Le Bestie in fuga di Daniele Kong, tra passioni personali e mutamenti sociali

Le Bestie in fuga di Daniele Kong, tra passioni personali e mutamenti sociali

Al suo esordio, Daniele Kong realizza un fumetto che torna agli anni Cinquanta per darci uno sguardo vivido e intenso del nostro passato recente.
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Ci sono storie che, un po’ come la musica, invitano a chiedersi quale sia stato il processo che ha portato a qualcosa di così coerente attraverso una serie di scelte tanto diverse: la melodia e il suo sviluppo, l’inserimento di un nuovo strumento (o di un personaggio) e la scelta della sua voce; l’accordare testo e note, scegliere quando e come mettere la parola fine. Bestie in fuga, l’esordio di Daniele Kong uscito a ottobre 2024 per Coconino Press, è un fumetto che pone questo tipo di domande, oltre a essere (o forse proprio perché è) un’opera decisamente musicale. E non mi riferisco tanto alla scelta dell’autore di mettere qua e là una canzone che faccia da colonna sonora a una certa scena. Anzi, questo è uno dei pochi aspetti che stona in un lavoro che, per il resto, brilla come uno dei fumetti italiani meglio riusciti degli ultimi anni. No, Bestie in fuga è un fumetto musicale perché nasce da un’orchestra di personaggi, di ambientazioni e di trame che l’autore dirige in maniera sorprendente, dando vita a una storia complessa e vitale.

Ci troviamo sull’isola di Dieci, un luogo d’invenzione nel Mar Tirreno, e siamo negli anni Cinquanta, pochi, essenziali, momenti prima dell’arrivo del boom economico. In questa piccola comunità di pescatori, due orfani cercano di capire cosa possono desiderare dalla vita, una proprietaria terriera in disgrazia cerca riscatto e un ricco imprenditore vuole portare la modernità sull’isola. Finché, da Roma, arriva una troupe cinematografica per girare un film, guidata da un regista decaduto, uno degli ultimi esponenti del neorealismo, il quale porta con sé la figlia Claretta. Fino a qui, verrebbe da dire che il copione pare già scritto: i nuovi arrivati gettano scompiglio nel fragile equilibrio dell’isola, basato su riti, credenze e tradizioni, e la figlia del regista porta scompiglio nelle vite dei due orfani. Ma quello che poteva essere l’ennesimo racconto di formazione ambientato in provincia diventa la Storia di un Paese, il racconto di un momento che, nelle sue tensioni, ha dato il “La” alle contraddizioni che abitiamo oggi.

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Daniele Kong racconta l’istante in cui si impone un modo di vivere e di pensare che diventerà presto naturale, venduto come l’unico stile di vita possibile, e lo fa senza retorica o didascalismo. Per riuscirci, ha realizzato un romanzo a fumetti corale di seicento pagine, con stratificazioni e sottotrame che rendono impossibile ridurre Bestie in fuga a un significato o tantomeno a una morale. Certo, l’autore ha ben chiaro cosa vuole raccontare, ma lo fa mettendo in primo piano le complessità, le diverse prospettive e i punti di vista. A questo scopo, utilizza un disegno asciutto e lavora tanto sui personaggi e sul ritmo, due aspetti arricchiti dalla scelta di usare il dialetto per i dialoghi, sempre comprensibili e, anzi, capaci di dare alle scene una sintesi decisamente realistica.

Bestie in fuga eredita molto dalla stagione del neorealismo italiano, ma lo adatta al fumetto e ai giorni nostri, filtrandolo attraverso il diario di uno dei protagonisti, Franco, che con la sua voce genuina, poetica e a tratti ingenua ci accompagna nel suo affacciarsi alla contemporaneità. In questi equilibri fragilissimi tra voce narrante e personaggi, tra racconto delle intimità dei protagonisti e della Storia, stupisce un finale che ha invece il sapore amaro del postmodernismo, con la sua ambiguità tra reale e immaginario che (come la poetica postmodernista vuole) sa un po’ di già visto. È una sorpresa amara carica di significati perché, pur nelle sue tragedie, il mondo raccontato da Bestie in fuga è vivido, passionale, fatto di piccoli gesti reali (“a Dieci le questioni si risolvono con un’alzata di sopracciglio”), di riti che hanno ancora un valore (e che hanno a che vedere con il sacro, ma non necessariamente con il religioso), e soprattutto di comunità, mentre nella contemporaneità tanta di questa complessità si perde dietro a desideri che non si sapeva di avere. “Avevamo solo fame”, dice un personaggio in una delle scene più intense del fumetto: e non c’è tragedia più grande del tradire questa fame per qualcosa che non sazia.

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Bestie in fuga è l’esordio di un autore già consapevole non solo dello strumento che sta usando, ma di tutta l’orchestra che vi gravita attorno, una consapevolezza che emerge sì dalle scelte narrative, di impaginazione e di disegno, ma anche dalla naturalezza con cui padroneggia altri linguaggi all’interno del fumetto, come la prosa o il cinema. Stupisce un po’, in effetti, che Daniele Kong sia di formazione architetto, anche se questo pare sia un trend in casa Coconino, dove gli autori che vengono dall’architettura sono sempre più numerosi. E se questo è il genere di opere che realizzano, non resta che augurarci che sia una tendenza duratura.

Abbiamo parlato di:
Bestie in fuga
Daniele Kong
Coconino Press, 2024
600 pagine, brossurato, bianco e nero – 25,00 €
ISBN: 9788876187513

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