Nell’universo narrativo di Gipi tutto è scandito da un ritmo preciso, lento ed invisibile. Al contrario di molti autori che nascondono le proprie lacune dietro dinamismi ad effetto, niente, neanche il racconto di una guerra immaginaria (ma molto reale e vicina al nostro presente) allontana la narrazione dell’autore toscano da una lievità che fa sembrare tutto così semplice, logico ed in ordine, come se dietro al suo lavoro ci fosse solo calcolo e consapevolezza.
In realtà penso sia vero il contrario, e cioé che la vera capacità di Gipi stia nel lasciare fluire le tavole con innata naturalezza verso un percorso precostituito solo nella sua intenzione immaginifica, non calibrato con artifici tecnici o in sceneggiature rielaborate allo sfinimento.
Le sue pagine scorrono davanti a nostri occhi senza che l’azione (nel senso dello svolgimento della trama) prenda il sopravvento sull’osservazione e sulla riflessione, o viceversa, in un intreccio miracolosamente equilibrato.
Così ci è sembrato leggendo Appunti per una storia di guerra, il suo ultimo libro presentato a novembre a Lucca, suo primo vero e proprio romanzo grafico.
Se l’ambientazione ricorda molto un’Italia provinciale, quella dei piccoli paesi o comunque periferica alle metropoli, l’atmosfera che si respira rimanda inevitabilmente alla guerra civile jugoslava (che ancora non ci siamo totalmente lasciati alle spalle) con le sue orde di paramilitari e la guerra “non convenzionale“. Una guerra che ti entra in casa, che diventa parte del tuo vivere precario, che irrompe nella tranquilla quotidianità, che non è più quella “vista in televisione”.
Un conflitto che spinge Christian, Stefano (detto Killerino) e Giuliano, i tre adolescenti protagonisti sradicati dalla famiglia e dalla propria comunità, a diventare i piccoli tirapiedi di un capo delle milizie (di quale parte poco importa), giovani uomini di fiducia assoldati a risolvere piccoli problemi legati al contrabbando o allo spaccio di droga. Tra crediti riscossi a suon di botte e soldi facili spesi male si dipana il percorso di formazione dei tre ragazzi, guidati dal cattivo esempio di Felix (il capo dei paramilitari) che, in qualche modo, sostituisce la figura dei loro genitori mai visivamente presenti.
Stilisticamente la prima cosa che salta all’occhio è il cambiamento della tecnica grafica dell’autore (già annunciato nell’intervista rilasciataci ormai un anno fa). Niente trasparenze e pennellate che creavano un’atmosfera notturna ed evocativa, ma colori tenui in tonalità di grigio, imbrigliati ad un segno più preciso e nitido, sicuramente dettati dalla necessità di dover narrare una storia un po’ più classica nella forma e dotata di un respiro diverso confronto ai quadri espressionistici e riflessivi che componevano il suo lavoro precedente. Classica, nel caso di Gipi, significa voler comporre una storia che abbia una partitura ben definita e che guardi sia all’evolversi della vicenda che all’osservazione dei suoi personaggi e dell’ambientazione.
Eppure, nonostante la trama da raccontare sia l’asse portante di questo libro, Gipi non è un narratore d’avventura (almeno, non è solo questo), ma percepisce come essenziale del suo essere artista il bisogno di domandarsi (e domandare ai suoi personaggi) il perché dei comportamenti, delle parole, dei pensieri.
Gipi, insomma, non teorizza, ma attraverso le sue fragili marionette si chiede in continuazione come gira il mondo o, semmai, perché gira così stancamente e male. La finzione di una storia di guerra, nel suo racconto, non è altro che il pretesto per chiedersi cosa siamo al tempo di una guerra reale, come viviamo questa paura che teniamo in sottofondo, cosa facciamo tutti i giorni per nasconderla a noi stessi.
Gipi vive questi pensieri attraverso le immagini che disegna spesso istintivamente, come lui dice, a volte letteralmente trasportato dalla storia, quasi in una sorta di auto terapia per lenire la difficoltà del vivere. Siamo di fronte ad un autore prigioniero di un’irrequietezza creativa che lo spinge costantemente a rinnovare la forma e il contenuto dei suoi fumetti.
Un artista che volontariamente rimette in discussione la sua tecnica, il suo modo di raccontare, ma anche i riconoscimenti che gli sono stati attribuiti per Esterno notte, ribaltando concettualmente e materialmente l’approccio al suo lavoro. Un’inquietudine artistica che dovrebbe essere logica e naturale soprattutto nel campo di un media ancora abbastanza giovane, ma che in realtà è merce assai rara nell’asfittico panorama fumettistico italiano.
Insomma, Gipi è un ottimo fumettista, ma soprattutto è un vero e proprio narratore che ha la capacità di accendere e solleticare l’intelligenza dei suoi lettori.
Abbiamo parlato di:
Appunti per una storia di guerra
Gipi
Coconino Press Fandango
112 pagine, brossurato, bicromia – 17,00€
ISBN: 9788888063980
Riferimenti:
Coconino: www.coconinopress.com
Gipi: giannigipi.blogspot.it