La nuova odissea di Zagor: “L’esploratore scomparso”

La nuova odissea di Zagor: “L’esploratore scomparso”

"L’esploratore scomparso" è l’avventura che simbolicamente rappresenta la rinascita del personaggio creato da Guido Nolitta. Zagor viene proiettato in una nuova odissea che è anche il primo passo nel percorso verso una ricollocazione del personaggio.

Il segnale della riscossa era già stato dato qualche anno prima dagli autori che, nel 1991, erano entrati nel campo d’azione dello Spirito con la Scure: Mauro Boselli e Moreno Burattini.

I due erano riusciti, con stili differenti, a restituire al suo lettore uno Zagor fedele alla originaria dimensione avventuroso-fantastica ma inserito in contesti stilistici assolutamente moderni.

zagor 345pEppure, nell’immaginario di molti zagoriani, è questo L’esploratore scomparso (Zagor Gigante n. 345) a rappresentare il “first number” di una nuova serie che riprende la tradizione nolittiana, rinfrescata da più moderne suggestioni narrative. Uno dei motivi che fa de L’esploratore scomparso una tappa fondamentale della storia editoriale di Zagor è il recupero del tema del viaggio, i cui contenuti racchiudono l’identità della grande avventura.
C’è da aggiungere che le storie a cui i lettori di Zagor erano verosimilmente più affezionati erano quelle che vedevano il loro eroe catapultato in luoghi fantastici e in atmosfere irreali e lontane dalla straordinaria consuetudine di Darkwood. Come nel caso della Odissea americana (Zagor Gigante nn. 87, 88, 89) che fa da prologo a un lungo viaggio, il quale farà toccare a Za-Gor-Te-Nay la Louisiana, i Caraibi, Haiti, in un inanellarsi di indimenticabili avventure fra le migliori ideate da Guido Nolitta (Sergio Bonelli) per il suo personaggio.

Ma andiamo ad analizzare questa grande avventura a firma Boselli. Degli sceneggiatori Bonelli, Mauro Boselli è senz’altro quello che attinge più generosamente e con maggiore successo al linguaggio cinematografico. L’autore utilizza i moduli tipici del cinema di suspense quando realizza blocchi introduttivi apparentemente scollegati dall’azione principale, eppure intensi ed evocativi,  capaci di creare immediata tensione, interesse e coinvolgimento nello spettatore.

seconda odissea0002Nell’incipit de L’esploratore scomparso, il vigore descrittivo è straordinario. La prima visione, potente e disorientante, è quella di un veliero incassato nel ghiaccio della banchisa polare. La didascalia ci dà minuziosa collocazione geografica: “Oceano Artico, al largo dell’Isola di Re Guglielmo, sulla costa settentrionale del Canada. A sessantacinque gradi di latitudine nord…”. Il rapido succedersi delle vignette ci dà una dettagliata descrizione dell’accaduto. Un bastimento, alla fine del mese di agosto, si trova incagliato sulla banchisa polare. L’estate è oramai alla fine e non ci sono speranze che il ghiaccio si possa più sciogliere. Fra alcuni membri dell’equipaggio serpeggia il malumore. Il punto d’unione di tali accadimenti con la realtà zagoriana è spiegato dalla presenza di Pablo Rochas

rochasSubito dopo una suggestiva inquadratura riprendente la poppa della nave (su cui si staglia, in primo piano, il nome: Aurora), la camera entra nel ventre del vascello e vi trova il simpatico trapper di origine scozzese, sodale di Zagor. Autorevole e possente (seconda vignetta della quarta tavola), Rochas appare come il vero secondo del capitano Fraser, dal momento che il secondo ufficiale, Cottrell, è “bravo ragazzo […] ma privo di carattere”, come afferma lo stesso capitano della nave, scozzese anche lui come Rochas. Mentre il malcontento diventa sempre più evidente fra i marinai, Fraser escogita un piano. Avvalendosi di un messaggio, che sarà affidato a un piccione viaggiatore, i disperati potranno informare i soccorritori che Rochas sarà ad attenderli, alla fine dell’inverno, su un punto, segnato con una “X” sulla mappa affidata al volatile. Proprio mentre il mastro di ghiaccio Johns, uno dei pochi fedelissimi del capitano Fraser, lancia il piccione viaggiatore verso il suo destino, viene trafitto da un arpione che lo colpisce alla schiena, attraversandola e fuoriuscendo sul petto.
Il prologo si conclude subitamente con l’inquadratura di mastro Johns che crolla riverso urlando qualcosa nei confronti della maledizione di una misteriosa “Sfinge dei Ghiacci”.

seconda odissea0012Lo spazio è tutto per l’arpione lanciato da mano misteriosa, che appare in primo piano, ritto sulle spalle della vittima, ornato da una vistosa decorazione. L’azione si interrompe ma la tavola successiva rinnova l’immagine del misterioso arpione mostrando due bastoni che si incrociano. Il ticchettare dei colpi monopolizza l’attenzione del lettore sino a quando, alla quinta vignetta, compare l’inconfondibile simbolo della casacca di Zagor.
Il lettore più smaliziato ha già capito che si sta svolgendo il consueto amichevole scontro fra Zagor e Doc, sul tronco galleggiante su un torrente, in occasione del rendez-vous dei trapper di Darkwood. L’atmosfera di tensione, sin qui evocata dallo sceneggiatore, si soffonde dunque nel rito conviviale, dove prevarrà, come al solito, la forza atletica dell’eroe di Darkwood.

Ha inizio, a questo punto, l’avventura che vedrà come protagonisti i nostri soliti Zagor e Cico. Tutto sembra fedele alla tradizione zagoriana, ma con qualche distinguo.

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Innanzitutto sono da sottolineare i connotati di spessore realistico dei protagonisti. “Il gigantesco Rochas, che ha le braccia come rami di quercia1 veniva raffigurato, la prima volta nell’episodio Trappers, come un rozzo boscaiolo, simpatico ma piuttosto tonto, capace di pugni portentosi e niente di più. Il Rochas che opera in questa avventura di Boselli, assoldato come capo cacciatore, è un autorevolissimo consigliere di lord Fraser, uomo di pensiero, oltre che di azione, intelligente suggeritore.
Ma è tutto il fitto arazzo dei coprotagonisti, dettagliato con attenzione e realismo, a offrire uno scenario di grande ricchezza narrativa. Interpreti che avevano fatto la storia del fumetto Zagor compaiono puntualmente e contribuiscono a costruire, a vantaggio del lettore affezionato, un’atmosfera di amabile familiarità. Eppure non si tratta di una pura e semplice ricomparsa. I vari Fishleg, Ramath rispettano le credenziali per cui si erano fatti amare dai loro lettori, ma con l’arricchimento di robuste iniezioni di realismo. Fishleg è valorizzato da una sana autorevolezza mentre Ramath appare quanto mai credibile anche indossando le (poche) inverosimili vesti di fachiro e santone.

Ai volti noti si aggiungono numerosi altri personaggi, tutti di notevole spessore. Lady Emma si ricama un posto d’onore nella fase iniziale dell’azione, affascinando il lettore per il coraggio e l’istinto femminile, nonché per l’avvenenza cui non possono sottrarsi neppure i rudi trapper di Darkwood. Ma la vera novità è la figura di Nat Murdo, costruita a pezzetti, che si evolve attraverso il racconto, con meccaniche originali. Murdo inizialmente è mimetizzato in un ruolo di secondo piano. È un giovane dal volto gentile, simpatico nei modi, un buon segretario e niente di più, un signorino di città inadeguato al ruolo di guardia del corpo di Emma Fraser nelle regioni selvagge che sono costretti ad attraversare nel viaggio per raggiungere Zagor.

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Gli elementi stereotipati, ricuciti addosso a Murdo, distraggono il lettore, il quale, nel corso della prima parte dell’azione, presterà scarsa attenzione al personaggio, persuaso del fatto che non sia altro che un personaggio di riempimento. La lucida crudeltà con cui Murdo si rivelerà, facendo precipitare Zagor sul fondo di un crepaccio, sorprenderà quindi il lettore con la forza dell’imprevedibilità. Da questo momento Murdo condurrà un gioco a rimpiattino, non tanto con il suo antagonista Zagor, quanto con il lettore, il quale, nelle avventure che seguiranno, sarà più volte tentato di credere nella sussistenza di una residua bontà nel profondo dell’animo dello scozzese. La fiducia in Murdo sarà, però, sempre delusa, dal momento che questi non perderà l’occasione di confermare la propria malvagità in un crescendo di atti ignobili.
Nella costruzione del personaggio di Nat Murdo si potrebbe dire che Boselli si ispiri a Guitar Jim 2. Il lentigginoso chitarrista nolittiano aveva rappresentato una eccezionale novità nel panorama dei fumetti per ragazzi degli anni Sessanta , in quanto si era dimostrato capace di scalfire l’invincibilità dell’eroe protagonista ingannandolo con ironia. Anche se i due personaggi (Guitar Jim e Nat Murdo) sono qualitativamente diversi (il primo è un romantico svuotaborse, il secondo è un assassino impenitente 3, tuttavia entrambi sono accomunati da una ambigua commistione di elementi antitetici: simpatia e malvagità, falsità e dignità.

L’esploratore scomparso rappresenta dunque una riuscita operazione di fascinazione del lettore che si avvale della precisa caratterizzazione di tutti i personaggi, anche di quelli di contorno, della tensione della trama e, ancora, della grandiosità degli scenari artici in cui si svolge l’azione. La ricostruzione geografica, paesaggistica, naturalistica e storica dell’ambientazione è accuratissima e contribuisce a immergere il lettore in atmosfere fantastiche, di immenso impatto emotivo, ma nello stesso tempo sicuramente credibili e per questo assolutamente coinvolgenti.

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Ulteriori valori simbolici sono regalati da certe raffigurazioni che sembrano pezzetti di sogno strappati dall’immaginario collettivo: la Sfinge dei Ghiacci (Zagor Gigante n. 347, p. 98), l’enorme volto barbuto scolpito nella pietra e il veliero incastonato nel ghiaccio (Zagor Gigante n. 348, p. 19) sono gli esempi più significativi di questa storia costruita su una rielaborazione non solo narrativa ma anche per immagini delle tematiche delle grandi avventure di esplorazione4. Contribuisce alla perfetta compiutezza dell’opera il segno grafico di Carlo Raffaele Marcello, nitido, preciso, dettagliato, realistico eppure, quando serve, assolutamente adeguato alle atmosfere magiche che contribuisce a realizzare.   

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  1. Con queste parole veniva presentato per la prima volte da Zagor a Cico nell’episodio Trappers, Collana Lampo, 3° serie, n. 65. 

  2. La prima apparizione di Guitar Jim è del 4 gennaio 1967, in Collana Lampo 3° serie, n. 69: Il fuggitivo

  3. Il personaggio di Nat Murdo conoscerà una ulteriore evoluzione in Zagor Gigante nn. 389-391, divenendo un inaspettato paladino degli oppressi. 

  4. L’avventura de L’esploratore scomparso è stata sicuramente ispirata a Boselli dalla vera storia della Spedizione Endurance (1914-1917) in Antartide, quando la nave Endurance comandata da Ernest Shackleton, rimase incastrata nei ghiacci antartici. Anche il nome “Nat Murdo” potrebbe essere stato influenzato da “McMurdo”, baia da dove Shackleton era partito in una missione precedente (1902) nel tentativo di raggiungere il Polo Sud. 

1 Commento

1 Commento

  1. Fra X

    30 Ottobre 2013 a 11:33

    Nat Murdo, anche se traditore alla sua prima apparizione lascia trasprire un p òdi simpatia quasi fino alla fine. Poi però diventa eccessivamente carogna secondo! Guitar Jim invece nasce come personaggio più leggero come si vede dalle sue prime due apparizioni per poi evolversi da “La mano di Allah” in poi. A me stà molto più simpatico il buon vecchio Guitar Jim! XD
    Comunque l’ ho riletta ed è proprio una bella avventura. Molto evocativa, ricca di supence, che la narrazione di Bonelli e gli stupendi disegni di Marcello non rendono mai noiosa! Poi i personaggio sono ben caratterizzati.
    Secondo me però come anche fatto notare a suo tempo da un lettore nella posta, il vero inizio è con l’ esordio di Boselli sulla collana regolare con “Ladro di ombre” dove il suo stile è già ben riconoscibile.
    Come fatto notare da un utente del già nominato forum spiritoconlascure, anche se Zagor è il protettore di Darkwood, i viaggi sono tra le parti forti della serie. Vedi anche nel periodo toninelliano uscì l’ altrettanto bella “Naufragio sul Missouri”!

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