First Issue #54: lo Spidey della famiglia Abrams

First Issue #54: lo Spidey della famiglia Abrams

La Casa delle Idee presenta lo Spider-Man di J.J. Abrams & figlio, mentre in casa DC torna protagonista Wally West dopo gli eventi di “Heroes in crisis” e per l’etichetta Black Label arriva "Harleen", la storia delle origini di Harley Quinn firmata da Stjepan Šejić.

 Ogni mercoledì in USA esce quasi un centinaio di albi a fumetti, molti dei quali sono numeri di esordio di serie e miniserie, i first issue.
First Issue è la rubrica de Lo Spazio Bianco dedicata ai nuovi numeri uno in uscita negli States! In questo episodio #54 ci concentriamo sulle novità uscite mercoledì 18 e 25 settembre 2019.

Marvel Comics

Il debutto di un nome del calibro di J.J. Abrams nel mondo del fumetto arriva in compagnia del figlio Henry su un personaggio iconico come Spider-Man. L’albo d’esordio della miniserie viene analizzato da Ferdinando Maresca, new entry del gruppo dei True Believers che danno vita a questa rubrica.

Spider-Man #1

Ci sono luoghi nei quali le persone reali o i personaggi immaginari incontrano particolari snodi narrativi, capaci di imprimere alle loro vite improvvisi cambiamenti. Per Spider-Man il ponte di Brooklyn è forse il più importante di questi luoghi, palcoscenico sul quale nel 1973 Gerry Conway e John Romita Sr. misero in scena la morte di Gwen Stacey, evento principe e punto di svolta nella storia del fumetto americano.
J.J. Abrams e il figlio Henry – alla loro prima fumettistica – riconducono il tessiragnatele su quel ponte, costringendolo a confrontarsi con un nuovo evento traumatico, tema portante di questa nuova miniserie in cinque numeri. La storia, che si dipana in due tempi narrativi separati, muove dalle malefatte dal più recente acquisto della squadra dei villain del Ragno, Cadaverous per approdare poi, dodici anni nel futuro, a mostrare le conseguenze delle sue azioni funeste.
Collocato in quella che sembra a tutti gli effetti una linea temporale alternativa, il racconto assume presto le sembianze di un’analisi delle dinamiche familiari indagando la difficile relazione tra Peter Parker ed il figlio Ben. Padre fisicamente assente e mentalmente distante il primo e adolescente problematico il secondo, i due vivono i turbamenti, le turbolenze e la solitudine delle loro diverse età, negandosi aiuto e sostegno reciproco.
Gli Abrams imbastiscono un racconto che si dimostra riuscito e gradevole portando sulla scena emozioni non elaborate e rapporti conflittuali, ponendo in modo credibile le basi di una più compiuta caratterizzazione futura dei personaggi. Dietro l’angolo narrativo sembra poi far capolino un passaggio di consegne di poteri e responsabilità tra padre e figlio, qui nelle vesti di distratto mentore e rissoso allievo, tema che si preannuncia centrale per il prosieguo della storia.
Sotto l’aspetto grafico si segnala una buona prova di Sara Pichelli, impegnata in un interessante ricerca stilistica per giungere a una nuova definizione di Spider-Man. Uno studio che porta ad un buon bilanciamento tra l’iconografia classica e il suo ammodernamento, riuscendo nel contempo a garantire la resa emotiva ed emozionale dei personaggi coinvolti.
Piatti e di scarso personalità, invece, i colori scelti da Dave Stewart. Inadeguati a fungere da reale supporto alla caratterizzazione dei protagonisti, riescono ad appesantire una narrazione improntata all’introspezione.
L’esordio in casa Marvel degli Abrams, pur non portando particolari ventate di freschezza alla cinquantennale storia del nostro Uomo Ragno di quartiere, si dimostra riuscito e particolarmente interessante sotto l’aspetto simbolico. Una storia a fumetti che indaga la conflittualità dei rapporti familiari, con un occhio attento ai turbamenti e le paure delle nuove generazioni che affrontano dubbi e aspettative del futuro senza una giusta guida da parte degli adulti.

Di seguito, le copertine delle altre Marvel Comics.

DC Comics

Wally West, protagonista tre anni or sono del rilancio Rebirth della DC Comics, pareva avere compiuto la sua parabola narrativa con la conclusione di Heroes in Crisis di Tom King e Clay Mann.
Quell’omega esistenziale del personaggio è invece la leva su cui si innesta la nuova miniserie dedicata a uno dei Flash più amati e di cui ci parla Marco Marotta.

Flash Forward #1

Dalle pagine di Heroes in Crisis – come recita la didascalia sulla cover dell’albo – arriva una miniserie in sei numeri, scritta da Scott Lobdell e disegnata da Brett Booth (con chine di Norm Rampund), incentrata sul personaggio di Wally West e sul suo percorso di redenzione, dopo i tragici avvenimenti accorsi nell’opera di Tom King. Rispetto a quest’ultima, però, Flash Forward si caratterizza fin da subito come una storia supereroistica decisamente più canonica.
Le premesse narrative, col Flash dai capelli rossi costretto a sospendere la sua detenzione a Blackgate per cercare di sventare una catastrofe multiversale, appaiono piuttosto generiche e per certi versi ridondanti. Anche per quanto riguarda la caratterizzazione del protagonista siamo lontani da quelle perle di introspezione psicologica che Heroes in Crisis è stato in grado di offrire. Nonostante questo, comunque, Flash Forward è lungi dall’essere una lettura sgradevole.
Per quanto banale, l’intreccio è comunque scandito da un ritmo sufficientemente dinamico e offre spunti potenzialmente intriganti per il dipanarsi degli avvenimenti. Inoltre, sebbene l’approfondimento psicologico si mantenga sempre su un livello tutto sommato superficiale, l’autore riesce a delineare il bagaglio emotivo che Wally si porta appresso. Disperazione e perdita di speranza ma anche di desiderio di rivalsaespressi in maniera efficace che favoriscono l’empatia del lettore nei suoi confronti.
I disegni di Booth sono contraddistinti da un tratto volumetrico e dettagliato, che sfiora a tratti l’ipertrofia nella rappresentazione di certe anatomie, e che trova i suoi maggiori punti di forza nella buona espressività dei personaggi e in una gestione chiara e attenta delle sequenze più movimentate. Infine, la colorazione di Luis Guerrero, bigia e malinconica, ben si adatta al mood generale della storia.

Per l’etichetta “adulta” Black Label arriva Harleen, opera prima da autore unico di Stjepan Šejić, esploso sulle pagine di Aquaman come disegnatore. Ha letto per noi il primo numero Federico Beghin.

Harleen #1

Incubi, una conferenza, colloqui di lavoro, un combattimento, un incontro che cambia la vita: Stjepan Šejić, in veste di autore completo, racconta una caduta all’inferno nella nuova miniserie lanciata dall’etichetta Black Label.
Prima di Harley Quinn c’era Harleen Quinzel, psichiatra esperta di psicologia criminale poco avvezza a sotterfugi per raggiungere il proprio scopo, donna che ha spesso avuto a che fare con uomini che le mettevano i bastoni tra le ruote e che ha avuto difficoltà a stringere rapporti sentimentali positivi e duraturi. Mentre la griglia va in frantumi come le menti di Harley e del Joker, il primo numero over-sized di Harleen cerca di ricomporre l’infranto, ritraendo nitidamente la protagonista, senza prescindere dalla presenza del principe pagliaccio del crimine, tanto mutevole quanto le sue origini, anche in quest’albo raccontate con continue modifiche in itinere, come da tradizione.
Sebbene il re e la regina di Gotham – come li definisce Amanda Waller nel film Suicide Squad – non abbiano i volti di Jared Leto e di Margot Robbie, nelle prime pagine del fumetto si trova una citazione della pellicola diretta da David Ayer, della quale i tre capitoli della nostra serie potrebbero essere un ideale approfondimento, a cui si sommano richiami a Joker di Brian Azzarello e a The dark knight di Christopher Nolan.
Con l’andare della vicenda l’ossessione di Harleen nei confronti di Mr. J prende il sopravvento, mentre resta costante l’abbondanza di testo presente nelle tavole: più che nelle didascalie, nelle quali la dottoressa Quinzel cerca di analizzare la situazione, le parole si addensano nei balloon di dialogo e nei monologhi, rischiando di scoraggiare un lettore occasionale che si avvicini al volumetto invogliato dal fascino magnetico dei due personaggi principali. Proprio il magnetismo che le azioni del criminale emanano rapisce Harley e la costringe a tenere gli occhi fissi sulla battaglia tra Batman e il suo arcinemico. La sequenza con i due archetipi in lotta, avvolti in una nebbia che torna più volte nella storia, conferendole una patina onirica e metafisica, costituisce l’unico vero momento d’azione di un racconto in cui comunque non manca la tensione.
Anche nelle scene più ordinarie Šejić, che quasi si avvicina alle altissime performance offerte per l’Aquaman di Dan Abnett, si diverte a giocare con la gabbia, passando con disinvoltura da inquadrature verticali strette ad altre orizzontali, inserendo ben trenta riquadri che ripercorrono la vita di Harley in una pagina e dodici vignette piccole nella bocca del Joker che ne delinea il contorno in un’altra.
Se per l’estetica il clown sembra meno mostruoso del solito, la sua psiche appare pronta a dischiudersi pericolosamente davanti alla sua nuova psichiatra, come l’autore fa intendere al lettore nel finale. Se mantiene le promesse, Harleen potrebbe segnare una tappa fondamentale nel tortuoso percorso della donna e del suo controverso amante, come hanno fatto in passato Mad love di Paul Dini e Lovers & madmen di Michael Green.

Di seguito, le copertine delle altre novità DC.

Image Comics

Di seguito, le copertine delle novità Image Comics.

Editori indie

Simone Rastelli ci parla della nuova serie della Aftershock Comics, You are obsolete.

You are obsolete #1

Lyla Wylton è una giornalista investigativa, che è stata emarginata in seguito a una delle sue indagini. Trovare un lavoro è diventato difficile e per questo accetta una proposta che la conduce in una piccola isola del Mar Baltico. Qui – il lettore lo sa dalle prime tavole – tutto è gestito dai bambini, che eliminano gli adulti al compimento del quarantesimo compleanno.
Questo il contesto messo in scena nel primo numero di You are Obsolete, serie firmata da Mathew Klickstein (creatore e autore dei testi), Evgeniy Borniakov (disegni) e Lauren Affe (colori). Il racconto è strutturato come un lungo flashback, con Lyla voce narrante: seguiamo la protagonista nelle strade vuote e negli ambienti desolati dell’isola di Muhu, attraverso il cimitero dove molte sepolture sono in corso, e con lei vediamo negli occhi degli adulti il terrore nei confronti dei bambini, che tutto muovono e tutto sanno.
Interni scarni, esterni spopolati, colori freddi, sguardi spaventati, in alcuni dei quali vediamo ombre di follia: questi gli elementi che creano l’atmosfera del racconto, più ancora delle parole, in particolare del continuo flusso testuale costituito dalle memorie di Lyla. In contrasto  con le parole, le immagini restituiscono spazi e luoghi oppressi dal silenzio, che interpretiamo subito come il silenzio della paura: da qui la tensione narrativa, che tuttavia sconta, anche dal punto di vista delle aspettative, il peso di un ovvio riferimento.
Fin dalla prima immagine è infatti inevitabile collegare You are obsolete a Il villaggio dei dannati, diretto da Wolf Rilla (1960) – ispirato al romanzo I figli dell’invasione di John Wyndham (1957) – di cui John Carpenter diresse il remake nel 1995. Wyndham aveva messo in scena nella piccola città di Huting il timore dell’invasione dall’interno, tipica paranoia della guerra fredda. Distaccandoci da quell’immaginario, resta la potente suggestione portata dall’idea di metafora di conflitto intergenerazionale e il senso di claustrofobia e pericolo costante trasmesso dal racconto.

Federico Beghin si occupa invece di una novità targata Dark Horse Comics, Steeple.

Steeple #1

Un reverendo e la sua perpetua hanno un disperato bisogno di aiuto e chiedono rinforzi alla diocesi, che invia loro Billie Baker, una ragazza pronta ad andare incontro ai guai, malgrado tutte le persone in cui si imbatte cerchino di dissuaderla: Tredregyn è un luogo pericoloso.
Folklore e superstizione o realtà? Inizia con questo dubbio Steeple, nuovo fumetto sceneggiato e disegnato da John Allison, l’autore di Giant Days, e colorato da Sarah Stern.
Più che per la componente soprannaturale, che si rende più esplicita con lo sviluppo della trama, questo albo d’esordio si mette in luce per le riuscite interazioni tra i personaggi. Infatti, anche se questi inizialmente sembrano rispecchiare alcuni stereotipi così come i pregiudizi che circondano Billie – ritenuta non adatta per combattere il male nella cittadina perché femmina e poco prestante –  e appaiono un elemento narrativo non originale seppur tristemente verosimile, a fine lettura subentra la sensazione che siano già in evoluzione e che, quindi, non siano piatti ma dinamici.
A infondere nel racconto questa impressione di movimento concorrono anche i dialoghi rapidi, fatti di botta e risposta concisi ed efficaci, che ben si attagliano a una situazione complessa, pronta a peggiorare da un momento all’altro, come accade in questo primo numero, in cui non manca una sequenza d’azione.
Anche quando l’atmosfera diventa più pesante, il tratto di Allison si mantiene cartoonesco e deformato, come se l’autore volesse comunicare la necessità di non perdere di vista la componente più leggera e divertente della sua nuova serie, ben presente nelle gag e nelle battute tra la protagonista e la sua nuova amica Maggie, presumibilmente futuro ago della bilancia nella lotta tra Bene e Male a Tredregyn.
Organizzata prevalentemente su tre strisce, la gabbia accoglie un numero variabile di vignette e quello che l’autore ottiene è un risultato meno ripetitivo di quanto possa apparire a una prima sfogliata. Pur diversificando gli ambienti chiusi nei quali si incontrano i personaggi, per il momento la colorazione non si presenta come un valore aggiunto, ma lo potrebbe diventare qualora lo sceneggiatore decidesse di approfondire l’aspetto paranormale del fumetto.

Di seguito, le copertine delle altre novità degli editori indipendenti.

Wednesday Warriors

Nella puntata #42 di Wednesday Warriors su Dimensione Fumetto, tanto Andrea Gagliardi che Fabrizio Nocerino hanno analizzato Spider-Man #1.

Spider-Man #1

Lo Spider-Man della ditta Abrams/Abrams/Pichelli trova uno dei suoi punti di forza proprio nella sorpresa che il trio piazza nelle primissime pagine dell’albo e che andrà poi a condizionare tutto il resto della storia (motivo per cui questa recensione sarà quanto più vaga possibile sugli elementi dell’intreccio).
Va dato merito quindi ai responsabili della comunicazione e del marketing della Marvel capaci di “intorbidire le acque” senza dire nulla arrivando anche a pilotare una serie di rumor fuorvianti.
Ma questo punto di forza è allo stesso tempo la maggior debolezza dell’albo: una volta metabolizzato lo shock iniziale dell’intreccio resta ben poco.
Il villain di turno, oltre a sfoggiare il poco convincente nome di Cadaverous, ha uno spessore impalpabile e ha un che di “già visto” nelle pagine di Spider-Man, e gran parte della trama è incentrata sulla (ri?)narrazione di una “origin story” che non offre spunti degni di nota.
LEGGI LA RECENSIONE COMPLETA QUI

Per questa puntata è tutto. First Issue ritorna tra due settimane, con la puntata #55 il 16 ottobre 2019.
Stay tuned!

[Un ringraziamento al nostro Paolo Garrone, che cura la gallery delle cover su Facebook per ogni puntata di First Issue.]

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