Sette anni nello studio Ghibli: Hayao Miyazaki e l’airone

Sette anni nello studio Ghibli: Hayao Miyazaki e l’airone

Nei cinema dal 25 al 27 novembre 2024 il documentario di Kaku Arakawa che racconta la lavorazione de "Il ragazzo e l'airone".

“Quando chiudo gli occhi, non smetto di pensare” – Hayao Miyazaki

Seguito ideale (ma non dichiarato) di Never-Ending Man: Hayao Miyazaki (2016), Hayao Miyazaki e l’airone è il nuovo documentario di Kaku Arakawa girato durante i sette anni di lavorazione de Il ragazzo e l’airone, ultima fatica del Maestro nipponico, premiata (tra l’altro) con l’Oscar e il Golden Globe.

Presentato in anteprima al Festival di Cannes 2024, in occasione della consegna della Palma d’oro onoraria allo Studio Ghibli, il nuovo lavoro di Arakawa non si limita a essere una preziosa e dettagliatissima ricostruzione del making of del film, ma è piuttosto (e soprattutto) uno sguardo sulla figura e il passato di Miyazaki uomo e regista, sugli eventi e le persone che hanno influenzato non solo professionalmente ma anche umanamente le sue opere.

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Tra queste figure, assume un ruolo preminente Isao Takahata, amico e sodale verso il quale Miyazaki nutriva un’ammirazione sconfinata. Viene documentato senza filtri né particolari artifici l’impatto devastante che la scomparsa del co-fondatore dello Studio Ghibli ha avuto sul regista, suggerendo esplicitamente che proprio il rapporto tra i due e la morte di Takahata siano stati fra degli impulsi principali alla inattesa decisione di intraprendere la realizzazione de Il ragazzo e l’airone. Come ricordato nel documentario, infatti, in seguito all’uscita di Si alza il vento (2013) Hayao Miyazaki tenne una conferenza stampa a Venezia in cui annunciava il suo ritiro dalla produzione dei lungometraggi, giudicati ormai troppo faticosi per la sua età.

Altra colonna portante del documentario è la rappresentazione del rapporto con lo storico produttore Toshio Suzuki, stimolo costante per il regista a spingere al limite la propria creatività e le proprie idee, in una sorta di batti e ri-tra i due a tratti esilarante, anche se non privo di comprensibili tensioni. Durante la visione è possibile apprendere come queste figure chiave della vita di Miyazaki fungono da spunto per la creazione di due dei personaggi principali del film, ovvero il potente mago prozio del protagonista e l’airone del titolo. Alla luce di ciò, è possibile dunque reinterpretare la pellicola non solo sotto il punto di vista filosofico e metafisico, ma anche coglierne il significato notevolmente più personale e intimista.

Hayao Miyazaki And The Heron 2024 Kaku Arakawa 02

Il documentario costituisce poi un viaggio esclusivo e irripetibile nel processo produttivo e creativo dello Studio, un’occasione unica per assistere a tutti i passaggi operativi, dal primo concept al doppiaggio, fianco a fianco con le maestranze principali Ghibli tra cui lo stesso Miyazaki, che non ha solo realizzato personalmente a mano lo storyboard della sua ultima opera, ma anche governato la realizzazione delle animazioni chiave, fase particolarmente cara al regista che ha comportato un notevolissimo dispendio di tempo ed energie.

Abbandonata la classica forma ad intervista, la “presenza” di Arakawa nel documentario è solo di rado e parzialmente percettibile, essendo la sua telecamera un occhio quasi invisibile che tenta con discrezione di carpire vicende, pensieri, parole. Il taglio è realistico, con molte scene che si potrebbero ritenere insignificanti (le passeggiate di Miyazaki dalla sua abitazione ai locali dello Studio, l’attività si spaccare la legna svolta sempre più lentamente e stancamente col passare degli anni, per citarne alcune), ma che invece contribuiscono e rendere emozionante e significativo l’insieme. Amplissimo minutaggio è dedicato a riprendere il regista nella sua minuscola postazione di lavoro, condizione perfetta per cogliere le sue estemporanee e svariate riflessioni e anche burle, sulla vita e il passato, la sua opera di regista, dagli aspetti tecnici a quelli creativi.

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Caratterizzato da un montaggio veloce, con dei passaggi addirittura frenetici, le due ore di questo documentario non risultano affatto eccessive, specialmente considerando la ricchezza, la varietà e la significatività dei suoi contenuti. È apprezzabile e riuscito l’inserimento ad arte di brevissimi spezzoni tratti da tutta la filmografia di Miyazaki, volto a creare una sorta di commistione tra opera creativa e vita reale, sempre estremamente evocativa.

Alla fine della proiezione, un sommesso senso di commozione potrebbe cogliere anche chi non è un ammiratore del regista giapponese.

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