Nel mondo del fumetto che vorrei, mi piacerebbe che quando uscisse un nuovo libro di Giacomo Nanni ci si fermasse un attimo e che per qualche settimana non si parlasse d’altro. Come quando esce un film tanto atteso al cinema, che si esplorano insieme le scene, i dettagli, i significati possibili.
Un giorno, la sera, l’ultimo lavoro dell’autore riminese pubblicato da Rulez, si presta proprio a essere esplorato: i richiami interni, i simbolismi, le scelte di stile, sono così numerose e stratificate che se ne potrebbe parlare a lungo. È stato definito un fumetto “decostruito”, termine che in realtà all’inizio mi è sembrato esagerato, forse pretenzioso, e pensavo si basasse sul fatto che in Un giorno, la sera i testi non sono all’interno delle vignette, ma all’esterno (un po’ poco per decostruire un medium come il fumetto). Naturalmente, mi sbagliavo: Giacomo Nanni decostruisce il fumetto a livelli più profondi.
Un giorno, la sera racconta una storia relativamente semplice: protagonista è un ragazzo di ventitré anni che sta attraversando un momento di profonda crisi economica e vive con un croissant al giorno, tutto quello che le sue scarse finanze gli permettono di mangiare. Il giovane (cui appartiene la voce narrante) racconta tre momenti diversi vissuti a Parigi al crepuscolo, uno di “oggi”, uno di “ieri” e uno dell'”altro ieri”, ripercorrendone alcuni eventi per lui significativi. Potremmo dire che si tratta di una storia di precarietà economica ed esistenziale, raccontata con una scrittura diretta ed evocativa, che tocca le corde giuste con una semplicità di linguaggio che dona una voce precisa e riconoscibile al protagonista. Anzi, questa è il tratto che più lo definisce, considerato che per il resto i personaggi sono quasi delle silhouette, distinguibili a fatica le une dalle altre.
Si tratta di un effetto studiato, ottenuto grazie a un livello di dettaglio simile per personaggi e sfondo. Può suscitare una certa sorpresa la scelta da parte dell’autore di una voce narrante umana dopo gli esperimenti di Atto di Dio e Tutto è vero, ma leggendo risulta sempre più chiaro come la voce che ci accompagna si distingua a fatica da quella di Parigi e dei suoi chiaroscuri, dei suoi margini modellati dal momento di passaggio tra il giorno e la notte, un confine ricco di poesia perché carico di ambiguità. È il desiderio di raccontare questo momento inafferrabile il vero tentativo racchiuso in Un giorno, la sera, attraverso giochi di luce e di tempo: lo abbiamo detto, la storia si svolge tra il presente (oggi) e due flashback (ieri e l’altro ieri), ma nel corso della storia l’avanzare del crepuscolo e i suoi cambi di luce procedono lineari verso la notte per (quasi) tutto il fumetto. In altre parole, mentre la storia raccontata subisce dei salti all’indietro, la luce continua a calare come se si trattasse di un unico giorno.
Vera protagonista di questo fumetto, allora, è la luce, oggetto di una decostruzione che passa anche dalla tecnica utilizzata: Giacomo Nanni si serve di un disegno puntinato che abbiamo trovato anche nei suoi lavori precedenti, ma lo fa in maniera apparentemente meno naturalistica, limitandosi quasi esclusivamente ai colori della stampa in quadricromia (CMYK)1. Il colore, allora, viene letteralmente scomposto nei suoi elementi costitutivi e poi ri-composto in maniera artigianale sulla pagina: Nanni, infatti, disegna (realizzando i puntini uno ad uno, a mano) su fogli di acetato trasparente che vengono poi sovrapposti per creare il disegno completo, con una consapevolezza non comune dei nostri meccanismi percettivi e della tecnica in quadricromia.
Conseguenza di queste scelte è che Un giorno, la sera non è un fumetto facile: la lettura si fa spesso ostica, proprio perché si fatica a mettere a fuoco l’immagine e ad avere uno sguardo d’insieme (personalmente mi sono alzato diverse volte e ho fatto qualche passo indietro rispetto al libro, per vedere meglio l’effetto di colore). Giacomo Nanni de-familiarizza il nostro sguardo sulla città e sulla luce, un effetto che ben si accorda alla gestione del testo, collocato, appunto, fuori dalle vignette. La lettura, allora, procede più o meno così: si osserva la tavola nel suo insieme, si legge la sequenza di immagini, poi il testo, e a quel punto viene spontaneo tornare sulle vignette per abbinare i contenuti del monologo del protagonista con quanto viene mostrato.
Sembra faticoso, ma ci si abitua in fretta e siamo portati a realizzare quanto il modo con cui leggiamo i fumetti quasi spontaneamente sia in realtà molto complesso (e quante cose spesso ci perdiamo). L’unica imperfezione è forse nell’epilogo, che torna all'”oggi” con una necessaria ripresa della luce del giorno, in un momento in cui il protagonista entra in un supermercato. Questo passaggio porta a uno sfasamento di quella continuità della luce che volgeva verso la notte. Eppure la presenza delle luci artificiali del negozio aggiunge significati ulteriori ai quali non manca una certa malinconia: l’ultima meta del nostro vagabondo è uno spazio in cui la luce è omogenea e che, posto nell’epilogo, ha il sapore di un destino amaro.
Per concludere, Giacomo Nanni in Un giorno, la sera non spinge il fumetto ai suoi limiti, ma lo porta alle sue basi, ai suoi elementi costitutivi. Forse è quello che si dice “non un fumetto per tutti”, ma questo dipende in larga misura da come viene letto. Pur tra flashbacks e giochi di luce, la storia scorre con naturalezza: la voce narrante ci accompagna come una guida esperta nei margini che attraversa (margini sociali, urbani e temporali), componendo una storia poetica. D’altra parte, a una lettura più attenta, l’autore ci invita a de-familiarizzare il linguaggio del fumetto, un’operazione, questa, che è propria della letteratura più riuscita.
Abbiamo parlato di:
Un giorno, la sera
Giacomo Nanni
Rulez, 2024
96 pagine, cartonato, colori – 20,00 €
ISBN: 9788894715538
Che consiste, sintetizzando, nella stampa di una vasta gamma di sfumature attraverso quattro colori, ciano (Cyan), magenta (Magenta), giallo (Yellow) e nero (Key). Non funziona mescolando i colori in modo da ottenere la sfumatura desiderata, ma proprio stampando miriadi di piccoli puntini dei colori di base uno accanto all’altro. Il nostro cervello elabora l’informazione e ci restituisce l’effetto di colore. La quadricromia è il sistema standard per la stampa in digitale ed è il più utilizzato al mondo. ↩