Margherita Hack: Pedalando tra le stelle
Il mio interesse per la bici e il ciclismo è cominciato molto presto, certamente prima che avessi compiuto dieci anni, perché la domanda di rito che rivolgevo a qualunque nuova persona che incontravo, sia che fosse un ragazzino come me o un amico dei miei era: «Sei per Binda o per Guerra?». Io ero per Binda. Questa fu la prima domanda che rivolsi anche ad Aldo, quando al giardino pubblico del Bobolino mi offrì di giocare con lui e i suoi amici, perché io “avevo la palla” e potevamo fare un torneo. Allora avevo appena compiuto undici anni. Lui ne aveva tredici ed era per Guerra. Oggi io ne ho ottantanove e lui novantuno, ma giochiamo ancora insieme.
E’ così che inizia La mia vita in bicicletta, biografia a pedali di Margherita Hack. In un certo senso riassume perfettamente non solo il libro ma anche la sua vita, fatta soprattutto di bicicletta e sport in generale e di Aldo. Oltre che di astronomia, ovviamente. E questi sono anche i tre elementi che Roberta Balestrucci Fancellu e Laura Vivacqua utilizzano per costruire Margherita Hack. In bicicletta tra le stelle.
Le due autrici raccontano di un’estate in bicicletta, un viaggio tra i paesi del centro Italia attraversato da Margherita e dal marito Aldo De Rosa pedalando.
I due si erano sposati nel 1944. Le due autrici, però, non ci danno molti elementi per identificare cronologicamente la storia, e gli unici presenti sembrano in qualche modo contraddittori. Vediamo di metterli un po’ in ordine.
Dopo la laurea della Hack, avvenuta nel 1945, dopo la liberazione dell’Italia dal giogo fascista, la coppia rimase ancora per un paio di anni in zona fiorentina, per poi trasferirsi a Milano nel giugno del 1947 per un breve periodo durante il quale la Hack lavorò presso la Ducati.
Quando però la giovane astronoma ricevette un’offerta da Arcetri con uno stipendi che era identico a quello percepito in Ducati, ma per un lavoro che la interessava molto di più, i due ritornarono in Toscana. Qui, però, i due abbandonarono l’uso delle biciclette per acquistare, grazie ai risparmi che Aldo era riuscito a mettere da parte, ben due moto Ducati ultimo modello.
La vita dei due proseguì più o meno motorizzata per una quindicina di anni, fino a che Margherita non vinse nel 1964 il concorso per la cattedra di astronomia all’Università di Trieste. Qui i due ripresero l’uso della bici, ma acquistarono tre bici da passeggio, la terza per Margarita Franco, una dottoranda della SISSA in astrofisica.
Giunti a Trieste, quindi, i coniugi Hack-De Rosa sono sui quarant’anni e la loro attività in bicicletta è quella di passeggiate fino a Topolini, quindi risulta un po’ stupefacente quando a pagina 16 Margherita consultando la mappa del viaggio mostra ai lettori che questo è previsto partire da Trieste per finire a Santa Maria di Leuca, un viaggio che poteva essere portato a termine solo con delle bici adatte, che, come correttamente mostrato dalla Vivacqua, non sono certo bici da passeggio.
Ad ogni buon conto la collocazione cronologica è comunque un “protagonista” tutto sommato marginale, e forse anche eccessivo visto che il libro non vuole essere in prima battuta una biografia completa della Hack, ma evidentemente un sentito omaggio alla sua figura e a ciò che ha rappresentato come astronomia, ma anche come divulgatrice. La sensazione, in effetti, è che la vicenda in qualche modo si svolge un po’ “fuori dal tempo”, in una zona in cui passato, presente e futuro si mescolano. Su tutti basti pensare alla citazione al film e non al telefilm di Star Trek, che ci porterebbe a dei personaggi che vanno verso i 60, visto che il primo film di Star Trek ci porterebbe al 1979.
D’altra parte gli elementi essenziali della storia delle due autrici sono altri: la bici, l’astronomia e il rapporto tra Aldo e Margherita. Il tutto raccontato con garbo e delicatezza, ma anche con quel pizzico di humor che non può mancare quando si “parla” della Hack, anche se questa parte è forse una delle più deboli del libro.
L’approccio leggero, quasi in punta di piedi, però, non rinuncia al racconto delle discussioni tra i due coniugi, che in questo caso si trasforma in un confronto tra la cultura letteraria e quella scientifica, con quest’ultima che, inevitabilmente, la fa da padrona. Nel corso del viaggio, infatti, Margherita Hack fornisce al marito alcune pillole di astronomia, piccoli pezzi di informazione su ciò che sapevamo all’epoca dell’universo. L’astronoma usa analogie che prendono spunto dall’ambiente che i due hanno intorno, ma soprattutto dalla bicicletta, che in un certo senso viene usata un po’ come il treno per raccontare la relatività di Albert Einstein.
E proprio intorno ad Einstein che le due autrici costruiscono una sorta di running gag in cui a più riprese Aldo si dice geloso di quest’ultimo ogni volta che la moglie lo cita. E la cosa avviene abbastanza spesso!
Nel complesso, però, la parte scientifica, per quanto abbastanza corretta e precisa, sembra quasi artificiosa e innaturale per come viene di volta in volta introdotta, mentre le parti di vita quotidiana e soprattutto quelle in cui emerge con forza il legame tra Margherita Hack e il marito risultano molto più vivide ed efficaci rispetto alle prime. Forse un approccio più vicino a quello adottato da Corinne Maier e Anne Simon per Einstein o a quello di Francesca Riccioni e Tuono Pettinato con Enigma sarebbe stato più indicato, separando in maniera più netta gli inserti scientifici dalla storia, ma rendendoli così, per assurdo, meno artificiosi.
In tutto questo, però, il finale risulta la parte meglio costruita del libro, poiché trasmette al lettore la sensazione che le due culture, quella letteraria e quella scientifica, in realtà possono convivere e completarsi, senza dover essere poste in una competizione apparentemente contraddittoria, come spesso si vuole raccontare soprattutto in Italia.
L’aspetto visivo, invece, è caratterizzato da una linea chiara e da una colorazione minimale (un bianco e nero con l’aggiunta di un verde acqua qua e là) e da un tratto manga style che rende la storia moderna e aumenta la sensazione di una narrazione senza tempo, più che cronologicamente ben innestata all’interno della vita della Hack. Il layout delle pagine, poi, è particolarmente dinamico, adattato alle esigenze della storia per enfatizzare alcune scene piuttosto che altre, come ad esempio nella vignetta in cui Margherita si ritrova persa nei suoi pensieri, che la Vivacqua rappresenta come completamente immersa tra le stelle.
Alla fine un libro convincente a metà, che da un lato riesce indubbiamente a raccontare in maniera vivida e interessante il rapporto di una coppia, quella di Margherita e Aldo, che è la tipica coppia di nerd (sono presenti, infatti, altre citazioni pop nel corso delle pagine), ma d’altra parte forse mettere un po’ da parte la scienza, tenerla quasi un po’ discosta dalla storia, avrebbe permesso di renderla una protagonista meno intrusiva di come invece si è rivelata.