Nel 2016 la casa editrice francese Glénat vara un’interessante iniziativa, dal sapore sperimentale e autoriale, che verte attorno al fumetto Disney. Si incaricano infatti alcuni nomi di spicco del fumetto francese di realizzare quattro volumi autoconclusivi con protagonisti Topolino, Paperino, Pippo e in generale gli standard characters disneyani.
L’approccio e il formato di queste opere sarebbe stato fedele a quello del mercato franco-belga, dal grande formato editoriale alla libertà creativa (al netto di una supervisione finale della Disney americana), e aveva lo scopo di mostrare un modo diverso di realizzare il fumetto Disney.
Disney in Francia
La realtà francofona non è mai stata indifferente nei confronti del fumetto Disney. Sia tramite la storica testata Le journal de Mickey (che prosegue ininterrottamente dal 1952) che attraverso altre riviste quali Mickey Parade Geant, i francesi hanno seguito sempre con un certo interesse la produzione a fumetti con Paperi e Topi, importando molto di quanto realizzato in Italia – come accade in tutto il resto del mondo – e in altri Paesi, ma vantando anche un significativo numero di autori autoctoni al lavoro su storie inedite. L’Inducks1 ne elenca un buon numero tra i quali spiccano Zack, Claude Marin e François Corteggiani, forse il più noto in Italia per la sua collaborazione con il nostro Giorgio Cavazzano, che l’ha portato a scrivere alcune storie di valore disegnate da lui e apparse anche sul Topolino nostrano (Paperino in: Il mondo perduto, Zio Paperone e il terzo Nilo).
Proprio Cavazzano, alla scorsa Lucca Comics, ricordava il suo periodo francese come felice e florido: un mercato in cui il fumetto, anche disneyano, aveva un riconoscimento e una retribuzione di ben altro calibro rispetto a quanto accadeva in Italia. Memorabili, in quel periodo, le copertine che il disegnatore veneto realizzava per gli albi locali, dedicate a storie importanti di Romano Scarpa che venivano riproposte in Francia.
Si trattava comunque di produzioni “fedeli alla linea”, che non apportavano nessun tipo di rivoluzione ma si ponevano nel solco di quanto realizzato anche altrove, con buoni risultati ma senza osare di più. In tal senso, quanto sta accadendo negli ultimi 6-7 anni sul Topolino italiano ha dimostrato maggior coraggio e valore.
L’iniziativa di Glénat, però, cambia le carte in tavola e, pur per un’occasione speciale e limitata, offre la possibilità di vedere l’interpretazione che alcune icone del fumetto francese danno a Mickey Mouse e compagni.
I primi due risultati sono Una misteriosa melodia (di Cosey) e Mickey’s craziest adventures di Lewis Trondheim e Nicolas Keramidas.
Le avventure più incredibili
Trondheim e Keramidas attuano un’operazione simpatica e divertente, per quanto non certo originale, che però mostra in sé anche alcuni limiti.
In una breve introduzione viene spiegato che i due autori avrebbero rintracciato in un mercatino delle pulci alcune vecchie copie della rivista Mickey’s quest, nella quale sarebbe stata serializzata al ritmo di una tavola a numero una lunga avventura di Topolino, considerata perduta fino ad oggi.
Inutile dire che non esiste nessun Mickey’s quest – i due autori si sono forse ispirati al Mickey Mouse Weekly inglese, che proponeva effettivamente le storie serializzate con quel ritmo – e che tale prologo non è altro che la spiegazione di quanto il lettore trova nel volume: una serie di tavole a fumetti non consequenziali, in cui vengono visualizzati spezzoni di una storia avventurosa e articolata.
Il lato negativo di questo gioco è che si rifiuta coscientemente di dare al lettore una storia fatta e finita, pubblicando solo dei flash di alcuni momenti e rinunciando quindi al piacere di creare una narrazione coerente.
Il dispiacere è ancora più grande quando comunque si intuiscano i contorni dell’avventura in questione, bene o male ricostruibili coprendo i buchi con dei raccordi mentali. La macrotrama delle “pazze avventure” è infatti interessante, e vede Topolino e Paperino alle prese con antiche civiltà sotterranee, spedizioni in foreste sperdute, viaggi nello spazio e sott’acqua, il tutto mentre sono all’inseguimento di Gambadilegno e delle Banda Bassotti, rei di aver appena derubato Paperon de’ Paperoni. Un pregevole caso di spunto narrativo che più banale non si potrebbe, salvato però da una costruzione fantasiosa e ricca di svolte.
Peccato che tale lavoro non venga portata a termine dallo sceneggiatore, lasciando così un senso di frustrazione a fine lettura.
Oltre alla ricchezza degli scenari presenti nel racconto, un altro elemento di rilievo è la freschezza della comicità, tanto verbale quanto visiva. Gli scambi di battute tra Topolino e Paperino, o tra Topolino e Minni, sono sempre vivi, ironici, taglienti: in una parola, molto più briosi e sopra le righe rispetto a quanto siamo abituati nelle storie italiane, avvicinandosi come stile alla scrittura del già citato Corteggiani.
Trondheim sa come muovere i personaggi, mixando i loro caratteri con una verve da strip comica che funziona molto bene, come normale per personaggi nati in contesti come i cortometraggi animati o le strisce autoconclusive. Questo genera un’ironia spesso di stampo nonsense, alcune volte paradossale, ma quasi sempre azzeccata e in grado di divertire genuinamente.
Ad accompagnare questo mood troviamo di disegni di Keramidas, il quale si presenta con uno stile certamente personale ma rispettoso dei personaggi che è chiamato a rappresentare. Del resto il disegnatore ha lavorato dal 1993 al 2002 come animatore presso la Walt Disney Animation France2, costruendosi quindi uno stile di matrice disneyana e un approccio al disegno decisamente dinamico.
Con un tratto a metà tra i fumetti della rivista americana Mad e alcune deformazioni cartoonesche, le vignette presentano un Mickey molto dinamico e molleggiato e un Donald invece più spigoloso, caratterizzato da linee nette e nervose.
Gli sfondi sono dettagliati e piacevolmente conformi allo stile disneyano, così come alcuni personaggi secondari: comprimari come Zio Paperone, Archimede e il Dottor Enigm, invece, ritrovano quella crasi tra l’approccio di Keramidas e il loro classico character design.
Altra caratteristica grafica interessante, volta sempre a mantenere l’illusione di star leggendo fumetti d’epoca, sono i retini, che conferiscono effettivamente un gusto retrò piuttosto piacevole e azzeccato. Anche le macchie che compaiono qua e là, a simulare pagine rovinate dal tempo, puntano allo stesso obiettivo.
Mickey’s craziest adventures è quindi un lavoro divertente e divertito da parte di due autori con la piena conoscenza del mezzo e del fumetto Disney: hanno ripreso alcuni approcci dei capisaldi dell’avventura disneyana e li hanno mixati insieme, iniettando una nutrita dose di comicità moderna realizzando una miscela pienamente riuscita. Se avessero applicato questo metodo al servizio di una storia unitaria, invece che a delle tavole scollegate, si sarebbe ottenuto un volume di impatto ancora maggiore, mentre quello che ci ritroviamo è alla fine un semplice (seppur valido) divertissement d’autore che omaggia la tradizione disneyana.
Abbiamo parlato di:
Mickey’s craziest adventures – Le avventure più incredibili
Lewis Trondheim, Nicolas Keramidas, Brigitte Findakly
Traduzione di AmarenaChicStudio
Giunti Editore, ottobre 2016
48 pagine, cartonato, colori – 19,90 €
ISBN: 9788852227219
L’indice mondiale di tutto quanto relativo ai fumetti Disney ↩
La succursale francese dei Walt Disney Animation Studios fondata dai fratelli Brizzi nel 1989, ora chiusa, dove sono stati realizzati diversi cortometraggi e varie parti dei lungometraggi animati della casa madre tra gli anni Novanta e la prima metà dei 2000. ↩