Alice Berti a Lo Spazio Audace di Lucca Comics 2024

Alice Berti a Lo Spazio Audace di Lucca Comics 2024

A Lucca Comics abbiamo intervistato Alice Berti, autrice della graphic novel “Un poema per le piccole cose”, edita da Bao.
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Alice Berti, autrice di Un poema per le piccole cose per Bao Publishing, è stata ospite di Lo Spazio Audace – Vignette e caffè a Lucca Comics & Games 2024.

Benvenuta Alice! Dal tuo ultimo lavoro emerge la passione per la Corea. Da dove nasce e perché l’hai scelta come ambientazione, almeno iniziale, del libro?
La mia passione per la Corea risale a quando ho letto per la prima volta i fumetti di Keum Suk Gendry-Kim, Le Malerbe soprattutto, e poi i libri di Han Kang, insignita quest’anno del Nobel, che mi hanno fatto scoprire un lato del mondo che non conoscevo e una parte di storia che non viene raccontata. In occidente (soprattutto a scuola) non sappiamo niente di storia orientale e asiatica, quindi mi si è aperto un mondo su un paese che non conoscevo. Ascoltavo già K-pop o cose così, però non era un motivo abbastanza forte per cominciare a interessarmi di questo paese come lo è stata in seguito la letteratura. Tutte queste storie mi hanno aperto gli occhi su una cultura che non conoscevo e che mi ha affascinato tantissimo per le sue mille contraddizioni, come poi ho voluto raccontare in Un poema per le piccole cose. A livello di diritti umani la Corea ha ancora un po’ di problemi, ad esempio nel riconoscere il femminismo e la comunità LGBT+, tutti temi che mi toccano personalmente, quindi ho deciso di ambientare la mia storia in Corea sia per portare al pubblico italiano qualcosa che magari non conoscevano tramite un racconto pop – che è poi la cosa più forte che questo paese ha avuto negli ultimi anni, il suo soft power, la sua cultura pop, K-pop e K-drama, cercando però al tempo stesso di raccontare la Corea oltre quegli aspetti. Ho quindi deciso di farlo con questo libro e di raccontare al contempo tutti gli aspetti con cui abbiamo problemi anche qua in Italia, come la parità di genere che in Corea è più esacerbata rispetto a noi. Era il paese perfetto per parlare di quelle cose con un punto di vista molto più estremo rispetto a quello che viviamo qui.

Alice Berti Bao

Infatti il libro comincia in modo estremo, con una scena iniziale che raffigura un doppio tentativo di suicidio. È stata una scelta ragionata?
Inizialmente non era prevista questa scena, però la salute mentale è un argomento che mi sta molto a cuore, e l’ho raccontato anche in altri libri, soprattutto Calipso. L’idea mi è venuta al Salone del Libro di Torino nel 2022 parlando con Zerocalcare, dato che era uscita la sua serie Netflix, Strappare lungo i bordi, che tra i temi ha anche questo. Non voglio fare spoiler, però dopo quella chiacchierata mi è venuta voglia di aggiungere questo elemento, che in realtà poi aiutava a raccontare meglio la storia principale, cioè trovare la felicità nelle piccole cose. Si parte da un estremo per arrivare all’altro in modo da poter sottolineare al meglio il tema della storia.

Visto che hai citato Zerocalcare, e per alleggerire un po’, chi è più bravo a Tetris?
Io, ovviamente! [ride]

Tornando invece al discorso della Corea, immagino ci sia stato un lavoro di documentazione, a livello iconografico, visivo e di preparazione. Come hai affrontato il tutto?
La cultura e la storia coreane sono state una mia passione e lo sono tutt’ora, da veramente tanti anni. Ho sempre letto e mi sono informata tanto su questo paese per un lungo periodo. Poi però sono andata effettivamente in Corea e ho vissuto là un mese. Sono stata a Seul e ho visitato anche altre città, però Seul è proprio il luogo che mi è rimasto più nel cuore. Per quanto possa aver studiato la Corea negli anni, essere lì è stato catartico, come per la storia che ho raccontato.

Rispetto ai libri precedenti, è cambiato qualcosa nel tuo metodo di lavoro e nel tuo stile?
In realtà non molto. Credo semplicemente di essere migliorata perché adesso conosco molto meglio il settore, l’editoria, come funziona Bao stessa, perché è il terzo libro che pubblico con loro. Sono riuscita a gestire meglio tutti i vari aspetti della pubblicazione. Ad esempio so che ai grafici serve un tot di tempo per impaginare una cosa e di conseguenza ho cercato di farla prima rispetto ad altro. Credo che sia venuto un po’ meglio anche per questo motivo, perché ovviamente era il terzo libro e conoscevo meglio le dinamiche. Il mio modo di raccontare e il mio stile non credo siano cambiati così tanto. Chiaramente c’è stato un miglioramento perché dopo un po’ ci fai la mano, ma penso che leggendolo si ritrovi comunque sempre me stessa.

Alice Berti Bao Cop

Quando sei in fiera, da autrice, hai la possibilità di interagire con i lettori: che tipo di riscontri hai?
È interessante perché adesso mi conoscono un po’ di più e sono super felice. Ieri ho incontrato una lettrice che mi detto che è stata molto felice di aver aspettato in fila con altre persone così belle, così positive e mi ha detto: “I tuoi lettori sono proprio belle persone”. Mi ha reso molto felice perché penso di aver creato, anche grazie ai miei social, una certa community di persone veramente super intelligenti, interessanti e gentili. Poi ho ricevuto anche un sacco di regali, è stato veramente super bello, non me l’aspettavo.

Dal punto di vista delle “code”, sei più fortunata di Zerocalcare?
Non so se sono ai suoi livelli, spero di arrivarci [ride]! Scherzi a parte, è super bello vedere delle persone tanto appassionate che riescono a cogliere effettivamente cosa voglio dire con le mie storie. Sento sempre un po’ la responsabilità di pubblicare con una casa editrice che va in libreria, perché ci sono tante persone che la leggono e quindi cerco sempre di dare dei messaggi positivi. È uno dei motivi per cui non riesco mai a finire proprio male le mie storie. Finiscono magari in modo dolceamaro ma c’è sempre un messaggio di fondo positivo, perché voglio che chi lo legga possa cogliere qualcosa. C’è magari chi vive la stessa situazione e vuole migliorarla e sa che c’è qualcuno che ti capisce là fuori. La cultura pop, i libri e la letteratura sono sempre stati qualcosa che mi ha aiutata in prima persona e quindi da scrittrice cerco di fare lo stesso.

Quali sono state le opere che ti hanno formato? Sia come suggestioni che come studi, c’è un prima e un dopo?
Non so se c’è stata una divisione così netta, è stato un processo graduale. Mi ricordo che una della prime cose che mi ha cambiato la vita è stato leggere Il giovane Holden alle superiori. Un mio professore del liceo ce l’ha dato come compito per casa e mi ha detto “Credo che questo libro ti piacerà molto”, mentre ai tempi a me non piaceva tanto leggere. Invece mi ha cambiato la vita e ho cominciato a leggere in maniera assidua. Dopo quello c’è stato il mio primo approccio a Stephen King, che è uno degli scrittori da cui prendo più ispirazione in assoluto ed è stato un autore che mi ha profondamente cambiata nel modo in cui narro e scelgo di raccontare determinate cose. Lui utilizza l’horror come storia di intrattenimento principale, per raccontare poi quello che è effettivamente l’animo umano. Per esempio It è uno dei miei romanzi preferiti, è un capolavoro. Secondo me è male interpretato perché tutti abbiamo in mente il film con il pagliaccio assassino, cosa che in realtà non c’entra niente con la storia. Un altro autore a cui mi ispiro tantissimo e che adoro è Bret Easton Ellis, perché ti racconta la depressione e la difficoltà di vivere in una società capitalista che vuole l’essere umano performante in una maniera che fa male e che è dolorosa, come in American Psycho, nel quale però lo racconta con una storia di un assassino e la trama ti tiene incollato alle pagine e allo schermo. È quello che cerco sempre di fare io con le mie storie, cioè raccontare qualcosa in più dell’animo umano.

Alice Berti Bao Cop2

Prima si parlava della reazione da parte del pubblico, ma anche da parte della critica la tua opera è stata notata. In generale che rapporto hai con la critica?
Sicuramente mi fa piacere perché vuol dire che c’è interesse per la mia storia. Ieri sera stavo parlando con Zoe [Zoe Thorogood, autrice di Tutta sola al centro della terra, Bao – Ndr], lei praticamente ha scritto il suo libro non pensando a un pubblico ed è qualcosa che anch’io vorrei riuscire a fare. Io ho cominciato a scrivere subito appena finita la scuola, direttamente con Bao, sapevo già che i miei libri sarebbero stati pubblicati e letti da delle persone sin da subito e non ho mai pensato di fare le cose per me è basta. Mi sono resa conto, ed è quello che dicevo ieri a Zoe, che ho sempre scritto in qualche modo anche per il pubblico. Una cosa che non faccio più da Neon Brothers è leggere le critiche negative perché mi hanno influenzata tanto. Con Calipso ad esempio continuavo a pensare “cavolo devo stare attenta a non scrivere questa cosa, non dire questo” e poi tutta la cancel culture che c’è online è qualcosa che secondo me ha afflitto molto le cose che ho scritto finora. Vorrei distaccarmi di più perché credo che l’arte debba essere provocatoria e la cosa bella della letteratura in particolare è che può esserlo più di qualsiasi altro media. È una cosa che un po’ ho fatto con Calipso, perché comunque è una storia abbastanza intensa e in qualche modo provocatoria, però vorrei farlo ancora di più. Non so se ci riuscirò ma mi piacerebbe. Il rapporto con la critica in generale è un po’ di amore e odio. Da scrittrice è molto difficile da raccontare.

Avevi un diario? Ti ricordi quando hai cominciato a scriverlo e che scopo aveva?
C’e una frase di Bret Easton Ellis che ho salvato nel telefono, ora la ripeterò perché quando l’ho letta ho proprio pensato “cavolo questo è lo stesso motivo per cui scrivo!”. Lui disse che scrivere è la strada per esprimere se stesso ed elaborare il suo dolore, “la scrittura è l’unico modo per liberarmene oltre che un mezzo per trovare un senso alla mia vita”. Credo che sia la stessa cosa per me. È vero che ho scritto tanto con in testa anche il pubblico, però scrivo molto anche per me stessa. Non penso di aver mai tenuto un diario, ma quando ho un problema scrivo delle battute, come se fossero dette da qualcun altro, come in un romanzo. Utilizzo racconti e personaggi per “mettere” dentro di loro il mio pensiero e questo mi aiuta a distaccarmi da quei pensieri che magari mi fanno male. Le storie per me nascono in questo modo, scrivere è un modo per liberarmi di quello che mi fa male e quello che mi fa rabbia. Penso che si veda in quello che ho scritto.

Grazie Alice per l’intervista, abbiamo esaurito il tempo a nostra disposizione, purtroppo!
Grazie a voi per le bellissime domande, è stato molto bello perché sono cose che non mi chiedono mai!

Intervista realizzata il 2 novembre 2024 a Lucca Comics & Games

BIOGRAFIA

Alice Berti, fumettista e illustratrice di Bassano del Grappa, a oggi ha pubblicato due graphic novel edite da BAO Publishing: Calipso e Neon Brothers, quest’ultima candidata al premio Boscarato di Treviso Comic Book Festival come miglior autrice esordiente nel 2020.
Collabora con molteplici realtà editoriali italiane e ha lavorato a progetti come il film Finché c’è prosecco c’è speranza diretto da Antonio Padovan, ha partecipato alla residenza artistica “Diciottocchi” di Lago Film Fest e al loro “Premio Sonego”, presentato al Festival del Cinema di Venezia. Ha inoltre illustrato il singolo “Bicicletta Intergalattica” e il video animato “Halloween Boogie” per La super luna di Drone Kong, progetto musicale di Fabrizio Nikki Lavoro di Radio Deejay.
Adora Andy Warhol, i concerti e i dischi in vinile.

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