Bepi Vigna e il futuro spaziale di Nathan Never

Bepi Vigna e il futuro spaziale di Nathan Never

Bepi Vigna, uno dei papà di Nathan Never, ci parla della rivoluzione in corso in casa Alfa, sottolineando l'importanza della continuity, con uno sguardo alla space opera.

bepiA Lucca Comics & Games 2022 è stato presentato in anteprima Nathan Never Missione asteroidi, realizzato da Sergio Bonelli Editore in collaborazione con Agenzia Spaziale Italiana. Per l’occasione abbiamo intervistato Bepi Vigna, uno dei tre papà di Nathan attualmente al lavoro su un profondo restyling della serie regolare – recentemente culminato con Il mistero di Elania Elmore e con il ritorno in scena, anche se retrospettivo,di Aristotele Skotos – nel quale viene ridisegnato l’assetto operativo dell’Agenzia Alfa.

Ciao Bepi, grazie per la disponibilità. È appena uscito un albo che segna uno spartiacque per Nathan Never, ponendo le basi per un nuovo corso narrativo. Qual è stato il motivo che ti ha spinto a un restyling molto profondo della serie?
Nathan nasce come un uomo tormentato, con forti sensi di colpa e un desiderio di espiazione che lo porta a buttarsi nell’avventura. Ma ultimamente, per tutta una serie di vicissitudini si era un po’ imborghesito, aveva acquisito una certa tranquillità, una serenità non ideale per il suo ruolo. Con Il mistero di Elania Elmore si chiude questa fase e se ne apre un’altra. L’Agenzia Alfa, da sempre attraversata da una serie di trame oscure, si modifica rispetto al passato e l’idea di Nathan e dei suoi colleghi è quella di farne il baluardo della giustizia e del bene.NN377_cop Questo naturalmente contrasta un po’ con quanto successo nell’ultimo albo, ma è positivo per generare narrazione.

In effetti Nathan deve mantenere un segreto gravoso, ma ha anche riscoperto il suo rapporto con Janine, che hai rinnovato e riposizionato nella serie. Oltre a lei, dopo lo spostamento di May e Branko a Tropical City, arriveranno nuovi personaggi nel mondo di Nathan?
Questo segreto dà a Nathan una serie di sensi di colpa e di disagi che determineranno il suo rapporto con gli altri. Oltre ai recenti arrivi di Vera e di Steve Ross, è inutile lavorare su nuovi agenti se poi non hanno una funzione narrativa utile. La squadra è già ampia così com’è: ci potranno essere altri agenti ma non saranno personaggi in primo piano, piuttosto dei comprimari che possono apparire in qualche avventura ma non suscitano nel lettore troppa curiosità. Si tratta di un’esigenza, perché con i tanti sceneggiatori che si sono avvicendati in questa serie, ci siamo ritrovati con numerose figure che in gergo definiamo personaggi “Tinca”, quelli che hai lì ma non sai come utilizzare e non hanno caratteristiche molto definite. Da un lato anche Janine era così: troppo evanescente, legata a uno stereotipo di ragazzina ingenua, un po’ romantica. Da tempo avevo idea di riprenderla e poi c’è stata la possibilità di farlo. Ci sono altri personaggi per i quali abbiamo stabilito una destinazione diversa, anche se rimarranno: ad esempio la moglie di Sigmund, Betty, se non è protagonista della storia non ha senso resti aggregata al cast dell’Agenzia Alfa, e quindi stiamo pensando a un suo utilizzo che la caratterizzi. Un po’ come accaduto nella serie televisiva Colombo, dove c’era il personaggio della moglie del tenente, invadente e caratterizzato pur senza essere mai presente sulla scena. Sto immaginando uno scenario di questo genere.

Se ripensiamo ai primi cento numeri di Nathan Never, oltre alle caratteristiche di serie contenitore per storie di fantascienza che ne esplorassero i vari filoni, fu rivoluzionaria la costruzione di una trama orizzontale articolata. Questa attenzione nei confronti della continuity è tornata di recente a manifestarsi: sarà un elemento centrale anche per il prossimo futuro della testata?
Assolutamente sì. Anche se è faticoso, i lettori la gradiscono molto e comunque mi è congeniale costruire l’universo di Nathan attorno a lui. Ciò non esclude che ci siano anche storie slegate dalla continuity. Questa nuova, piccola rivoluzione che stiamo introducendo prevede una maggior presenza di storie ambientate nello spazio, con l’afflato della space opera, con esplorazione di pianeti e possibili contatti con gli alieni. Anche in questo ambito ci sarà una stretta continuity: a breve uscirà una trilogia di storie nate per stabilirne i parametri, realizzate con Max Bertolini che si trova particolarmente a suo agio con questi scenari. La trilogia dovrebbe servire anche ad altri sceneggiatori per capire come va impostata la storia nello spazio, che non deve mai essere un’avventura banale ma, pur leggera sul piano dei contenuti, si deve porre tutta una serie di problemi: esistenziali se relativi ai personaggi mentre, per quanto riguarda la conquista di nuovi pianeti, legati a tematiche di carattere politico ed etico. Perché un’opera di colonizzazione appare un po’ imperialista e, nonostante l’universo sia piuttosto grande, i principi su cui basarsi quando si va in casa d’altri dovrebbero sempre restare positivi.

NN_Missione asteroidiPer sviluppare il tipo di ambientazioni spaziali che si delineano all’orizzonte hai sfruttato, o intendi farlo, anche la collaborazione con l’ASI, che sta già portando alla realizzazione di albi come il recentissimo Missione Asteroidi?
Con ASI la collaborazione è molto bella: avere a che fare con degli scienziati che ti spiegano le cose e ti anticipano i problemi magari su tecnologie da sviluppare è molto interessante. Il volume che presentiamo qui a Lucca ad esempio è stato modificato in corso: dovevamo lavorare su una storia ambientata su Marte ma le vicende della guerra e tutta una serie di problemi anche relativi alla conquista di Marte, ci hanno un po’ frenato. Però è stato bellissimo approfittare della contemporaneità della missione di LICIAcube (Light Itlian Cubesat for Imaging of Asteroid, ndr), che abbiamo vissuto dal vivo. Credo non sia mai accaduto che una storia di collegasse così tanto alla realtà, soprattutto una storia di fantascienza.

Torniamo per un attimo alla centralità della continuity. Nathan Never ha 30 anni, non deve essere facile essere coerenti vista la mole di collegamenti di cui tener conto, ogni volta che si cerca di introdurre situazioni e sviluppi nuovi…
Quello che mi piace è proprio creare universi narrativi, sviluppare collegamenti, inserire elementi che non siano mai fini a se stessi. Quando scrissi Asteroide Argo, che era una saga alla Guerre Stellari, mi divertii molto: avevo una vera e propria enciclopedia per tener conto di tutti i collegamenti e avere una coerenza totale. Poi c’è stato un periodo in cui si alternavano diversi sceneggiatori e soprattutto si era persa l’abitudine di fare riunioni annuali (o addirittura semestrali), nelle quali si faceva il punto della situazione e che io giudicavo fondamentali. Ma le cose evolvono e, pur non essendoci la responsabilità di nessuno, si è un po’ sfaldato questo impianto iniziale molto rigido che ci consentiva di tenere sotto controllo i collegamenti. Si è verificata anche un’altra cosa: la serie stava prendendo sempre più una deriva fantasy, allontanandosi dalla scienza e il mio tentativo sta andando anche nella direzione di riportare Nathan alla fantascienza. Ci potranno essere avventure, ad esempio, in stile legal thriller, con la fantascienza che fa da scenario o è presente solo per un elemento, ma mi piace pensare che la maggior parte delle storie saranno d’ora in poi un’anticipazione su sviluppi tecnologici futuri. È importante che Nathan si distingua, inoltre, dagli universi Marvel e da certi canoni del fumetto americano, perché si possono fare cose altamente spettacolari mantenendo una solida base scientifica. Se parlo di teletrasporto, devo conoscere gli studi che sono stati fatti al riguardo, anche se la scienza esclude che un sistema del genere possa mai essere realizzato. Nei prossimi numeri ci saranno aspetti di questo tipo: all’interno della space opera, ad esempio, uno dei problemi è quello delle comunicazioni fra pianeti distanti anni luce l’uno dall’altro. Lavorare su questo aspetto aggiunge narrazione, perché le comunicazioni non saranno semplici, immediate, ma disturbate, problematiche. Un po’ come nella serie Star Trek Enterprise dove venivano evidenziati molti problemi legati alla tecnologia. Insomma, se raccontiamo qualcosa di epocale, non lo possiamo raccontare come se tutti i problemi fossero già risolti, ma utilizzarli per tirare fuori delle nuove idee.

Per ideare questo restyling di Nathan Never ti sei confrontato anche con Michele Medda e Antonio Serra, che insieme a te sono gli altri due papà di Nathan Never?
Nathan Never nasce con delle premesse che sono sicuramente il frutto della collaborazione di tre sceneggiatori e secondo me il risultato ottenuto è stato buono. Ora occorreva qualcuno che tirasse un po’ le fila e tenesse unito questo universo, perché ci sono tante cose che appartengono al vecchio Nathan. Io semplicemente ho cercato in questo ultimo periodo di riportare quei contenuti e quell’atmosfera del nostro universo che siano familiari al lettore. Poi il lettore non va solo rassicurato ma va anche stimolato, spiazzato, certe volte sconcertato.

NN373_copQuesta nuova epoca di Nathan Never si svilupperà solo sulla serie regolare, come sta accadendo ad esempio con le tre miniserie dedicate ad Aristotele Skotos, o ci saranno cicli esterni come Missione Giove?

Lo spezzettamento della saga di Skotos sulla serie regolare nasce proprio dall’esigenza di non proporre racconti al di fuori della pubblicazione mensile. Credo che per il momento la linea sarà questa, poi man mano le cose potranno cambiare. Però ho accettato di buon grado la sfida di inserire nella serie regolare le storie di Aristotele: episodi collegati ma ambientati in epoche temporali differenti dove hanno trovato collocazione episodi già raccontati ma visti sotto una diversa prospettiva. È stato stimolante e nonostante qualche lettore sia rimasto disorientato, sembra in generale che la soluzione sia piaciuta.

Perché riportare in auge proprio Aristotele Skotos?
Mi dispiaceva che un personaggio come Skotos, che ha inciso profondamente soprattutto in quei primi famosi cento numeri, fosse finito nel dimenticatoio. D’altro canto un cattivo di questo genere ha lasciato tracce profonde nell’animo dei suoi avversari. Quindi era necessario riprenderlo, sviluppando una storia sul suo passato. Un passato duro, con un grado di efferatezze in costante crescita e che dovrebbero andare ancora oltre nell’ultima trilogia, che sto scrivendo ora. Naturalmente la saga Skotos permette di raccontare su piani differenti. Ad esempio Sigmund ricorda che l’indagine, pur rispondendo a un legame profondo, non è remunerativa per l’Agenzia. Ma Nathan vuole proseguirla, svelare i misteri di Aristotele perché nel farlo può risolvere anche i suoi problemi, e in questo modo si valorizza il suo lato umano.

Grazie Bepi per il tuo tempo e alla prossima avventura!


Intervista condotta dal vivo il 31 ottobre a Lucca Comics and Games 2022

Bepi Vigna

Bepi Vigna nasce a Baunei (Nuoro) il 24 luglio 1957. È regista, scrittore e, non ultimo, sceneggiatore di fumetti.
Con Michele Medda e Antonio Serra partecipa al gruppo Bande Dessinée e insieme entrano come sceneggiatori in Sergio Bonelli Editore per Martin Mystère, Dylan Dog e Zona X. Nel 1991 danno vita alla serie fantascientifica di Nathan Never e qualche anno dopo allo spin-off dedicato a Legs. Vigna è il creatore di un’altra costola di Nathan Never, Asteroide Argo, oltre a scrivere testi per Nick Raider e Zagor.
Nella sua attività extra fumettistica ha pubblicato romanzi e racconti (L’Estate dei dischi Volanti, La Pietra Antica, Niccolai in Mondovisione), saggi sul fumetto (tra cui Il Fumetto Franco Belga, edito da Comic Art), ha diretto cortometraggi e scritto testi teatrali.

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