Il gioco delle memorie parte dalla copertina dell’ultimo albo (722), quella che i lettori delle sue avventure si trovano fra le mani in questi giorni, andando in edicola. La plastica posa di Zagor nella cover disegnata da Alessandro Piccinelli “ricalca” quella del personaggio nella prima illustrazione del creatore grafico, Gallieno Ferri, sulla copertina dell’albetto a striscia n°1, La Foresta degli agguati, datato 15 giugno 1961, esattamente sessant’anni fa, e allegato al nuovo albo in copia anastatica.
Check-up di un giovane sessantenne
Difficile dire quanti, tra gli appassionati dello “Spirito con la Scure” di oggi, abbiano il privilegio anagrafico di aver iniziato a leggere le storie in quel giugno del ’61. Il più grande superpotere dei personaggi di carta sta proprio nel trascendere i limiti biologici delle nostre vite. Al contrario di noi, Zagor a sessant’anni suonati si lancia da un albero all’altro della fantasmagorica Darkwood, da dove tutte le sue avventure si dipartono, senza l’ombra d’un reumatismo. Malgrado i decenni trascorsi, Zagor non ha perso una sola diottria e continua a scagliare quella scure di pietra, così peculiare e così (paradossalmente) anti-realistica rispetto al contesto western delle storie, con infallibile mira su indiani e fuorilegge, scienziati pazzi e mostri feroci, sette segrete e razze aliene…
E sarà per via d’una vita professionale da eroe così intensa, fatto sta che nel tempo Zagor non ha nemmeno messo su un filo di pancetta. I muscoli guizzano sotto la caratteristica maglia sfrangiata, con l’aquila stilizzata sul petto, con la stessa energia assoluta di una volta. I suoi pugni “rullano” sui corpi dei nemici, come i suggestivi tamburi dei villaggi indiani attorno a Darkwood che ne ritmano l’epica fumettistica, perché non v’è tribù che non conosca l’implacabile sete di giustizia e il coraggio indomito di “Za-gor-tenay”.
Se qualche eccesso di colesterolo uno volesse trovarlo nelle sue storie, forse bisognerebbe rivolgersi al suo compagno d’avventura, Cico Felipe Cayetano Lopez Martinez y Gonzales… Eppure, a ben vedere, anche se in barba a qualsiasi pudore “politically correct”, Zagor lo epiteti affettuosamente come “pancione”, la spalla messicana se la cava pure lui benissimo. I trigliceridi – verrebbe da dire – gli fanno un baffo, così come gli alieni Akkroniani.
Nolitta, Ferri e tutti gli abili artigiani della penna e della matita che ne hanno raccolto il testimone creativo, non si sono mai dilungati troppo sugli aspetti goduriosi della vita di Zagor, tuttavia qualsiasi aficionado delle sue avventure, metterebbe la mano sul fuoco dei bivacchi zagoriani sotto il cielo stellato, che l’eroe non disdegni i piaceri della vita. A confermarcelo è la cangiante varietà dei sentimenti presenti nello sguardo dell’uomo che, a un certo punto, abbiamo scoperto chiamarsi Patrick Wilding all’anagrafe dell’immaginario.
Zagoreist: lo spirito (con la scure) del tempo
Gli occhi di Zagor sanno colmarsi di collera di fronte all’ingiustizia, stupirsi di fronte ai misteri dell’universo, ma allo stesso tempo animarsi per amicizia o brillare d’allegria, accompagnati da franche risate. Da qualche tempo, grazie a Moreno Burattini – editor e scrittore principale della serie – ci è stato anche raccontato che quegli occhi possono scaldarsi di passione sentimentale.
Non che prima (soprattutto nello spazio bianco fra le vignette) non lo potessimo immaginare, ma per quanto Sergio Bonelli, attraverso lo pseudonimo Guido Nolitta, si permettesse molte licenze d’innovazione narrativa rispetto all’ortodossia definita su Tex Willer da Bonelli padre (“l’avventura è l’avventura, nient’altro che l’avventura”), quella sentimentale era solo abbozzata. Burattini & Co., con l’obiettivo costante di aggiornare il mito dell’eroe, stanno tentando anche questa strada, laddove l’innovazione di diversi temi si accompagna alla sperimentazione di formati narrativo/editoriali, per certi versi inediti. Di fronte ai cambiamenti, una parte di lettori storce la bocca, un’altra grida al sacrilegio, come nemmeno la sacerdotessa voodoo Marie Laveau, arci-nemica dell’eroe. Ma fa parte del gioco (seriale) delle parti, tra autori e lettori, come lo stesso Burattini ci ha ribadito nell’ambito dell’incontro di #Nuvoledigitali, il festival online de “Lo Spazio Bianco”, dedicato a festeggiare i diversi anniversari bonelliani di questi mesi.
In fondo, anche le critiche del pubblico (più o meno) refrattario all’innovazione, testimoniano comunque la straordinaria affezione popolare per il personaggio. In un tempo (magro) del fumetto in cui pure poche migliaia di lettori fanno la differenza tra la sopravvivenza e la scomparsa di una serie dalle edicole, la “resistenza attiva” di Zagor in quella trincea del consumo popolare non può non essere celebrata come il vero, piccolo, grande incantesimo di Darkwood.
Basterebbe il confronto con le mitologie più longeve del fumetto a livello mondiale per rendersi conto che questi 60 anni di continuativa vita editoriale confermano l’eroe di Nolitta e Ferri (come prima capitato in Italia solo a Tex Willer) in un club esclusivo dell’immaginario collettivo cui appartengono Superman, Batman, Mickey Mouse, Asterix… Assieme ai Fantastici Quattro per esempio, e anticipando perfino Diabolik… Con la differenza di non poco conto – anche in termini espressivi e produttivi – che questa vita editoriale è stata alimentata per gran parte della storia da una media di 90 e passa pagine scritte e disegnate per mese (per i numeri precisi, vi rimando all’introduzione dell’albo in edicola firmata dallo stesso Moreno Burattini)!
Con buona pace di chi, anche tra i critici, sembra guardare con distacco a tutto questo, c’è da urlare convintamente e allegramente, oggi più che mai “Aaaaaaayak!”
Per saperne di più su Zagor…
Qui uno speciale di qualche anno fa che gli abbiamo dedicato