Quel che scaturisce dalle pagine delle avventure dello Spirito con la Scure è un irrefrenabile flusso di emozioni. Se vogliamo esaminare la materia prima, causa dei fiotti emozionali del lettore di Zagor, ecco subito due peculiari ingredienti: mistero e stranezza.
Questi due elementi caratterizzeranno da subito le prime strisce e accompagneranno Zagor in (quasi) tutte le sue avventure. L’inconsueta essenza letteraria del personaggio e delle sue avventure non è però determinata, come vedremo, solo ed esclusivamente da questi ingredienti.
Mistero e stranezza
Il mistero diviene, di volta in volta, orrore, stupore, magia. La stranezza si declina in bizzarro, barocchismo, gotico, arabesco, grottesco.
Nelle prime strisce c’è già tutto questo. Zagor si muove nell’ombra, sulle cime degli alberi, si spinge fra le fronde come un fantasma, discosto fa sparire i suoi nemici, nel nulla. Il suo urlo è sufficiente a far gelare il sangue nelle vene dei malcapitati Delaware. Anche gli altri farabutti non saranno immuni dal terrore che suscita lo Spirito con la Scure. Il protagonista compare pari a una larva, come il fantasma di Banquo dinanzi a Macbeth, di fronte al malfattore che credeva di averlo ucciso.
Ma anche i luoghi sono scenari paurosi. La foresta nasconde insidie e colma il cuore di terrore. Come capita a Cico che, nel breve spazio di poche vignette, piomba in una trappola e subito dopo è terrorizzato dai due misteriosi occhi luminosi (che si rivelano essere quelli di un innocuo gufo). Lo stesso luogo in cui vive l’eroe, una capanna in una palude circondata da sabbie mobili adornate da veri teschi, è inquietante e minaccioso.
L’atmosfera gotica, ossianica, è esaltata, nel suo irreale mistero, dalla notte e dalla sua immancabile compagna, la luna, che domina piena, enorme, incontrastata, protagonista nelle fasi salienti. Mentre Cico osserva il corpo di Zagor, incatenato e avvolto in un lenzuolo che pare un sudario, precipitare da un’altissima rupe, una gigantesca luna, stupenda e imperturbabile dal destino degli umani, osserva alta nel cielo. È il medesimo astro a stagliarsi, con celeste indifferenza, la primissima volta in cui Zagor va in scena, con l’aiuto di Cico, e i due rappresentano il mistero (poi ripetuto innumerevoli volte) della comparizione sovrannaturale dello Spirito con la Scure agli atterriti pellerossa.
La stranezza, la meraviglia è proposta immediatamente, nelle prime pagine de La foresta degli agguati, nella figura del buffo messicano: Cico è sì una figura comica, ma eccessiva e barocca nelle sue fattezze e nell’abbigliamento. Il sombrero che lo sovrasta, le gambette smilze e arcuate lo fanno rassomigliante a un folletto, una figura divertente, però inquietante, una sorta di golem comico niente affatto rassicurante.
Il gusto per il meraviglioso, già penetrante, sarà potenziato nei numeri seguenti, quando faranno la loro comparsa, nella foresta di Darkwood, i più straordinari figuri che i luoghi avventurosi possano avere mai concepito. Principesse ed eroi, streghe, nani e uomini volanti si muoveranno con disinvoltura in quel luogo reso fatato dal desiderio dell’autore di proporre senza freni tutti i topoi del fantastico.
Il senso della meraviglia si traduce nello sbalordimento del lettore. Non è, però, in questo che possiamo circoscrivere il quid generante le peculiarità narrative esclusive dello Spirito con la Scure.
Le situazioni sopra accennate, per quanto suggestive, sono topoi narrativi già percorsi, anzi molto simili a quelle che aveva utilizzato Lee Falk in Mandrake, l’uomo del mistero, dove il bravissimo artista Phil Davis aveva raffigurato il mago con quei toni cupi cui s’ispirerà Gallieno Ferri in alcune rappresentazioni particolarmente “orrorifiche” dell’eroe di Nolitta. E quegli ingredienti di mistero che non sono tratti da Mandrake sono ispirati dall’Uomo Mascherato, creato dallo stesso Lee Falk.
D’altra parte Nolitta sapeva che l’adolescenza è l’età in cui si è più fortemente attratti e incuriositi dal mistero e dal soprannaturale e quindi, se veramente si voleva rivolgere a un tale pubblico, erano gli elementi fantastici e misteriosi che più generosamente doveva somministrare ai potenziali lettori. L’evocazione del meraviglioso è caratteristica e di positivo effetto, ma il successo nasce dal fatto che l’incanto non si regge su forme vuote e artificiose, piuttosto, in particolare quando le storie matureranno, tenderà a integrarsi con altri ricchissimi contenuti emotivi.
Non-consuetudine del personaggio Zagor
Qual è dunque la caratteristica emozionale che è precipua nelle avventure di Zagor?
Se è vero che un tantum delle emozioni nasce dal sense of wonder che Nolitta prende in prestito dalla letteratura fantastica, è altrettanto vero che la maggior parte delle trepidazioni trovano origine dalla sensazione di instabilità che il lettore ricava dalla immersione nelle atmosfere zagoriane. In un fumetto tradizionale, il percorso narrativo si scosta minimamente da determinati itinerari obbligati che hanno la funzione di rassicurare il lettore. Questi, quando compra un prodotto, vuole essere sicuro di trovarvi sempre gli elementi ricorrenti di proprio gusto.
Quindi, se il lettore acquista un numero di Tex vuole che il protagonista, quando entra in un villaggio, trovi il ricco prepotente che spadroneggia con una squadraccia di accoliti (fra cui ci sarà magari anche lo sceriffo). Scoppierà il consueto subbuglio con differenti varianti e il finale vedrà l’eroe irrimediabilmente vincitore. Conclusione: soddisfazione del lettore.
Nelle avventure create da Nolitta e dai suoi epigoni, pur registrando numerosissime avventure dalle linee narrative ortodosse, la struttura della storia non è sempre scontata. A parte lo scompiglio che nasce da una serie di elementi eterodossi tratti a piene mani dalla letteratura fantastica, il fatto è che spesso i percorsi del protagonista si attorcigliano e procedono a dispetto delle consuete regole narrative.
In Zagor succede spesso che gli elementi narrativi convergono per scuotere l’apollinea classicità che invece contraddistingue l’eroe tradizionale. I personaggi popolanti le edicole negli anni Sessanta si ergono, inattaccabili, su un piedistallo eroico, poggiato sulla forza, fisica e morale, e su variegate abilità di supporto che rassicurano il lettore in merito all’inevitabile vittoria del bene sul male. Zagor, invece, che pure si accosta alla presunzione di essere considerato una divinità, a causa di una sua realistica umanità, si differenzia sostanzialmente dai personaggi a lui coevi.
Incurante del fatto di dover essere, per destino letterario, un eroe invincibile, risulta invece che Zagor può essere sconfitto dagli uomini quanto dagli eventi. Il signore di Darkwood, inoltre, perde facilmente il controllo della propria persona e, quando questo avviene, anche il lettore smarrisce la presa sull’avventura che sta seguendo. Se l’eroe è preda della rabbia o della follia (e con Zagor succede) allora anche la storia perde momentaneamente il proprio timoniere.
Se il personaggio è in catene, ai ferri o dinanzi al plotone di esecuzione, il lettore non dubita che egli, grazie al proprio coraggio e alla propria freddezza, risolverà positivamente la situazione. Ma se il proprio eroe è in balia dell’imponderabile che è dentro di lui allora è perso per sempre, la storia può prender qualsiasi piega poiché non è più controllata da colui che, in condizioni di normalità, avrebbe dovuto condurla. Le risultanze emotive, per il lettore, sono piuttosto significative.
Il valore emotivo nasce, ancora, dalle frequenti situazioni in cui è addirittura evocato lo sdegno del lettore. L’indignazione ha origine spesso dal fatto che una minoranza più o meno oppressa (negri, Cherokee, Seminole, Comanche e quant’altro) debba subire, senza che l’eroe possa farci niente, le prepotenze del gruppo sociale dominante.
Nelle avventure di Zagor può succedere che il momento catartico rimanga congelato. L’ingiustizia viene perpetrata e l’intervento dell’eroe non è sufficiente a ricucire la situazione. L’indignazione, come ci insegnava il poeta Giovenale, rimane dunque un atto esclusivo dello spirito (e della poesia), un gesto emotivo (o poetico) di fronte a una situazione di crisi irrimediabile. Resta dunque, dentro l’animo del lettore, un sentimento di dolorosa rabbia che non trova sfogo in un atto di giustizia, che lo stesso eroe è impotente a compiere. Il risultato non sarà l’appagamento pieno del lettore ma una scossa emotiva oltre che un contribuito (amarognolo) alla riflessione.
Tanti e potenti sono gli elementi emozionali di Zagor, caratteristici e senz’altro innovativi per gli anni in cui il personaggio ha visto la luce, ma che tuttora, quando sono utilizzati con perizia dagli autori, risultano attuali e non cessano di coinvolgere.