le situazioni hanno qualcosa di paradossale e irreale – come il dialogo iniziale, in cui il vecchio guappo raccomanda al figlio di non mancare di stile, specialmente nel modo di uccidere, perché è lo stile che ci rende quello che siamo.
Poiché Igort era anche direttore della collana in cui entrambi i volumi sono usciti, non è difficile pensare che la concomitanza della loro pubblicazione non sia stata casuale. Sembra quasi che Igort abbia voluto sottolineare la distanza del proprio modo di raccontare dal tarantinismo un po’ manierato (anche se di altissima qualità) di Mezzo e Pirus, rappresentanti tra i migliori di un modo di narrare fin troppo diffuso. Un modo di narrare che ci appare molto americano – anche se in questo specifico caso gli autori sono francesi – a cui viene contrapposta una complessità decisamente più europea.
È un po’ buffo pensare quanto Igort abbia costruito buona parte del proprio personalissimo stile lavorando invece per il mercato giapponese, e studiando con accanimento le tecniche narrative del manga. Evidentemente esistono numerosi aspetti sotto cui Europa e Giappone, insieme, possono essere contrapposte al modo di pensare e di raccontare d’oltre oceano.
Abbiamo parlato di:
Mickey Mickey
Michel Pirus, Mezzo
Coconino Press, 2002
80 pagine, brossurato, bianco e nero – 16,00 €
ISBN: 978-8888063485
5 è il numero perfetto
Igort
Oblomov, 2020 (nuova edizione)
192 pagine, cartonato, bicromia – 23,00 €
ISBN: 978-8831459013
La versione originale di questo articolo è apparsa su Golem l’Indispensabile #1 del gennaio 2003.