Un labirinto di nome Sharaz-De: l’arte di Sergio Toppi (1° parte)

Un labirinto di nome Sharaz-De: l’arte di Sergio Toppi (1° parte)

“Le mille e una notte” di Sergio Toppi: un labirinto di arte e sensi dispiegato pagina dopo pagina in un racconto senza tempo.

Un labirinto è un edificio costruito per confondere gli uomini; la sua architettura, ricca di simmetrie, è subordinata a tale fine.

Racconta lo scrittore Jorge Luis Borges ne L'immortale e le sue parole, per quanto dedicate a un luogo immaginario, sembrano adattarsi perfettamente al fascino che il lettore prova, ancora prima di leggere, semplicemente sfogliando le pagine di un fumetto come Sharaz-De.

Le tavole di rifuggono dalle convenzioni fumettistiche di balloon e vignette: ogni pagina costituisce una sfida alle consuetudini dei linguaggio del fumetto. Il suo adattamento, con una cornice e le storie dai contorni spazio-temporali imprecisati, sviluppa un tono onirico che si riverbera sia nella storia dell'astuta schiava sia nei racconti che ella narra ogni sera al re Shahrīyār.
Questi ultimi paiono nascere proprio come miraggi, elementi narrativi che emergono dalle nebbie del tempo e vi ritornano al momento della loro conclusione. Visivamente, le immagini del fumettista milanese prendono forma e si sciolgono in un flusso continuo di composizione e scomposizione, di armoniosi contrasti e raffinate simmetrie.

Toppi Sharaz-De
La raccolta orientale, con il suo carico di poetico esotismo e impalpabile magia (almeno dal punto di vista occidentale), si sviluppa sul filo sottile che separa la storia antica dalla finzione fiabesca, così come le pagine di Toppi fondono in una perfetta soluzione di continuità elementi visivi che appartengono alla narrazione ed elementi geometrici e astratti. Le forme della storia e della realtà (uomini, animali, architetture e spazi naturali) sono insomma completate da una moltitudine di segni ornamentali (linee, trattini, arabeschi, ecc.) che muovono, riempiono, complicano il tessuto grafico-narrativo, lo sospendono in una dimensione incantata al limite dell'imperscrutabilità.

Spesso le architetture grafiche risultano talmente ardite, l'ordito dei segni tanto complesso al primo sguardo, che il lettore sembra condannato a perdersi al loro interno, proprio come accade al visitatore nel labirinto.
Anche se ricorrere alla metafora del labirinto per descrivere l'esperienza di fruizione di un testo estetico – in questo caso un fumetto – non è un'operazione del tutto originale, ci sembra una suggestione adatta a rendere conto di quel (piacevole) senso di smarrimento che si prova a leggere l'opera di Sergio Toppi.

Tra Sharaz-De e Arianna: pagina dopo pagina

I racconti della schiava Sharaz-De al suo re, tradotti in emozioni disegnate dallo stile inconfondibile dell'autore, ci catapultano in un universo narrativo dotato di leggi visuali proprie, abitato da volumi neri che si affastellano sul bianco della pagina, in maniera via via differente.
E, proprio mentre siamo lì in cerca di significato, ci accorgiamo che esso si sta dispiegando davanti a noi, come un filo d'Arianna nero in un labirinto bianco. Accade nel momento in cui le forme, che credevamo in disordine, si rivelano solidali le une con le altre (il bianco con il nero, il vuoto con il pieno, il segno e la parola…), offrendoci perfette traiettorie figurative. Basta seguirle, ricomporle nell'impatto dei volumi e dei corpi, per essere accolti da personaggi colossali, luoghi fantastici, tempi mitici.

Sheraz-De Toppi
Sharaz-De, p.19

Se da un lato, rinunciando spesso alla divisione in vignette, Toppi nega a chi legge la rassicurante logica planare del fumetto tradizionale (la striscia, la sequenza, etc.), dall'altro conforta le certezze di qualsiasi lettore occidentale, laddove il racconto, all'interno della tavola, si sviluppa comunque con un inizio posto in alto a sinistra, per poi procedere verticalmente o diagonalmente, a seconda dei casi, verso il basso.
Tutto ciò non deve tuttavia far pensare che l'organizzazione della pagina non segua le regole del linguaggio fumettistico, anzi Toppi dimostra di avere completa padronanza del materiale che plasma. È proprio l'organizzazione della pagina a essere il “filo di Arianna” proposto al lettore per ricostruire i significati del racconto.

La modalità organizzativa dominante in Sharaz-De è sicuramente il layout “poster”1, che si manifesta ogniqualvolta la tavola tende a essere percepita come un'unica immagine. A sua volta, il layout “poster” si può categorizzare in tavole con o senza vignette.

Prendiamo ad esempio pagina 19.2
La tavola si sviluppa sia in direzione orizzontale, su tre strisce (il castello e il cavallo; un muro di cinta o un bosco; una vignetta nera), sia in direzione verticale (i due personaggi centrali; il pugnale), ma l'occhio del lettore non percepisce questi momenti separatamente, bensì come un unicum. Solo una volta affrontata la lettura dei balloon e delle didascalie, la sequenza temporale e causale diventa chiara e la lettura può dunque ripetersi secondo uno schema standard di alto-sinistra/basso-destra (torneremo più avanti sul ruolo della componente verbale nel racconto).

Sharaz-de Toppi
Sharaz-de, p.29

Nel layout “poster” con vignette, una tecnica che Toppi mostra di padroneggiare è l'incrustation (Groensteen, p.100), che proprio come nell'italiano “incrostazione” va a indicare la stratificazione di vignette. Nella pagina precedentemente analizzata, la vignetta nera in basso rappresenta il primo strato, al quale si sovrappone l'immagine dei due uomini, a loro volta “incrostati” dall'immagine del pugnale.

Tipicamente, l'incrustation toppiana prevede un'immagine di sfondo e la sovrapposizione di vignette di varie dimensioni sulla parte rimasta bianca, come succede a pagina 114, che analizzeremo in seguito.
A pagina 29 abbiamo invece un esempio di layout “poster” senza vignette: le “donne che l'età poneva al sicuro” sono rappresentate con un movimento fluido, senza precise scansioni spaziali.
Se nelle tavole con vignette il tempo, pur imprecisato, scorre in avanti, in queste ultime sembra quasi soffermarsi, decelerare quasi fino a fermarsi, ma senza fermarsi davvero.3

Ai confini del labirinto, ai margini delle vignette

Abbiamo detto che il layout “poster” è la modalità organizzativa principale, tuttavia Toppi non disdegna layout più semplici, dove le vignette possano creare una sorta di griglia. La pagina 18 (la seconda della cornice) si presenta divisa equamente in due strisce orizzontali, la superiore corrispondente a una singola vignetta, l'inferiore divisa in due vignette di diverse dimensioni.

Sharaz-De Toppi
Sharaz-De, p.18

Qui un primo elemento di interesse, tipico di Toppi, è la porosità dei margini della vignetta: i suoi personaggi li trascendono continuamente, rendendo le tavole vibranti di vita e quasi tridimensionali.

Un secondo elemento, forse non immediatamente percepibile ma segno di grande maestria, è la varietà di inquadrature utilizzate. Nella vignetta superiore, per esempio, la mezza figura di Shahriyar ha un taglio frontale, nella vignetta in basso a sinistra la figura intera dell'intendente è inquadrata obliquamente dall'alto e nella vignetta in basso a destra il re Shahzaman è ripreso con un primo piano, un semi-frontale dal basso.

Ma l'analisi non può fermarsi semplicemente al riconoscimento di uno stilema. Se infatti considerassimo questi “movimenti di macchina” un puro virtuosismo formale, sminuiremmo il lavoro dell'artista. Toppi, nonostante la sua raffinatissima arte grafica, è un fumettista esperto, che del medium conosce alla perfezione ogni aspetto, e sa coordinare la narrazione testuale e quella visiva.
La prima didascalia recita:

“Shahriyar” era il nome di uno di essi, assai valoroso e di fiero carattere”.

Essendo una narrazione a focalizzazione zero, l'autore utilizza l'inquadratura più neutra o normale possibile, l'oggettiva orizzontale (Barbieri 1991, p.135), che possiamo definire anche frontale. Quando, però, si entra nel dialogo tra un superiore (il re) e un suo sottomesso (l'intendente), la differente angolazione delle vignette provvede a un surplus di significato: la perentorietà della decisione del re sovrasta i possibili consigli dell'intendente, che viene guardato letteralmente dall'alto in basso. All'artigiano del fumetto non servono ulteriori spiegazioni, perché l'organizzazione interna di ogni singola vignetta e la loro successiva messa in sequenza sono motivate da precise scelte narrative.

La pagina, unità del racconto

La simbiosi tra narrazione testuale e grafica è evidente anche a pagina 114, dove Toppi sceglie di utilizzare tre vignette che si sviluppano in verticale per la rappresentazione di un “gigante smisurato”.

Toppi Sharaz-De
Sharaz-De, p.114

Nella pagina precedente, il protagonista ha scambiato l'elmo di rame per una cupola, e solo in seguito, pian piano, si rende conto di essere di fronte a un gigante. Quest'esperienza di graduale agnizione è integrata dalla successione di vignette che, zoomando all'indietro sul corpo del gigante di rame (dal primo piano alla figura intera) e adottando una soggettiva dal basso (in relazione con l'immagine piccola e “sfuocata” del protagonista), ne accentuano l'imponenza e simultaneamente forniscono un senso di paura e timore, ribadito poi nella didascalia (“tremavo come una foglia di fronte a quella spaventosa apparizione…”).

La tavola, all'apparenza molto semplice nella sua organizzazione interna, si dimostra così frutto di uno studio approfondito sugli effetti delle inquadrature e delle angolazioni e, non da ultimo, anche del montaggio. Se andiamo a riguardare le tre vignette, ci rendiamo infatti conto di una certa fluidità di forme che sembrano scorrere da una vignetta all'altra. È questo il risultato dell'utilizzo di una sequenza “panoramica continua”.

Si ha una sequenza del genere quando un personaggio si muove tra vignette, apparendo così in ognuna di esse, mentre lo spazio narrativo intorno si sviluppa come un'unica immagine, ignorando gli spazi bianchi di divisione.
Tornando alla nostra tavola, possiamo vedere come la rupe che nasconde il gigante si sviluppi in modo continuo, come se i margini fossero inesistenti, mentre il personaggio si rivela gradualmente, imponendo all'inquadratura di zoomare all'indietro muovendosi verso destra.

Questa fusione di stasi e moto è proprio ciò che permette a Toppi di sopperire a movimento e tridimensionalità in un medium “fisso” come il fumetto, non solo prendendo in prestito tecniche cinematografiche – tipicamente angolazioni e inquadrature – ma applicando forme che solo esso ha. Toppi, insomma, sfrutta al meglio le possibilità offerte e pone l'attenzione sull'essenza stessa del medium, sulla sua capacità di sintesi degli opposti.

Il linguaggio fumettistico è, infatti, contemporaneamente lineare e simultaneo, scandito e unificato, fermo e in movimento, e attraverso le sue opere, di cui Sharaz-De rappresenta l'apice, l'autore fornisce a tutti, anche a distanza di quasi quarant'anni, una lectio magistralis su cosa significhi essere non un narratore, non un disegnatore, ma un fumettista.
Ma il nostro viaggio nel labirinto di Sharaz-De non è ancora finito. Grazie allo studio dei dispositivi con cui il racconto, inquadratura dopo inquadratura, pagina dopo pagina, “intrappola” il lettore, possiamo spingerci al livello successivo dell'analisi: capire come questi stratagemmi espressivi alimentino tensioni ed emozioni in chi legge.

Lo faremo nella seconda parte della nostra disamina.

Abbiamo parlato di:
Sharaz-De – Le mille e una notte

, 2017
272 pagine, cartonato, colori – 29,90€
ISBN: 9788888893860

Bibliografia
Assoc. Hamelin (a cura di). Sergio Toppi – il segno della storia. 2009.
Barbieri, Daniele. I linguaggi del Fumetto. Bompiani 1991.
Barbieri, Daniele. Il pensiero disegnato. 2010.
Calvino, Italo. Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio. 1988.
Dallavalle, Sara. “Esperienze grafiche di Dino Battaglia e Sergio Toppi
Groensteen, Thierry. Système de la bande dessinée. PUF, 1999.
Lo Bianco, Fabrizio. Sergio Toppi – nero su bianco con eccezioni. 2009.
Trucco, Daniele. “Verticalità diagonale: Sergio Toppi e il suo mondo senza tempo


  1. Molti dei termini tecnici sono tratti da List of Terms for Comics Studies” di Andrei Molotiu

  2. Per le pagine citate del racconto il riferimento è all'edizione NPE. 

  3. Esempi di incrustation si moltiplicano nel racconto “Ho atteso mille anni”, dove il colore rende chiaramente più facile distinguere i vari strati grafici. 

Clicca per commentare

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *