“L’Esiliato”: un western nelle terre del ghiaccio

“L’Esiliato”: un western nelle terre del ghiaccio

L’opera di Erik Kriek è un concentrato dei temi cari alle saghe vichinghe nella speranza di dar nuova linfa a un genere fin troppo trascurato.

1Nelle interviste rilasciate per il lancio de L’Esiliato Erik Kriek, interpellato sulle ragioni che lo hanno portato a scegliere una storia di vichinghi come tema della sua ultima opera, ha sollevato una questione assai condivisibile: nonostante quella nordica sia una civiltà dalla cultura antichissima e dalla mitologia ricchissima ha ricevuto ben poca considerazione in ambito graphic novel, specialmente in Europa. Eppure, come Stan Lee ci ha insegnato, ce ne sarebbe di materiale da cui pescare (il suo Thor è ispirato proprio all’omonima divinità della mitologia norrena).

Bisognava che qualcuno ponesse rimedio ad un simile, immotivato, disinteresse e chi meglio di  Kriek, che con quella cultura ha un legame di sangue: nato in Olanda ha origini finlandesi da parte di madre. Ma l’interesse dell’autore, che pure si esprime in un contesto di fiction, è stato anche quello di provare a restituire, il più fedelmente possibile, la realtà della vita in quella terra (l’Islanda) in quel preciso periodo storico (seconda metà del decimo secolo). Un’immagine dunque che rifuggisse da qualsiasi stereotipo alimentato da una cultura popolare che ha sempre visto nel vichingo un barbaro agghindato di elmo con le corna e interessato solamente a bere. Va quindi dato merito all’autore di essersi documentato attingendo alla vasta mole di opere che la letteratura norrena ci ha tramandato per restituirci un ritratto quanto più veritiero della quotidianità di quel popolo.

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Che poi, leggendo le saghe vichinghe si notino nell’intreccio analogie con l’epopea western (che alle aride e brulle praterie vede sostituirsi le terre del ghiaccio islandesi) fa capire l’importanza del ruolo giocato da queste nella genesi e sviluppo di un genere che ha fatto la storia della letteratura e del cinema dell’ultimo secolo. L’Esiliato non fa eccezione: come in un western il protagonista è un fuorilegge1, Hallstein Thordsson ha infatti passato sette anni in esilio per l’omicidio del suo amico d’infanzia,  Hrafn Ragnarsson. Come in un western lo snodo cruciale del racconto è rappresentato da un duello/resa dei conti2, in questo caso con Einar Ragnarsson, il fratello di Hrafn.

Ma le similitudini non si riducono allo schema narrativo, e coinvolgono anche l’ambientazione. Sia le saghe vichinghe che i western si svolgono in società di coloni in cui la popolazione vive perlopiù in fattorie isolate (l’Islanda è rimasta disabitata fino alla fine del nono secolo e il periodo che va dall’874 al 930 D.C. è infatti chiamato “Epoca della colonizzazione”). E anche l’autorità, quando presente, non è in grado di offrire alcuna tutela in una società in cui ognuno è tenuto a badare a se stesso. Una condizione che ne L’Esiliato è rappresentata dalla figura della madre del protagonista, la vedova Solveig, costretta a difendere la sua proprietà in una società prepotentemente maschilista.

Se dunque un appunto può essere fatto all’opera di Kriek, è quello di aver percorso sentieri già battuti non avendo saputo associare al ricercato realismo dell’ambientazione un approccio originale e più coraggioso nello sviluppo della trama. E se il desiderio di redenzione del protagonista, che vorrebbe spezzare il circolo vizioso fatto di odio e vendetta per concedersi la serenità di una vita tranquilla, è l’elemento di rottura con l’archetipo comunemente accettato del guerriero vichingo, bisogna ricordare che prima di Kriek già Makoto Yukimura, nella pregevole serie manga Vinland Saga, aveva previsto lo stesso destino per il suo protagonista Thorfinn (il manga è tutt’ora in corso di pubblicazione). Oltre a ciò, la pubblicazione de L’Esiliato succede al film di Robert Eggers The Northman, di cui risulta appendice cartacea e, se vogliamo, operazione simile nell’intento. Ma, a differenza del film l’opera di Kriek non rinuncia del tutto a una visione razionalista, da narratore esterno, per assecondare pretese storicistiche che vanno però a discapito del coinvolgimento del lettore. Quello vichingo è un mondo che per essere raccontato necessita di un narrazione che assuma un punto di vista interno alla storia, che viva quei miti e parli quella lingua senza limitarsi a raccontarli ma provando a farli rivivere. A noi è richiesto solo di sospendere l’incredulità così da poter abbracciare un’esperienza che ricorre alla magia per parlare alla nostra natura più primitiva (qui Eggers aveva colto nel segno).

3Ciò che invece costituisce un indiscutibile punto di forza dell’opera dell’artista olandese sono le bellissime tavole i cui disegni, suggestivi nel loro tricromatismo che gioca su differenze di tono, evocano nella scelta di colori freddi il gelo di terre inospitali. Le incursioni del rosso sono ad accompagnare le tavole più allegoriche, quelle che rievocano fatti di sangue, squarci di violenza che tormentano per mezzo dei ricordi il presente del protagonista (qui, se vogliamo, il richiamo è cinefilo ed è alla pellicola di Nicolas Winding RefnValhalla Rising, in cui il rosso accompagnava delle stranianti sequenze dai toni lisergici).
Il tratto è quello a cui Kriek ci ha abituati, morbido e pennellato con una composizione perfettamente bilanciata tra luci e ombre la cui netta separazione da rilievo e corpo a tavole di notevole impatto visivo. L’impressione è quella di un autore che, cresciuto seguendo le orme di artisti della scena underground olandese quali Peter Pontiac e Peter Van Dongen, sta via via affinando il suo stile avvicinandosi al gusto grafico dei grandi fumettisti americani (Daniel Clowes e Charles Burns su tutti).

Va infine dato merito all’autore di essersi saputo tenere in disparte evitando, per mezzo dei suoi personaggi, di impartire lezioni di moralità. Perché quello dei Vichinghi era un mondo in cui non esisteva il concetto moderno di giustizia, così come non esistevano buoni o cattivi, quantomeno non nel senso cristiano in cui li intendiamo. Si tratta in fondo di una società pagana in cui l’uomo, che torna ad essere figura complessa e sfaccettata, è chiamato ad accettare un destino immutabile perché decretato dalle Dee del destino, le Norne3. Le sole divinità a poter aspirare all’eterno insieme al fato di cui intessono i fili.
Non ci resta che attendere fiduciosi, sperando L’Esiliato non resti un’eccezione in Europa, ma il primo esempio di un nuovo genere di graphic novel il cui nome è presto detto (o per meglio dire “scolpito in rune”): Northern.

Abbiamo parlato di:
L’Esiliato
Erik Kriek
Traduzione di Fay R. Ledvinka
Eris Edizioni, novembre 2022
192 pagine, brossurato, colori – 27,00 €
ISBN: 9791280495280


  1. Vedi la Saga di Grettir Ásmundarson in cui Grettir, il protagonista, viene dichiarato fuorilegge dopo aver dato alle fiamme un edificio uccidendo diverse persone. 

  2. Vedi la Gunnlaugs saga, i cui protagonisti sono due poeti: Hrafn (nome ripreso, non a caso, da Kriek) e Gunnlaugr che si contendono la mano di Helga. La saga si conclude appunto con il duello tra i due e la morte di Hrafn. 

  3. Divinità della mitologia nordica, vivono nei pressi della fonte di Urðarbrunnr dove tessono i fili del destino dei mortali. 

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