La prima mezza candelina si consuma per la nuova creatura creata da Roberto Recchioni e Lorenzo Bartoli sotto l’etichetta Eura Editoriale, coraggioso tentativo di crearsi posto in uno spazio, quello dell’edicola, dominato per i prodotti italiano quasi esclusivamente dalla Sergio Bonelli Editore. Una “sfida” ambiziosa che si avvale di un progetto e di un parco autori interessante e promettente.
Se dopo un primo numero pieno di grandi promesse abbiamo assistito a quattro numeri senza particolari note di merito, quasi a scivolare verso una specie di anonimato, tutte le potenzialità del progetto sbocciano questo sesto numero, che non solo scuote fortemente tutto il concetto della serie, ma denota la volontà di impostare una storia dai temi maturi, capaci di estendersi ben oltre le pagine del fumetto. Non a caso quelle affrontate sono tematiche su cui si basano concetti filosofici, ancora prima che libri, film o fumetti.
Che cos’è la nostra realtà? Viviamo veramente, o lo immaginiamo soltanto?
Quante parole e pensieri sono stati spesi dietro a questi irrisolvibili giochi di ipotesi? Possiamo citare dall’antica Grecia alle mega produzioni di Hollywood come Matrix o Vanilla Sky (guarda caso interpretato da Tom Cruise che a John Doe dona lineamenti e atteggiamenti da “giusto”), e adesso possiamo citare pure questa ultima uscita delle avventure dell’ex braccio destro della Morte, in fuga dai suoi vecchi principali interessati a riconquistare la falce del giudizio, potente artefatto trafugato per mandare a monte i loro loschi piani.
La scena si apre in un manicomio, dove troviamo un John Doe chiuso in una camicia di forza, mentre il mondo attorno a lui sembra non essere più quello che conosce e le persone sono diventate diverse. Mano a mano il passaggio continuo tra due realtà, una che lo vede internato e pazzo, l’altra quella vissuta fino al giorno prima, provoca in lui seri dubbi sulla propria identità. Chi è in realtà John? È più facile credere ad archetipi potentissimi che lavorano in enormi multinazionali, o ad una stanza imbottita ed una sala da elettroshock? Il protagonista dovrà fare una scelta, decidere di credere in una realtà o nell’altra, senza la vera controprova di quale sia quella giusta.
Con questo dubbio arriviamo alle ultime tre pagine, in un crescendo di tensione, e qui le carte si scoprono.
John Doe, su sfondo bianco come un palcoscenico, parla direttamente al lettore, le sue parole diventano apertamente quelle dei suoi autori. La sua è la dichiarazione esplicita di un contratto solitamente implicito e tacito tra lettore e autore: il contratto per cui chi legge si impegna a credere in quello che lo scrittore gli propone, a piegare la sua interpretazione della realtà nel momento in cui prende in mano il fumetto e fino alla sua chiusura.
Scelta coraggiosa, eccessiva ridondanza di un concetto già presente, sfoggio di stile, innovazione urlata nel fumetto popolare? Molte le interpretazioni che si possono dare e che sono state date, ma di certo saranno gli albi a venire a decretare la validità di questa scelta, in cui probabilmente saranno divulgate le clausole di questo contratto con il lettore che sarà redatto numero dopo numero.
Al successo dell’albo, scritto con uno stile asciutto, e ritmato in modo assolutamente avvincente e cinematografico come a richiamare le stesse citazioni in esso contenute – da segnalare assolutamente il monologo sull’Ultimo boyscout, film culto di Bruce Willis -, collabora in maniera determinante Andrea Accardi.
Il disegnatore si trova a suo agio in una storia dove i suoi tratti distorti e graffiati possono rappresentare perfettamente la follia e l’alienazione; libero in un qualche modo da certe necessità narrative delle opere precedenti, Accardi riesce a girare a suo favore i tempi sicuramente più stretti delle scadenze, esibendo un tratto nervoso e inquietante assolutamente efficace.
Abbiamo parlato di:
John Doe #6 – Nelle fauci della follia
Roberto Recchioni, Lorenzo Bartoli, Andrea Accardi
Eura Editoriale, novembre 2003
100 pagine, brossurato, bianco e nero – 2,40€