
Topolino #3333: La matematica è tutta intorno a te!
Con una copertina ad hoc di Alessandro Perina che celebra il curioso traguardo, Topolino raggiunge la ragguardevole cifra di 3333 uscite nella sua versione tascabile. Le celebrazioni, però, proseguono anche all’interno con un articolo di Fabio Michelini ricco di curiosità su Topolino e altri numeri similari, e con la storia Il tesoro 3333 scritta dallo stesso Michelini per i disegni di Donald Soffritti.
Appassionati di numeri
La storiella, un veloce divertissement di gusto ciminiano basato soprattutto sul susseguirsi di gag, per le quali il tratto insolitamente rotondo di Soffritti (solitamente più cartoonesco e “squadrato”) risulta efficace anche grazie all’ottimo uso delle ombre che enfatizza ambienti ed espressioni, ha la struttura di una piccola caccia al tesoro con enigmi a carattere matematico, in questo caso legati al numero 3. Il 3, secondo numero primo e secondo numero dispari, è anche uno dei divisori del 3333, che a sua volta è un numero composto, oltre a essere un caso particolare di palindromo, come tutti i numeri costituiti da una sola cifra ripetuta. Possiede otto divisori, (1, 3, 11, 33, 101, 303, 1111, 3333), la cui somma, escluso il 3333 stesso, fa 1563, il che lo rende un numero difettivo. E’ un numero sfenico, poiché è il prodotto di 3 numeri primi distinti.
E’ un numero nudo, poiché è divisibile per ognuna delle sue cifre.
E’ un numero modesto, poiché dividendo 3333 per 333 si ottiene 3 come resto, che è la quarta cifra di 3333(1).
E’ un numero pernicioso, poiché la sua rappresentazione in base 2, 110100000101, contiene 5 numeri 1, con 5 numero primo(2). Inoltre, poiché 5 è anche un numero dispari, 3333 è anche un numero odioso(3).
Dopo questo rapido excursus su alcune delle curiosità matematiche intorno al 3333, passiamo a esaminare più in dettaglio la storia di chiusura del numero, dove la matematica, anche se non si vede, gioca un ruolo fondamentale.
Viaggio in un altro mondo
Claudio Sciarrone, in quell’occasione su testi di Alessandro Sisti, aveva già affrontato una storia sulla realtà aumentata (augmented reality, AR, termine coniato nel 1990 da Thomas Caudell, all’epoca ricercatore della Boeing). Mentre quella era, però, una storia che metteva in qualche modo in discussione la filosofia stessa della realtà aumentata, nel caso de La realtà troppo reale Gabriele Panini affronta l’applicazione più di successo della realtà aumentata: il videogioco, in particolare quello di ruolo.
Negli ultimi anni, infatti, abbiamo assistito a un proliferare di giochi di ruolo da realtà aumentata dove, utilizzando il proprio smartphone o tablet, è possibile interagire con oggetti che compaiono sullo schermo, ma che si sovrappongono all’immagine reale del mondo che ci circonda. Questo implica, ad esempio nel caso di un gioco fantasy basato su una classica cerca, di doversi spostare per gli ambienti cittadini per completare la propria missione e magari sfidare altri giocatori o mostri generati dall’IA del videogioco, che sbarrano il passo pur non comparendo nel mondo reale.
Nel caso della storia di Panini e Sciarrone, però, i videogiocatori, ovvero Qui, Quo, Qua, insieme con un loro geniale amico e con una squadra di antipatici avversari, vengono improvvisamente catapultati all’interno del videogioco stesso, Papertech. La storia, una delle migliori di Panini, si sviluppa con un buon ritmo e propone una caratterizzazione forte e decisa dei nipotini, anche con delle leggerissime differenze tra i tre, nonostante non siano così marcate come nella recente Tre paperi in gioco. Sono dei nipotini sprint, dunque, anche grazie all’apporto di Sciarrone, che molto probabilmente realizza anche i colori della storia e li cala all’interno di un’atmosfera a metà strada tra Tron e Wolfstein. L’esperienza con PK, poi, trova i suoi frutti nelle armature digitali che i nipotini indossano all’interno di Papertech, così come le loro iconiche posture.
Ovviamente il principale spunto scientifico che vale la pena approfondire è quello della realtà aumentata.
Andare oltre il reale
La prima idea paragonabile alla realtà aumentata risale al 1901 quando Lyman Frank Baum, l’autore della saga de Il Mago di Oz, si chiedeva se fosse possibile costruire un dispositivo elettrico in grado di proiettare dati nella vita reale.
Successivamente, tra il 1957 e il 1962, il cineasta Morton Heilig inventò e brevettò il Sensorama, una macchina che avrebbe dovuto immergere gli spettatori in un crogiolo di sensazioni visuali, sonore, motorie, ecc.
Una delle prime applicazioni di un dispositivo tipo AR è in campo astronomico: nel 1987 Douglas George e Robert Morris creano un prototipo funzionante di un particolare telescopio astronomico che sovrapponeva nell’oculare alle immagini del cielo la stella con l’intensità maggiore, le immagini dei corpi celesti e altre informazioni rilevanti.
Il primo sistema di AR propriamente detto viene, però, sviluppato nel 1992 da Louis Rosenberg per conto dell’Air Force Research Laboratory di Armstrong negli Stati Uniti.
Senza ripercorrere pedissequamente la timeline dell’AR, facciamo un balzo al 2008, quando viene rilasciata una delle prime applicazioni di realtà aumentata per smartphone: Wikitude AR Travel Guide per il G1 Android. E’, invece, del 2012 il lancio di Lyteshot, piattaforma di gaming con interazione AR che utilizza dei piccoli occhiali per la visualizzazione dei dati di gioco. Da lì la strada del gaming per la realtà aumentata è decisamente spianata, anche grazie a giochi come Pokemon Go o Ingress Prime.
Ovviamente si possono immaginare anche altre applicazioni, come ad esempio il controllo di robot in esplorazione in ambienti impraticabili o la possibilità di portare a termine operazioni a distanza di chilometri.
Realtà alternative
Altro spunto interessante nella storia di Panini è lo strumento utilizzato per sbaglio dai ragazzi per entrare fisicamente nel mondo del videogioco: dei traslatori dimensionali che
servivano a dimostrare l’esistenza di realtà alternative, tramite attività ultradimensionali!
In effetti esistono molti suggerimenti per verificare l’esistenza di realtà alternative, a volte chiamate anche universi paralleli. E indubbiamente il sistema immaginato da Panini è meno pericoloso del suicidio quantistico proposto da Max Tegmark. E dire, come fa il nipotino, che la dimostrazione è andata a buon fine solo perché, a causa di una interferenza con il videogioco sono stati catapultati all’interno del monto di Papertech non è decisamente conclusivo: secondo il principio olografico proposto da Gerardus ‘t Hooft, tutte le informazioni per un mondo in dimensioni sarebbero già presenti in un mondo a
dimensioni, quindi ciò che quell’interferenza potrebbe aver fatto è utilizzare ingenti quantità di energia per trasformare l’informazione tridimensionale di Qui, Quo, Qua e compagni in informazione bidimensionale e mandarla nel mondo di Papertech, ma poiché questo mondo contiene tutte le informazioni di un mondo 3d, chi lo sperimenta non può accorgersi della differenza con un mondo 2d, se non per il piccolo dettaglio di essere in grado di attraversare le pareti, almeno alcune pareti particolari.
D’altra parte la pssibilità di verificare l’esistenza di un multiverso non è così semplice: al momento la possibilità che sembra essere più vicina è legata alla verifica dell’esistenza delle onde gravitazionali primordiali, che dimostrerebbero la correttezza del modello inflazionario per quel che riguarda le origini e lo sviluppo dell’universo. Secondo tale modello, l’universo sarebbe costituito da tanti universi bolla, o universi pocket, ognuno con le sue leggi della fisica distinte, ma senza alcuna possibilità di scambiare informazioni uno con l’altro.
Per ora tutto ciò risulta piuttosto affascinante e materia per racconti di fantascienza, come questa piccola Realtà troppo reale, ma anche con una verifica completa del modello inflazionario non potremmo avere la completa certezza dell’esistenza di realtà alternative, visto che sembra ci siano precluse.
La recensione del numero in edicola verrà pubblicata domenica su DropSea
- A voler essere precisi, un numero modesto è un numero
che può essere diviso in due gruppi di cifre,
e
, e la divisione tra
e
da
come resto. ↩
- In generale un numero pernicioso è tale quando il numero di 1 nella sua rappresentazione binaria è primo. ↩
- Un numero si dice odioso quando la somma delle sue cifre nella rappresentazione binaria è dispari. Si dice, invece, malefico se la somma è pari. ↩