di AA VV
Panini Comics, apr. 2009 – 80 pagg. col. spil. – 3,30euro
Parte l’attesa “Vecchio Logan”, saga ambientata in un ipotetico futuro distante cinquant’anni. Opera dei due apprezzati autori (fra le altre cose) di “Civil War”, Mark Millar e Steve McNiven, ci proietta subito in un domani senza speranza, per ragioni che vi lascio il piacere di scoprire con la lettura. Direi quasi ovviamente, considerata la levatura degli artisti, “Vecchio Logan” è una lettura gradevole ma, almeno per ora, niente di più. Millar è frizzante nel ritmo e brillante nei dialoghi ma con molto mestiere e poca ispirazione mentre i pur efficaci disegni di McNiven risentono di una manierismo quasi autoreferenziale che li rende pesanti. Va precisato che questa parte dell’albo non è collegata a Secret Invasion, come invece il primo episodio di “Capitan Bretagna e MI-13”, opera di Paul Cornell e Leonard Kirk. Gli accadimenti sul suolo britannico, per quanto si sa finora, non sembrano un capitolo fondamentale della vicenda, ma in questo potrei essere smentito facilmente perché i tasselli si potranno ponderare bene solo a crossover chiuso. Quello che appare un po’ meno opinabile è che la qualità di testi e disegni non è proprio entusiasmante, seppur non disdicevole. Mi pare si possa dire che è un classico esempio di storie superflue create per vendere più albi sfruttando il traino di un crossover. Molto più interessante la breve storiella con Nightcrawler protagonista scritta dall’ormai affermato Matt Fraction e disegnata dal bravo, ma non conosciutissimo, James McKelvie, plastico ed espressivo. L’abilissimo Fraction con le poche pagine a disposizione offre una riflessione sulla percezione delle opere d’arte (con la dotta citazione di un saggio europeo, cosa insolita per un americano), sulla cucina povera, sul perdono e sulla clonazione. Come bonus anche un po’ d’azione. Chiude l’albo la divertente “Wolverine: Origini” che, sebbene rappresenti l’ennesimo sfruttamento del popolare mutante artigliato, si legge con piacere sia per il brio dei testi di Daniel Way sia, soprattutto, per i disegni del grande Steve Dillon, un po’ fuori dal genere che gli è più congeniale ma sempre straordinario nella sua apparente povertà di tratto. (Paolo Garrone)

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