Arriva alla seconda uscita Caput Mundi, miniserie nata da un’idea di Roberto Recchioni e realizzata per l’Editoriale Cosmo da validi talenti del fumetto italiano; il tutto nel tentativo di creare un universo condiviso fatto di mostri riveduti e corretti, atmosfere e ambientazioni italiane, sangue, violenza e orrore.
Tentativo che a vedere questo secondo numero sembra riuscito, in quanto Caput Mundi 2 tiene alta l’asticella della qualità e mantiene molte delle promesse fatte al lettore nel primo episodio.
Abbiamo quindi una Roma sempre più immersa in tenebre fisiche e morali, un “mostro” preso nell’accezione più vasta del termine (in questo caso una creatura stile Frankenstein che appare come una donna bellissima quanto spietata), i quartieri della capitale, morti violente, sparatorie, la presenza di alcuni personaggi già noti (primo tra tutti il vampiro Battaglia), elementi noir e horror ben amalgamati tra loro, sostenuti da un senso di continuità non invasivo ma efficace nel mantenere accesa la curiosità.
La trama è in linea col progetto: una versione attualizzata del classico “scienziato pazzo”, in questo caso un chirurgo di fama, decide di salvare la vita di una ragazza rimasta gravemente ustionata nell’incendio scatenatosi nel primo numero della miniserie. L’uomo però non è mosso da generosità, ma vuole approfittare dell’occasione per dar vita a una sua “creatura” da sottomettere e plasmare, una donna perfetta, forte e bellissima.
Eva, il risultato dei suoi esperimenti, rinasce come tabula rasa, burattino nelle mani del suo creatore; ma con il passare del tempo qualcosa inizia a farsi strada in lei: le fiamme l’hanno segnata, portando alla luce una parte nascosta, forse il vero “mostro” della storia.
Il risultato è un’inversione dei ruoli e un percorso distruttivo che si intreccia con quello degli altri protagonisti di Caput Mundi. Il tutto scritto con tecnica e stile da Giovanni Masi, e disegnato da Francesca Ciregia e Antonio Mlinaric, autori a loro agio con il buio che si annida nella capitale.
Come anticipato in apertura di articolo, sono molti gli elementi che compongono questo fumetto, e per ciascuno di essi ci sono molte cose positive – e poche negative – da far notare. Partiamo dall’ambientazione italiana, promettente e in gran parte azzeccata. Una scelta più che utile necessaria in questi ultimi tempi, ormai sdoganata non grazie ai fumetti ma a film come Lo chiamavano Jeeg Robot e serie TV come Romanzo Criminale e Gomorra. Ottima dunque Roma come teatro della mini, e anche solo il fatto di vedere i suoi “mostri moderni” alle prese con la nostra realtà contribuisce a definirli, a renderli diversi dagli stereotipi e più originali: è risaputo che l’ambiente influenza i personaggi, e la cosa accade anche qui, con buoni risultati.
Buoni però e non ottimi, in quanto a volte tale ambientazione rimane sullo sfondo e diventa protagonista solo a tratti, o attraverso elementi troppo comuni, meno caratterizzanti, non definibili come stereotipi ma neppure realistici come avrebbero potuto essere.
In questo senso è significativo l’uso del dialetto romano, in teoria elemento importante ma che invece fa capolino solo a momenti, come per un ripensamento, e viene eliminato altrettanto in fretta, soprattutto se i personaggi devono comunicare informazioni. In letteratura, far parlare un personaggio in perfetto italiano ma facendolo imprecare a ogni frase non serve affatto a rendere colloquiali i suoi dialoghi; e lo stesso accade in queste pagine, i cui eroi passano dall’essere veri romani al sembrarlo soltanto. In ogni caso il tentativo è in gran parte riuscito, e basta da solo per rendere a priori la miniserie degna di essere letta.
Riguardo al personaggio di Eva risulta molto interessante la sua transizione, forse la parte migliore dell’albo. Ben fatti i continui richiami al mostro sepolto, che riappare attraverso i riflessi grazie ai quali la donna riesce a percepire la vera se stessa, il dolore e il male che si annidano oltre la sua perfetta figura.
Davvero promettente il suo passaggio da vittima a carnefice, interessante la sua crescita, anche se risulta un po’ riduttivo il vederla approcciarsi con chiunque, amici come nemici, sempre attraverso un sesso non sempre giustificato, forse sensato finché simboleggia il suo passaggio da persona comune a donna fuori dalle regole, ma in seguito gratuito, come se il personaggio non potesse avere altre risorse e fosse obbligato a comportarsi così solo per rimanere fedele a un luogo comune riguardo certi tipi di eroine femminili.
Riguardo l’avventura tout court, ci muoviamo ovviamente nell’ambito del miglior fumetto popolare. Non ci sono banalità o eccessive dosi di violenza, azione e riflessione si compenetrano e hanno il loro giusto spazio. Questo sebbene appaiano a volte situazioni standardizzate, generiche, che sembrano pescare più dalla moderna mitologia cinematografica americana che dal paese che vorrebbero rappresentare. Scene in certi casi troppo insistite (come le 13 pagine silenziose di scontro tra Eva e Kostantin) ma comunque non gratuite.
Mentre per quel che riguarda la continuità non si può che ribadire che è rappresentata nel modo giusto, all’interno di spazi mai troppo invasivi. Il problema degli albi italiani che pretendono di presentare storie in continuità seguendo il modello americano è che essi hanno molte più pagine rispetto ai secondi; ergo la continuity può farsi pesante e difficile da ricordare, o riempire tutti gli spazi affogando la trama principale, e col tempo farsi eccessivamente complicata. In Caput Mundi invece non è il centro dell’opera, ma il collante che tiene insieme pezzi tra i più disparati, ciascuno con una sua indipendenza.
Questo dal punto di vista del racconto, ma questo secondo episodio è reso valido anche dall’apporto dei due artisti che ne hanno disegnato le 144 pagine. Per prima Francesca Ciregia, dal segno evocativo e morbido fatto di neri netti che riescono a “sporcarsi” efficacemente quando la scena lo richiede, e dal montaggio di pagina creativo senza troppe esagerazioni. Non tutto è perfetto, in quanto a volte lo stile incide sulla leggibilità, perché messo dall’autrice in posizione prioritaria rispetto alle necessità narrative che ogni pagina deve avere (è errore di molti concentrarsi sull’abbellire la singola vignetta dimenticandosi però che un’immagine non va mai concepita come singola illustrazione bensì come parte di un insieme), e nasconde a volte incertezze nelle anatomie o nel movimento dei personaggi. Ma si tratta di cose di poca importanza, tappe necessarie per un’artista con buone frecce al suo arco.
Il secondo disegnatore, invece, Antonio Mlinaric, anche se forse meno spettacolare appare sicuramente più solido, più sicuro sia nelle anatomie che negli sfondi e nelle prospettive, e coerente e professionale nella narrazione, la quale non si affida a “trucchi grafici” ma a fondamenta rigorose. Anche in questo caso compaiono tentennamenti, pagine più abbozzate, ma il segno di Antonio è sicuramente convincente, dalla bella inchiostrazione personale che in alcuni punti sembra trovare una forte influenza nei lavori di Enrique Breccia.
Entrambi i disegnatori compiono comunque un buon lavoro, contribuendo di molto a rendere la miniserie un prodotto professionale e godibile.
È ancora presto ovviamente per immaginare come potrà proseguire la corsa di Caput Mundi nei quattro numeri che ci separano dalla fine; ma appare chiaro che il progetto è iniziato nel modo giusto.
Il concetto di base è ben studiato, l’ambientazione è un punto di forza, gli autori sono validi e le premesse fanno ben sperare. Al momento la serie sembra essere forte e interessante; forse non un capolavoro e di certo troppo leggera e generica lì dove avrebbe potuto osare di più in realismo e profondità (ma può essere benissimo una scelta autoriale, che del resto si adatta bene al progetto “popolare”), eppure piacevole da leggere, non banale, non scontata, capace di intrattenere, incuriosire e far divertire.
Un buon inizio, che è quasi una conferma.
Abbiamo parlato di:
Caput Mundi: I Mostri di Roma #2 – Meravigliosa creatura
Roberto Recchioni, Giovanni Masi, Francesca Ciregia, Antonio Mlinaric
Editoriale Cosmo, ottobre 2017
144 pagine, brossurato, bianco e nero – 5,00 €
ISBN: 977228382900570018