“Se entri, sarai Dio. Se esci, sarai Uomo.”
Tutto parte da una soglia, da una zona-limite oscura che connette realtà diverse. Condusse me, l’ultima raccolta firmata da Giulio Rincione per Shockdom, è un percorso complesso e profondo, un cammino accidentato che conserva l’ambizione di giungere, alla fine del viaggio, a una qualche forma di conoscenza.
Cucendo assieme le due storie Amor condusse noi e Storielline con un unico filo, l’autore palermitano sceglie di comporre un libro che parte da episodi lampo, da minimali schegge narrative, per mettere in campo alcuni dei più grandi temi dell’Essere, dello stare al mondo. Ci sono la Vita e la Morte, certo. Ma c’è anche il Tempo, la possibilità di superarne i vincoli, di approfondire la propria consapevolezza interiore e provare a oltrepassare il dolore e la perdita.
Un bambino si aggira in un bosco spettrale, trova un buco nel tronco di un albero e precipita in una stanza asfittica popolata da pochi, silenziosi oggetti (Il buco). Proseguendo la lettura si svelano una dopo l’altra quelle enigmatiche presenze nella stanza.
Ne Il tubicino torna lo stesso fanciullo, in una sorta di flashback onirico, per provare a liberarsi dalle pastoie del tempo e diventare un Dio; siamo catapultati poi in un appartamento di notte, a osservare da vicino un uomo che riscopre il valore della vita attraverso un piccolo fiore splendente che è nato sul suo terrazzo (Il fiorellino).
Ma l’assenza, il vuoto di una vita che manca, ritornano prepotenti un attimo dopo, in un terzo racconto breve, Il canarino, che completa la trilogia delle Storielline. Tutti questi diminutivi, questi suffissi -ino, sottintendono però qualcosa di profondo, parlano per contrasto del valore delle cose, dietro la loro insignificante apparenza.
L’intero fumetto di Rincione è infatti segnato da questa continua contrapposizione fra il troppo grande, l’indicibile, e il quotidiano, l’infinitamente piccolo. Anche quando cita esplicitamente fra le tavole il debito formale pagato verso altri grandi autori – da Egon Schiele a Dave McKean – l’autore prova a sottolinearne con modestia una distanza:
“Dove l’ho già visto/Era un fumetto/Kent Williams. Blood. Solo dipinto molto meglio di così.”
Pochi i balloon e i dialoghi fra le pagine di Condusse me. Tutti i testi sono scarni, brevi parole in didascalie scure che quasi calzano larghe per quello che contengono. Sono piuttosto brevi monologhi interiori, oppure è il narratore a saperne più dei personaggi e a pungolarli, a metterli davanti alle loro debolezze.
La frammentaria consequenzialità degli eventi, che si assume il rischio di perdere di vista il focus ultimo del libro, trova però pieno risalto nelle ottime – e diversissime fra loro – scelte grafiche. La pittura digitale – che già aveva segnato, fra gli altri, il riuscito Paperi, realizzato su testi del fratello Marco – crea in alcuni casi efficaci ambientazioni tetre, stanze disordinate in cui le mattonelle a scacchi dei pavimenti, liberate dalle regole prospettiche, sembrano scivolare inesorabili verso il basso; altrove l’acquerello stempera invece le forme, rendendole quasi eteree, fantasmatiche.
Ma non mancano tavole in cui il solo tratto espressivo e dinamico della penna spoglia gli ambienti, focalizzando l’attenzione sui volti, le silhouette dei corpi o pochissimi altri oggetti.
Profondamente consapevole delle potenzialità del mezzo, Giulio Rincione riprende dunque in mano alcuni frammenti del suo lavoro passato, riscoprendone un senso nascosto, una linea di continuità, celati dietro il livello esteriore delle apparenze.
Abbiamo parlato di:
Condusse me
Giulio Rincione
Shockdom, 2019
144 pagine, cartonato, colori – 25 €
ISBN: 9788893361583