Andrea Fasano del collettivo Blekbord è stato ospite di Lo Spazio Audace – Vignette e caffè a Lucca Comics & Games 2024.
Benvenuto Andrea! Iniziamo da BlekBord, dalla sua nascita e dal percorso che ha portato fino a qui.
In realtà è la classica storia noiosa di un collettivo che nasce da un gruppo di persone uscite da una scuola di fumetto, in questo caso da una classe di sceneggiatura. Ci siamo chiesti “Vabbè, che facciamo adesso?” E abbiamo pensato a un collettivo. In attesa di fare fumetti con un editore abbiamo deciso di fare cose nostre, divertirci, visto che ci trovavamo bene insieme ed eravamo abbastanza affidabili. Quindi abbiamo coinvolto vari amici e amiche e si è creata una situazione relativamente eterogenea.
Anche perché a quel gruppo iniziale si è poi aggiunta un casino di gente…
Sì, abbiamo iniziato a dirci “conosco quello che è bravissimo”, “il mio amico del liceo disegna benissimo”, eccetera. Quando è nato, nel 2017, eravamo in otto a scrivere, tra cui qualcuno che disegnava. E poi per un periodo siamo diventati qualcosa come venticinque persone circa. Era ingestibile e infatti adesso siamo un po’ scesi, perché sostanzialmente qualcuno si è tirato indietro, anche se rimaniamo in contatto. Facciamo ancora collaborazioni però è una cosa un po’ più rara, perché è difficile prendere decisioni artistiche in così tanti.
Per voi è una Lucca particolare, in virtù di quanto accaduto lo scorso anno. Vuoi raccontarcelo?
L’anno scorso abbiamo avuto la fortuna – forse è stata una cosa un po’ paracula, chi può dirlo? – di vincere il premio Lucca Self Area come migliore autoproduzione per il fumetto Fumettomachia. È un’antologia che parodizza vari classici del fumetto riassumendoli ognuno in quattro pagine in maniera estremamente frettolosa, ma rispettando alcuni stilemi dell’originale senza risultare pedanti. C’era una sorta di ricerca dietro, però per fare una roba che fosse proprio un gioco. Il nostro atteggiamento era di… cioè, questa sembra proprio una di quelle cose da film perché eravamo in quattro in macchina mentre ragionavamo sul prossimo progetto e ci siamo detti “pensate se famo sta cazzata”. E poi è successo, nel senso che l’anno dopo l’abbiamo portata in stand.
Ma alla fine non l’avete fatta in quattro, avete coinvolto altri collettivi.
Un super gruppo di collettivi e ci è piaciuto molto! Alla fine le persone più affidabili sono sempre quelle all’esterno del tuo collettivo, perché hanno più pressione e non vogliono fare una brutta figura. Quindi è stato come organizzare un pomeriggio di giochi in cui invitiamo tutti gli amici a giocare alla Playstation, però gli altri sono più bravi e noi prendiamo le botte! Questa è stata la prima volta che coinvolgevamo persone esterne ed è stato stimolante.
C’è un fil rouge di The Sando a unire il tutto, giusto?
Sì, che è un uomo costretto a fare questa cosa dalle circostanze. Volevamo appunto inserire anche la parodia di Scott McCloud e lui aveva già fatto cose sul genere manualistica. Quindi era perfetto, era già nel mood e alla fine ha accettato.
In realtà è stato un continuo scambio perché di base, fino a alcuni mesi prima dell’uscita, dovevamo ancora valutare bene come suddividere il volume. Noi avevamo pianificato molte cose ma con così tanti autori abbiamo dovuto poi scegliere la cosa più semplice. Per esempio avevamo ragionato sulla sezione fumetto argentino, che poi non è stata realizzata. Non ancora almeno, perché abbiamo ancora cose che vogliamo fare e ci ragioneremo.
Comunque The Sando fa, diciamo così, da Virgilio per tutto il fumetto, che è diviso per grandi scuole. Quella francese, americana, giapponese e abbiamo scelto la semplicità per evitare che diventasse un libro al limite del saggistico o estremamente di nicchia. Ma non per avere un pubblico più vasto – e comunque nella self ogni anno passa sempre più gente – ma perché volevamo fare una cosa divertente e immediata anche per chi non è ossessionato dai fumetti come noi, e che fosse quindi accessibile a tutti. Così abbiamo puntato su storie, singole parodie, che funzionassero anche senza conoscere l’originale e ci piaceva quest’idea del collante che dava un senso al passaggio da un genere all’altro. Nella fattispecie Daniele si è prestato ancora una volta a queste pagliacciate, poveraccio. Lui è una persona serissima comunque, vittima delle circostanze.
Tornando a noi l’anno scorso abbiamo vinto questo premio e quest’anno organizziamo la mostra della Self Area. Però devo raccontarvi un aneddoto sulla vittoria. Noi stavamo in piccionaia quando hanno annunciato i vincitori e ci siamo precipitati di sotto per raggiungere il palco dove nel frattempo si chiedevano se ci fossimo. A un certo punto uno di noi ha quasi preso a sportellate, ha quasi investito… Frank Miller, che stava uscendo dal teatro. Sì uno di noi, di cui non farò il nome, ha aperto di botto una porta e ha quasi beccato Miller. Dovevo raccontarvela perché è così simbolica verso l’iconoclastia di Fumettomachia…
Sta di fatto che, in seguito alla fortunata vittoria, abbiamo potuto organizzare sia la mostra sia l’artwork per la Self Area ed è stato faticoso ma divertente, proprio come fare un fumetto.
Parlaci della mostra.
Tra le tante riflessioni volevamo fosse una mostra che parlasse di noi, ma autoreferenziale fino a un certo punto. Volevamo spingere su Fumettomachia e sul fatto che contiene vari autori di vari collettivi, perché ci sembrava la cosa più valorizzante. Il problema era non esporre semplicemente le stesse cose che ci sono nel volume, seguendo la stessa organizzazione, così abbiamo aggiunto delle spiegazioni e inserito anche in questo caso un filo rosso. C’è sempre The Sando che guida la mostra ma secondo un approccio più alla Scott McCloud, con gruppi di tavole divisi in varie categorie, nei vari elementi che compongono un fumetto. Ad esempio la scrittura, la composizione della tavola, la gabbia, la maniera in cui si ordina il lettering, il colore, e anche l’aderenza allo stile dell’originale. Volevamo usare un approccio diverso mantenendo un po’ l’umorismo che caratterizza il volume, per evitare di proporre una serie di pannelloni infiniti, e inserire qualcosa di divertente in modo da creare un ambiente più fruibile.
Quest’anno presentate altre novità?
Ci sono state altre uscite durante l’anno, per esempio un libro per l’infanzia che è la prima cosa di questo tipo dopo i Piratosauri. In particolare a Lucca portiamo Mordred, realizzato da cinque autori del Collettivo, una rivisitazione del ciclo arturiano in chiave fantascientifica. È già stato fatto ma ci tenevamo perché erano anni che volevamo fare un progetto di questo tipo. È stato lo sblocco post covid, realizzato da tre disegnatori diversi. Mordred è un’opera con un approccio ampio, archetipico, che interpreta la storia dal punto di vista del cattivo classico del ciclo arturiano, ed è approfondito con un personaggio tridimensionale e con un formato orizzontale che dà una sensazione diversa rispetto alla narrazione, portata avanti su più piani temporali.
In parallelo abbiamo Typonauti, un elaborato sulla tipografia di Filippo Morcella, che è un autore esterno ma di nostra conoscenza. Il fumetto era già pronto e quando Alekos, con cui ho curato Fumettomachia oltra alla locandina della Self, mi ha passato il file ho capito che quell’opera la volevo nella mia libreria e abbiamo deciso di stamparla noi. È chiaro che si tratta di una pubblicazione destinata a chi è molto interessate all’argomento, ma speriamo che la comprino più persone possibili.
Dicci qualcosa di più sul libro per bambini.
Si intitola Lello il castello, di scritto da me e disegnato da Assia Ieradi. Ci pensavamo sin dalla pubblicazione di Piratosauri, che era una cosa più ibrida e in realtà adesso lo prendono più gli adulti che i bambini. Assia pubblica molto per l’infanzia e quindi abbiamo pensato questo progetto insieme e l’abbiamo proposto come autoproduzione perché lei è molto avvezza a questo e lo fa bene. Il fatto che in effetti i fumetti per i più piccoli vadano al momento di moda non ci ha interessato più di tanto, anche perché ci pensavamo da così tanto tempo che forse all’epoca non era neanche una moda.
Andrea, grazie per la disponibilità!
Intervista realizzata il 31 ottobre 2024 a Lucca Comics & Games
Auto-biografia di BlekBord
BlekBord è proprio un bel collettivo. Anche esteticamente.
Nasce nel 2017, con un numero di componenti ampio abbastanza da rivaleggiare con la popolazione di un paesino molisano. Poi si è fermato. Ha smesso di crescere e si è posto un obiettivo: fare Fumetti Fichi. Con la maiuscola, per darsi un tono. Forse a volte ci riusciamo.
Alla fine Fumettomachìa è piaciuto, dai.