Arrivata al terzo capitolo, la saga di Blacksad si conferma forse una delle migliori produzioni d’oltralpe che per merito della romana Lizard possiamo leggere anche nel nostro idioma. Sempre la stessa casa editrice pochi mesi fa aveva editato anche un making off di questo fumetto segno che l’interesse per questo titolo è significativamente alto.
Dicevo, forse una delle migliori serie provenienti dalla Francia, da casa Dargaud più precisamente, anche se i suoi autori non sono di lingua francese, ma bensì entrambi spagnoli ed entrambi con un passato in qualche modo legato all’animazione (Juanjo Guarnido, il disegnatore, ancora oggi lavora per la Disney a Parigi).
In Anima Rossa viene rispettata la formula vincente dei due precedenti capitoli, anzi viene affinato il gioco di mascheramento dell’umanità travestita con sembianze animalesche che amplificano, o meglio, rimarcano le caratteristiche peculiari dei vari attori di questo bel noir, senza che le stesse specificità sembrino caricature.
Anche perché, ed è forse il dato caratterizzante dell’intera serie, se togliessimo a Blacksad e comparse la maschera animale non cambierebbe assolutamente nulla ai fini della trama, tanto i personaggi gareggiano con noi per umanità. E il fumetto funzionerebbe comunque, merito di una sceneggiatura che, appunto, non calca la mano sulla spettacolarità del concept (i personaggi antropomorfi) e non è ridondante né didascalica nel cercare di ricordarcelo. Lascia tutto ciò al grande lavoro del disegnatore, anch’esso tutt’altro che banale nell’assolvere questa funzione.
Stupendi i disegni di Guarnido, che sebbene ricordi la scuola Disney, riesce a sorprendere con il suo inedito mix tra disegno cartoonistico e realistico, con una rara capacità di far recitare i propri personaggi, sia nelle espressioni che nelle movenze. Inoltre dispone di una tavolozza veramente originale con la quale riesce a interpretare i diversi umori della storia con tonalità coloristiche variegate. Insomma, un grande disegnatore che con destrezza riesce a rendere credibile questo mondo di animali su due zampe, che si muovono su palchi degni di Philip Marlowe.
Il plot imbastito da Juan Diaz Canales ha come scenario un’ambientazione più solare, più “calda” in confronto ai due albi precedenti. Infatti la location questa volta è Las Vegas e la costa occidentale degli states, sfondo adatto per parlare di maccartismo, movimenti liberal, poeti e artisti beat, paura della guerra nucleare con le conseguenti trame spionistiche da epoca di cortina di ferro.
Ed è proprio in una di queste trame che il nostro eroe viene trascinato, il quale non rinuncia affatto a buttarsi a capofitto in una vicenda che fatica a capire, tra strani attentati e presunte spie comuniste, polizia corrotta e miliardari deliranti.
La società che i due autori descrivono è vista con uno sguardo tridimensionale dove gli aspetti più difficilmente catalogabili aiutano il lettore a comprendere come le scelte dei protagonisti non possano essere manicheiste. Il nostro giudizio su ogni personaggio, se mai dovessimo arrogarci questo compito, varia così pagina dopo pagina, scoprendo che la realtà, anche la nostra, nasconde verità complesse e che ogni parte in causa ha le proprie ragioni.
Per meglio raccontare ciò, tutte le componenti della narrazione (il plot noir, la caratterizzazione antropomorfa dei personaggi, la loro recita nel mondo simile al nostro, la società descritta in queste pagine) pulsano di vita vera. Così come l’arte qui rappresentata (l’action painting e l’informale delle tele del pittore Serguei Litvak, cardini della vicenda, o la declamazione di Howl di Allen Ginsberg sulla spiaggia) non è pantomima o scimmiottamento della nostra civiltà, ma è sentitamente presente nella preparazione del fumetto, segno evidente della preparazione culturale degli autori. Che pero’ non si fermano al puro citazionismo, via sicuramente più comoda, ma inseriscono questi elementi per integrarli indissolubilmente con la vicenda raccontata e per rendere credibile la complessità dei meccanismi sociali del mondo di Blacksad.
Cosa ovvia? Puo’ darsi, ma è indubbia la capacità di Canales e Guarnido di far sembrare ciò logico e naturale ai fini del racconto e dosare tutto con estremo equilibrio, in modo che non sia preponderante l’elemento sociologico sulla trama, ma che esso sia degno sfondo e completamento di essa. In modo che sia assolutamente credibile ciò che leggiamo, al di là che sia speculazione fantastica raccontata in forma di fumetto o che gli attori abbiano maschere di animali. Maschere che nascondono un’umanità difficilmente riscontrabile in molti fumetti.
Tutto ciò vi sembra poco?
Riferimenti
Lizard edizioni