Linus: cinquant’anni dopo

Linus: cinquant’anni dopo

Paolo Interdonato rievoca gli esordi e l’affermazione della prima vera rivista italiana di e sui fumetti, a cinquant’anni dalla prima pubblicazione.

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Linus in fabula

“Rivoluzione” e “gioco” sembrano due termini distanti anni luce, eppure Paolo Interdonato riesce a tenerli fascinosamente insieme nel titolo del suo saggio, dedicato alla nascita e all’evoluzione di “Linus”, prima vera rivista sui fumetti, oltre che di fumetti, del nostro Paese.

Linus. Storia di una rivoluzione nata per gioco si fa apprezzare, fin dalle prime pagine, proprio perché, in  quel paradosso lessicale esibito in copertina, accanto alla ormai conosciuta figura del bambino filosofo disegnato da Charles Schulz, restituisce l’importanza della rivista ideata da Giovanni Gandini nella storia dell’industria culturale italiana.

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Ludici e integrati

Arrivato nelle edicole il 1° aprile 1965, Linus è il pesce d’aprile ironico e colto al tempo stesso, giocato da un manipolo di giovani intellettuali all’Italia del boom, un paese in fermento pronto a esplodere nei consumi economici, come in quelli culturali. Gandini & Co sono convinti che in uno di quei consumi popolari considerati minori – i fumetti – si celi un patrimonio culturale ormai così esteso, da poter essere trattato con la stessa dignità critica, rivolta tradizionalmente  alla letteratura, alla pittura o alla musica. Scrive Interdonato:

è alla luce di questa crescente dichiarazione d’amore per la “cultura bassa” che si deve interpretare la comparsa di una rivista inclassificabile.

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L’autore cita anche il sociologo Edgar Morin de l’Esprit du temps per chiarire l’approccio adottato dai pionieri Linusiani: analizzare la cultura di massa vuol dire anche divertirsi con la cultura di massa. E verrebbe da citare anche il filosofo Johan Huizinga di Homo ludens quando afferma che:

la cultura sorge in forma ludica, la cultura è dapprima giocata… ciò non significa che il gioco muta o si converte in cultura, ma piuttosto che la cultura nelle sue fasi originarie, porta il carattere di un gioco.

Un approccio che ritroviamo anche in un saggio apparso un anno prima della pubblicazione di Linus, a firma di un giovane studioso, destinato a far parlare di sé, Umberto Eco che, in Apocalittici e integrati,  nel 1964 mette per la prima volta in Italia al centro il fumetto del dibattito culturale sulle comunicazioni di massa. Eco, come rievoca lui stesso nella nostalgica introduzione al saggio di Interdonato, diventa assieme a Elio Vittorini un convinto complice e sostenitore di Linus, rivista nata quasi per gioco, forse senza prendersi troppo sul serio, ma prendendo sul serio le potenzialità espressive del  fumetto nel raccontare il mondo.

“I migliori fumetti in circolazione”

lsb_linus6In effetti, la cosa che sorprende nel leggere la serrata ricostruzione di Interdonato è vedere come questo manipolo di fini letterati (il già citato Gandini e sua moglie Anna Maria, Franco Cavallone, Ranieri Carano, Vittorio Spinazzola, Oreste Del Buono) riuniti nella libreria-redazione della Milano Libri di Via Verdi a Milano, dia vita a una prodotto intellettuale ma non intellettualoide, colto ma non snob. I Linusiani rivendicano già nel loro primo editoriale che il solo criterio di selezione dei fumetti e degli autori proposti sarà:

quello del valore delle singole opere, del divertimento che ne può trarre il lettore oggi; non quello di un interesse puramente documentario o archeologico.

Negli anni successivi, Oreste del Buono, subentrato nella direzione a Gandini, ribadisce più volte quanto la sola ambizione della rivista sia di pubblicare i “migliori fumetti in circolazione”. Ben lontana dalle stucchevoli diatribe tra nobile fumetto d’autore e plebeo giornaletto da edicola, su cui si è spesso avvitato il dibattito italiano sui comics, Linus ha saputo essere per molto tempo un pantagruelico “reader digest” del fumetto mondiale, nelle sue più varie manifestazioni.

Dai sofisticati cartoonist del New Yorker al popolare Braccio di ferro di E.C. Segar, dagli eroi compassati del Corriere dei Piccoli alle sperimentazioni visive di Guido Crepax, dai supereroi problematici della Marvel agli immarcescibili Tintin e Asterix d’oltralpe, dall’avventura pura del Corto Maltese di Hugo Pratt alla feroce genialità del Pentothal di Andrea Pazienza, non c’è preclusione di sorta all’offerta espressiva di Linus e dei suoi supplementi spin-off.

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Il mondo a vignette

Alcune proposte fumettistiche, su tutte il nume tutelare Charles Schulz con i suoi filosofici bambini “nocciolina” (celebrati nel primo numero dall’epocale dialogo tra Vittorini, Del Buono ed Eco) riscuotono da subito grande successo di pubblico. Ma Gandini e soci sono anche pronti a difendere scelte impopolari quali il poetico Krazy Kat di Herriman o autori contemporanei cerebrali come Copi e Feiffer.

Tra recuperi del passato ed esplorazioni del presente, tra mirabili repertori  plastici e sorprendenti variazioni figurative, Interdonato fa emergere capitolo dopo capitolo quanto le scelte di pubblicazione della rivista siano state caratterizzate negli anni, oltre che dal gusto critico, dalla costante  capacità dei Linusiani di aprirsi alle suggestioni del proprio tempo.

Ad esempio, i problematici monologhi in vignetta, messi in scena da Copi, rimandano al nuovo teatro degli anni Sessanta, così come Valentina, Barbarella e le altre eroine portate alla ribalta sono testimonianza dei mutamenti del ruolo della donna nella società di quegli anni. Senza dimenticare gli scambi costanti con le correnti letterarie più innovative e che porteranno alla pubblicazione su Linus di scrittori quali Italo Calvino, Roland Topor e William Borroughs.lsb_linus7

Inventarsi i lettori

Anche quando il Sessantotto bussa alle porte di Via Verdi, con il suo carico dirompente di novità, i Linusiani non rinunciano alla loro autonomia critica, in grado dare spazio a cartoonist (considerati) progressisti quali il Walt Kelly di Pogo, quanto a quelli (considerati) conservatori come Al Capp di Li’l Abner. Ci ricorda ancora Interdonato:

il mondo esterno preme per entrare: i lettori guadagnano la possibilità di un confronto diretto, tramite la posta, i referendum e altre rubriche e la redazione è innervata da una straordinaria vitalità. 

L’intelligenza critica dei redattori della rivista sta nel rivendicare un proprio punto di vista senza rinunciare al dialogo con il pubblico. Un pubblico – è questo un altro interessante discorso sviluppato nel saggio – che Linus non si limita  a coagulare, ma in qualche modo a costruire attorno alla sua proposta culturale, anche con prese di posizioni precise sulla realtà, come nel caso del referendum sul divorzio del 1974.

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Una Milano da leggere

Interdonato contestualizza sempre le vicende di Linus all’interno dei mutamenti sociali, economici e politici di Milano e del Paese. Che il progetto editoriale, sia anche figlio delle migliori energie intellettuali del capoluogo lombardo, della sua “borghesia più illuminata”, appare evidente nelle parole dell’autore. Solo negli anni Ottanta, quando a questa colta “Milano da leggere” si sostituisce l’effimera “Milano da bere”, la rivista inizia a perdere la sua efficacia culturale. E non a caso, Interdonato rintraccia i prodromi di questa crisi editoriale, proprio nella scomparsa del dialogo con i lettori:

L’ultimo periodo di Linus sempre identico a se stesso e poco interessante, rischia di essere assai duro. Un giornale incapace di cambiare, di raccontare il presente, di attrarre un pubblico di giovani. Un giornale che decide di rinunciare al dialogo con i lettori rimuovendo la rubrica della posta. Un giornale che si perde tra i flutti, alla deriva, in un mare immoto.     

Hasta la manta siempre, comandante Linus

lsb_linus8In conclusione, potrebbe offendersi l’autore se dico che il suo è un volume di parte? “Di parte” nel senso che Interdonato riesce a entrare così in profondità nei significati delle vicende raccontate quasi vi avesse preso parte in prima persona. Come se lui stesso fosse stato lì in quegli anni, in via Verdi, tra gli scaffali di Milano Libri, seduto sul divano tra Copi e Gandini, o magari in piedi alle spalle di Franco Cavallone e Umberto Eco, intenti a spulciare le ultime strisce dei Peanuts spedite dall’America.

E se non è merito dell’anagrafe o della macchina del tempo di Wells, cosa rende allora tanto intenso il racconto di  380 vivissime pagine? Probabilmente (azzardo), il fatto che quel prendere parte alle vicende di Linus, voglia dire per Interdonato riconoscersi parte, prima ancora che di un prodotto editoriale, di un orizzonte culturale: di un certo modo di intendere il fumetto, la conoscenza, la vita.

Perché sì il mondo è cambiato dal 1965 a oggi , eccome se è cambiato. Ma, nonostante tutto, la sfida culturale lanciata da Giovanni Gandini & co resta d’attualità per chi ami questo medium, al di là degli steccati di genere, di formato, d’occasione. Quell’amore viscerale per vignette e racconti disegnati che Gandini e OdB stessi, varando cinquant’anni fa la rubrica L’enciclopedia del fumetto, descrivevano così:

  Può darsi che qualcuno tra i nostri ormai abituali censori si scandalizzi anche per questa iniziativa, e trovi una volta di più che prendiamo  troppo sul serio i fumetti. Auguriamo a costoro di non prendersela troppo. Altrimenti finiremo per provare dei rimorsi di coscienza: come loro soffrono tanto, mentre noi redattori e lettori di “Linus” ci stiamo invece divertendo.    

Ecco, credo che Paolo Interdonato, come critico, senta suo questo approccio e questo divertimento e, a leggere il suo  bel saggio, viene inequivocabilmente voglia, da lettori e da aficionados, di farne parte anche noi.

Abbiamo parlato di:
Linus. Storia di una rivoluzione nata per gioco
Paolo Interdonato
Rizzoli, 2015
384 pagine, rilegato,  € 17,00
ISBN: 978-8817080408

 

 

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