Giampiero Casertano (Classe 1961) nasce Milano, dove vive e lavora. Frequenta il liceo artistico e si diploma come grafico pubblicitario. Appena quindicenne, entra in contatto con Leone Cimpellin, che gli offre di realizzare le chine di “Johnny Logan” e di alcune storie per “Guerra d’Eroi”. Conclusasi l’esperienza con la Dardo, Casertano inizia a collaborare con “Boy Music”, pubblicando cinque storie libere su testi di Pellizzari. Notato da Alfredo Castelli, entra nello staff di Martin Mystère debuttando, nel 1984, con la storia “Tunguska” (ne disegnerà altre due storie e uno speciale) . Alla nascita di Dylan Dog, passa nel nuovo team di disegnatori. Di lì a poco, gli vengono affidate le copertine di Nick Raider, che gli valgono, nel 1989, un Premio Anaf. Abbandonato l’incarico, si dedica a tempo pieno alle storie dell’Indagatore dell’Incubo, impegno che però non gli impedisce qualche puntata nel noir onirico di Napoleone, di cui ha disegnato il n. 5 della serie, “Racconto d’autunno”. Nel 1997 pubblica in Francia per la Solèil un cartonato di tre storie autoconclusive dal titolo Guerres, con la collaborazione alle sceneggiature di Stefano Di Marino e Carlo Lucarelli, l’edizione italiana verrà curata nel 1999 da “I Libri Scuola del Fumetto”. Esce nel 2008, per la casa editrice Renoir, il primo volume di Decio su testi di Giorgio Albertini. Nel 2012, è autore dei disegni dell’albo di esordio della collana le Storie.
Torni al formato bonelliano ma in una veste diversa dagli albi seriali: è stato più semplice o più complesso lavorare a una storia libera?
Non è stato affatto complesso ma molto stimolante.
“Il Boia di Parigi” sembra che ti calzi a pennello, per tematiche e caratterizzazioni dei personaggi. Sei stato scelto direttamente per disegnare questa storia, o erano in lizza altri disegnatori? E quale è stata la tua reazione alla notizia di dover disegnare il primo numero di una collana, per forza di cose, storica (in molti sensi) della SBE?
Come tu sai, mi entusiasma particolarmente disegnare lo “storico” in generale. È una passione che mi segue fin da bambino e che solo raramente ho avuto modo di soddisfare. La scelta della storia mi è stata concessa da Marcheselli: ho scelto tra tre soggetti diversi. Per quanto riguarda il numero uno, in realtà non lo sapevo quando ho iniziato il lavoro, ma sembra che la decisione di inserirlo come apertura della serie sia stata una scelta di Marcheselli.
La caratterizzazione grafica è in un certo senso manichea. Il brutto viene visto come segno distintivo
del cattivo, o dell’incolto. La tua capacità di disegnare personaggi “brutti” è un po’ un marchio di fabbrica. Come è nata questa rappresentazione dei personaggi? Non rischia di essere un punto debole del racconto?
Mi permetto di dissentire dal tuo giudizio sui brutto e cattivo. La caratterizzazione morale in questa storia non sempre coincide con l’aspetto, prova ne sia il personaggio di Danton che , pur avendo lineamenti duri risulta essere alla fine un personaggio positivo, vittima egli stesso dell’ideologia robespierriana. Quello che secondo me trae in inganno è la carica espressiva dei miei personaggi nel momento della recitazione. Mi immedesimo sempre nella scena che devo disegnare recitando in prima persona le varie parti, e forse questo si nota…
Questa è una delle tue migliori prove degli ultimi anni, una delle più curate e anche più sentite. Cosa ti ha stimolato, il fatto che fosse il numero 1 di una nuova collana, l’ambientazione diversa dal solito, la particolarità della storia e dei personaggi, o cosa?
Ti ringrazio per questo complimento, che sento sincero. Un po’ tutto quello che hai detto, ed in particolar modo la mia stima per Paola, che da sempre riesce a stimolarmi con l’efficacia delle sue storie. In questo anni ho scoperto una grande sintonia tra il suo mondo e il mio.
Ne Il boia di Parigi, come pure in un volume come Decio, ti trovi a raccontare la Storia con la S maiuscola. Quanto conta in questi casi il lavoro di documentazione? Ti pesa? Ti diverte?
È importantissimo! A differenza di una storia moderna dove ho più possibilità di inventare e di improvvisare, con la Storia non si scherza! Innanzitutto trovo obbligatorio essere il più aderente possibile alla realtà storica perché questo rende più attendibile e professionale il mio lavoro e poi perché imparo molto dallo studio della documentazione, accresce il mio bagaglio iconografico.
In cosa sono differenti il Casertano di “Memorie dall’invisibile” (giudicato da molti il tuo lavoro migliore in assoluto) dal Casertano di oggi? Sei soddisfatto del tuo percorso formativo? Lo storico numero 19 di Dylan Dog ha segnato uno spartiacque nella tua vita professionale o è stato tutto molto regolare nella tua evoluzione? In generale, quale consideri il tuo miglior lavoro
Differisce nel fatto che sono passati più di vent’anni! Da allora la mia visione del fumetto è diventata più complessa, si è arricchita di nuovi saperi e di nuove difficoltà, e anche queste mi aiutano a crescere. Anche per me il n. 19 ha costituito un momento importante della mia evoluzione, ma l’ho sempre considerato un momento di partenza in una naturale ricerca che mi ha portato a quello che sono diventato oggi. Senza scomodare paroloni, mi considero un buon professionista che non si è mai voluto accontentare.
La ricerca di una maggiore sostanza nei volumi, nella tridimensionalità dei corpi, richiama tra gli altri un certo Magnus. Questo sembra un passo importante nel tuo percorso artistico: è il segno anche di un diverso approccio al disegno (per tempistiche, direttive) rispetto al lavoro su una serie regolare?
Innanzitutto ti ringrazio di accostarmi ad un maestro come Magnus che ho sempre considerato un gigante del fumetto italiano. L’osservazione che fai è giusta in quanto ho cercato di accentuare non solo il volume nei miei disegni ma anche una certa moderazione “realistica”. Ad un certo punto della mia evoluzione mi sono accorto che l’indirizzo comico/grottesco stava prendendo il sopravvento. Non solo Magnus mi ha ispirato ma anche altri disegnatori, stranieri e italiani. Ma credo che questa ricerca sia partita già da qualche anno.
Barbato ci regala con Sanson un personaggio molto complesso e travagliato dal punto di vista psicologico. A livello grafico, come è stato interpretarlo?
È stato molto impegnativo perché spesso la recitazione non dava appigli emozionali marcati, l’espressione del corpo come del volto dovevano essere sempre mediati da situazioni sottintese, più che conclamate. Altre volte invece era più facile,quando il personaggio evidenziava la propria emozione con un’azione drammatica.
Tu sei partito da uno stile molto realistico in Bonelli, pensiamo alle prime prove per Ken Parker e, poi soprattutto alle tue storie magistrali per Dylan Dog. Ma oggi il tuo segno appare diverso, più sintetico. Questa evoluzione ti è venuta spontaneamente, o alla base c’è una volontà/esigenza formale di cambiare?
Una cosa non esclude l’altra, infatti ho scoperto che il ripasso doveva essere maggiormente al servizio del mio disegno, che contemplava quella voluminosità di cui parlavi prima. Sono passato da una sintesi grafica che evidenziava l’efficacia del segno, quasi fine a se stessa, ad un ripasso che rispettasse la plasticità del disegno e quindi ad una gamma di chiari/scuri molto più ampia.
L’accostamento Casertano-Sclavi- DylanDog a molti di noi lettori sembra quasi automatico, pensando a gioielli come “Memorie dall’invisibile”. Ma a te , come autore, è pesato negli anni essere etichettato come il “D”isegnatore di Dylan Dog?
Magari fossi il Disegnatore con la D maiuscola di Dylan Dog!
Sfogliando le centinaia di pagine da te prodotte, ciò che balza agli occhi è l’intesa carica espressiva che riversi nei volti dei personaggi, tanto i protagonisti quanto le semplice comparse. Che tipo di approccio hai? Ti ispiri a persone realmente esistenti? In tal caso a chi appartiene il volto di Sanson e quello fortemente caratterizzato di Danton?
Il mio cognome rimanda chiaramente ad una origine culturale che privilegia una certa teatralità! Sanson è una mediazione tra la richiesta di Paola di riferirsi alla figura di Depardieu e una mia personale interpretazione, per sentirlo più “mio”. Danton invece è una sintesi tra i vari ritratti che gli sono stati fatti. Aldilà delle ricostruzioni storiche, ribadisco che per farli recitare meglio i personaggi devono essere “miei”.
Sappiamo che sei al lavoro su un numero nuovo de Le Storie. Ci puoi anticipare qualcosa?
Basta che rimanga fra noi… Ho già consegnato una storia finita, ambientata durante una guerra moderna, mentre in questo momento, dopo aver ultimato un lavoro su Dylan, ho iniziato una nuova avventura storica nell’Italia dei primi anni del Seicento. Mi sto divertendo molto anche se questo comporta un aumento non trascurabile di ore di fatica! Ricordatevene, quando sfoglierete l’albo!
Se ti fosse data l’opportunità di scegliere il soggetto o il tema di una storia da disegnare, cosa sceglieresti?
Una vicenda legata alle guerre napoleoniche oppure al periodo imperiale romano.
Grazie a Giampiero Casertano per la disponibilità!
Ti ringrazio per le domande particolarmente stimolanti e ti saluto.