Ancora prima dell’undici settembre, nei comics americani i supereroi avevano iniziato a scoprire il mondo intorno a loro, fatto non solo di super-cattivi ma di problemi reali, di guerre tra persone senza superpoteri, di miseria.
Con Authority abbiamo avuto di fronte a noi la prima di una sorta di nuova generazione del supereroe, che diventa giudice supremo del mondo, intervenendo là dove la lentezza ed il disinteresse del mondo stesso non può e non vuole agire.
Il supereroe ha il potere per “aggiustare” il mondo, e tutta l’intenzione di farlo, di raddrizzare i “veri” torti senza rincorrere solamente cattivi in costumi ridicoli o piani assurdi di civiltà aliene ma fermando dittatori e guerre, lottando per eliminare la povertà, scontrandosi con i politici corrotti e le nazioni che non hanno cura dei propri cittadini.
Il commento iniziale è “finalmente“. La domanda spesso posta dal lettore la riassume Mark Millar, acclamato autore di Ultimate X-Men e Ultimates, nel suo primo numero di Authority, serie supereroistica creata da Warren Ellis.
Perché i supertizi non danno mai la caccia a VERI bastardi?.
Perché fin’ora i super-esseri al massimo si scontravano tra di loro, ignorando i problemi “abituali” del mondo?
Da questa nuova visione del mondo in ottica supereroistica sono figli i vari Rising Star di J. M. Straczynski, i New X-Men di Grant Morrison, così come i già citati Ultimate X-Men e Ultimates dello stesso Millar, nonché il nuovo Capitan America tornato in auge dopo la chiusura della sua testata.
Un altro punto di vista
Di opinione opposta sembra essere Alan Moore, nel suo stupendo ciclo di Swamp Thing. La creatura protagonista ha scoperto di essere l’elementale della terra e ha compreso che i suoi poteri non hanno praticamente limiti. Ha già dimostrato di poter rendere fertili interi deserti, di poter rendere migliore il mondo semplicemente pensandolo. Potrebbe salvare l’umanità.
Ma non lo fa. E Moore ce lo spiega nelle ultime intense vignette del suo ciclo, dove le didascalie esternano i pensieri di Swamp Thing.
Allora questo vuol dire essere un dio? Sapere senza mai agire? Osservare il mondo passare… E trovare soddisfazioni nelle sue spire…?
Se dovessi sfamare il mondo… Guarire tutte le ferite provocate dalle brucianti industrie… Cosa farebbe? Rinuncerebbe… alla ricchezza che portano le sue segherie… e invece calpestare piano i fiori.. e cogliere ogni mela con rispetto… per questo mondo abbondante… in tutta la sua provvidenza…?
E la sua risposta è fredda e cruda.
No.
Pomperebbe altri veleni… Scaverebbe altre miniere… Al sicuro nella conoscenza che io sono a portata di mano… Per riparare la biosfera… Coprendo all’infinito le cicatrici… che potrebbe ora infliggere infinite.Non posso risanare il mondo… senza commettere un errore più grande…
L’umanità deve reggersi o cadere… per i suoi soli meriti…
È forse perché la creatura non si considera più appartenente al genere umano? O perché forse conoscendolo a fondo teme che tutto questo bene che potrebbe regalargli non lo meriti, e che se lo debba guadagnare da sola?
Inoltre, è forse questo un giudizio chiaro da parte dell’autore? Non proprio, perché se leggiamo la sua opera più importante e nota, Watchmen, ecco che la decisione finale di un ex-supereroe per dare una nuova speranza all’umanità è la creazione di un nemico comune contro il quale riunire gli animi, poco importa se al costo di molte vite innocenti. Una decisione fredda e spietata. Un giudizio innegabile di come la “massa” sia inferiore al “super”, il quale ha il diritto, il dovere di indirizzarla lungo la retta via.
Chi ha ragione?
Il fumetto supereroistico, certe volte troppo sbrigativamente classificato come di semplice intrattenimento, riesce quindi a porci degli interrogativi per niente banali e semplici da affrontare.
Quale delle due visioni è quella più “giusta”, ammesso che sia possibile stabilirlo?
L’umanità merita di essere salvata da qualche essere superiore per salvarsi? Questo servirebbe a far comprendere all’uomo i propri errori, ed a non farli ripetere? E se ai supereroi sostituiamo le nazioni, gli stati, i “potenti” della terra, i cui “superpoteri” sono politici, economici, militari, non abbiamo di fronte lo stesso problema?
Ai fumetti, ed ai loro lettori, l’ardua sentenza.
LiVing4arT (@LiVing4arT)
10 Agosto 2013 a 11:08
Meno male che c’è Alan Moore che ogni tanto prova a mettere freno ai deliri di onnipotenza di “certe nazioni..”.