Superman: L’era Spaziale è una miniserie firmata da Mark Russel (testi), Mike Allred (disegni), Laura Allred (colori) e Dave Sharp (lettering) pubblicata da DC Comics negli USA in tre uscite (luglio e settembre 2022, febbraio 2023) raccolte in un volume che offre in coda una galleria di variant cover e di matite di Allred e che Panini Comics propone nella traduzione di Andrea Toscani e Vania Vitali.
L’opera
Il centro del racconto, ciò che stabilisce una prospettiva di lettura dei personaggi, è l’inadeguatezza di Clark Kent/Superman e Bruce Wayne/Batman rispetto alla complessità del mondo. I due supereroi sono mostrati in tutta la loro difficoltà ad articolare un discorso morale compiuto, qualcosa che vada oltre il volontarismo estemporaneo. Il loro, è un percorso di crescita – solitario quello di Wayne, guidato da Lois quello di Kent – nel quale tentano di costruire una visione del proprio ruolo e delle proprie responsabilità.
La vicenda è ambientata nel multiverso pre-Crisis on Infinite Earths – in particolare, fra due versioni della Terra –, fra il 1963 e il 1985 e racconta le vocazioni di Clark Kent/Superman e Bruce Wayne/Batman che scorrono in due linee narrative autonome, intrecciate rispettivamente a quelle di Lois Lane e Lex Luthor; a contorno, altri supereroi, riuniti nella Justice League, mentre, nel finale, a Gotham compare anche il Joker. Da notare come non ci siano villain dotati di super poteri e come lo stesso Joker sia solo un disadattato, colpito dalle speculazioni della Wayne Corporation.
Abbiamo quindi una galleria di “origin story” che emergono dal confronto con la realtà sociale e politica degli Stati Uniti: i vari capitoli attraversano oltre venti anni di storia, considerano esplicitamente l’assassinio di John Kennedy, il Watergate, gli scontri per i diritti civili e alludono (forse) alla guerra del Vietnam in una vignetta di passaggio. A livello personale, Kent/Superman e Wayne/Batman dimostrano grande difficoltà a cogliere le complessità delle strutture politiche ed economiche nelle quali pure si muovono, una complessità che li coglie impreparati, rivelando una profonda ingenuità nel loro sguardo sul mondo. A contrasto, Lois Lane e Lex Luthor leggono il mondo e agiscono con una lucidità, basata su una profonda consapevolezza dei meccanismi di quelle strutture e dello spirito umano, che rimane fino alla fine fuori dalla portata dei due supereroi.
Visivamente il racconto sfrutta costruzioni di tavola molto semplici, con colori dai toni smorzati e raro uso di sfumature, a dare una lettura fluida. Se la pessima resa dei movimenti – esemplare l’immagine dell’esplosione della cabina che fa volare in aria Batman nel capitolo 3 – è tamponata dallo scarso ricorso a scene di azione, il vero difetto è la recitazione dei personaggi: non solo la fisiognomica è altamente instabile ma, soprattutto, l’espressività dei volti è spesso appiattita dalla pesante inchiostratura. Caso esemplare lo sguardo dei personaggi, i cui occhi bistrati – quasi da personaggi di film espressionisti del muto – assumono espressioni fuori tono rispetto alla scena. Questo appiattimento espressivo è reso ancora più evidente dai casi in cui invece i volti si animano, come nella sequenza della distruzione della versione della Terra in cui è ambientata la vicenda, in quasi ogni comparsa sulla scena di Wonder Woman e nelle immagini a matita in coda al volume. In tutti questi casi le emozioni sono rese con ricchezza di sfumature e ogni personaggio acquista una propria individualità e sensibilità.
L’esperienza di lettura
Superman: L’Era Spaziale propone una ricca messe di spunti, posti in evidenza dalla struttura episodica della narrazione: sulla scena abbiamo sempre momenti importanti e dialoghi critici, con pochissimi passaggi di alleggerimento della tensione che, nella vicenda di Clark Kent/Superman, nasce anche dai rapporti con Lois e con i genitori adottivi. Da una parte questo risulta in un ritmo molto alto, dall’altra in alcuni passaggi forzati che indeboliscono la struttura del racconto. Esemplari in questo senso sono la scena in cui Superman incontra Braniac e quella in cui Luthor, in una tavola e mezzo, riesce a evadere dalla prigione nonostante sia responsabile dell’uccisione di due milioni di civili statunitensi.
Nel racconto di Wayne/Batman la forzatura è ancora più netta: Bruce scopre che il nuovo CEO della Wayne Corporation è responsabile della campagna di distruzione di alcuni quartieri di Gotham; ebbene, invece di agire come proprietario, destituendolo e tentando di reindirizzare la propria azienda, compie una serie di azioni terroristiche come Batman. Il che, in assenza di spiegazioni, resta un’azione semplicemente senza senso. Una simile confusione, infine, domina il finale del racconto, distruggendone il pathos. Questa leggerezza è tanto più stridente in quanto è inserita in un racconto che fa del confronto con la complessità del reale il punto centrale e non è giustificabile tramite un generico rimando allo spirito della Silver Age a cui pure allude il titolo dell’opera.
Altro elemento non amalgamato nella narrazione è la presenza dei supereroi, introdotti in massa con una didascalia di due righe nel secondo capitolo e che restano confinati in un ruolo di colore. L’evidenza del fatto che il racconto non abbia un posto per quel gruppo di supereroi è riscontrabile nei loro incontri nella Hall of Justice fatta costruire da Bruce Wayne: sono scene inconcludenti la cui futilità è stigmatizzata dallo stesso Batman (“What I actually created was the world’s most expensive debate club” / “Quello che in realtà avevo creato era il più costoso club di chiacchiere del mondo”). Unica eccezione: Hal Jordan/Lanterna Verde introduce Braniac, ma si tratta di fornire una spiegazione agli eventi, quindi un ruolo meramente funzionale a sostituzione di uno spiegone. Inoltre, durante queste riunioni, sono inserite scenette comiche con protagonista Flash che diventano un tormentone che, piuttosto che alleggerirne il tono, sottolineano l’estraneità di quei personaggi rispetto al racconto.
L’importanza del contatto con la realtà ordinaria e le sue dinamiche è invece trasmessa efficacemente dalla resa dei corpi, che si segnalano per la loro ordinarietà, tutti lontani da ipertrofismi, glamour ed estetizzazioni particolari. Così, se pure Luthor assume spesso espressioni ghignanti da villain del tempo che fu, a bilanciare abbiamo un Bruce Wayne dalla complessione robusta, ma soprattutto snella. Tutto concorre quindi a sottolineare la “normalità” del mondo, in un modo che amplifica l’eccezionalità di Kal-El; l’effetto secondario di questa coesione è di evidenziare la gratuità della presenza degli altri supereroi, che alla fine sono utilizzati per le famigerate scenette comiche e per due scene di massa.
Sintesi
Racconto ambizioso, Superman: L’Era Spaziale si smarrisce in una tessitura a tratti estemporanea e in una interpretazione dei personaggi poco efficace. È invece ben resa l’ingenuità di Clark Kent e Bruce Wayne rispetto alla consapevolezza di Lois Lane e Lex Luthor e, soprattutto, la questione morale dell’azione della Wayne Corporation nel degrado di Gotham, a cui è collegata l’origine del Joker, che qui resta tuttavia mero strumento manipolato da Luthor. Siamo quindi di fronte a un ottimo progetto che sconta una realizzazione disorganica e mutilata e che resta un gioiello mancato.
Abbiamo parlato di:
Superman: L’era Spaziale
Mark Russel, Mike Allred, Laura Allred, Dave Sharp
Traduzione di: Andrea Toscani e Vania Vitali
Panini Comics, 2023
256 pagine, cartonato, colore – 29,00 €
ISBN: 9788828743248