SettantadiTex: Caro Tex, ti scrivo…

SettantadiTex: Caro Tex, ti scrivo…

Zagor, lo Spirito con la Scure, ha tredici anni meno di Tex. I due, visto anche chi sono i loro "padri" potrebbero essere se non fratelli, certo cugini, che non si sono mai incontrati. E nessuno si stupirebbe se Zagor scrivesse una lettera a Tex.

Il giorno in cui Moreno Burattini – curatore e scrittore principe di Zagor nonché redattore della Sergio Bonelli Editore – ci ha inviato in redazione questo suo contributo al nostro SettantadiTex, abbiamo subito capito che rappresentava il pezzo giusto per inaugurare lo speciale dedicato ai settant’anni di vita di Tex.
Perché Zagor è “figlio” di Guido Nolitta, cioè Sergio Bonelli, che a sua volta era figlio di Giovanni Luigi Bonelli che di Tex è il “papà”.
E dunque Lo Spirito con la Scure e Aquila della Notte, il primo più giovane del secondo di circa tredici anni, se proprio non possiamo definirli “fratelli”, certo li possiamo chiamare “cugini”. Certo cugini lontani, troppo distanti tra loro per incontrarsi. Ma il più piccolo, Zagor, ha sentito parlare di Tex – fin dalla nascita – e potrebbe davvero aver avuto voglia di scrivergli una lettera, come si faceva un tempo.
E questa missiva, vergata dalla mano di Burattini che di Nolitta è l’erede zagoriano, si accompagna a una splendida illustrazione di Marcello Mangiantini – disegnatore che fa parte della scuderia dello Spirito con la Scure – che a sua volta omaggia un disegno di Gallieno Ferri, artista che con Nolitta condivide la paternità di Zagor.

© Sergio Bonelli Editore 2018

Caro Tex,
ti conosco soltanto di fama, e uno dei maggiori rimpianti della mia vita è proprio quello di non averti (finora) mai incontrato, ma colgo volentieri al volo l’occasione offertami da chi si è proposto di recapitarti una mia lettera. Mi ha detto che stai per festeggiare un qualche compleanno, anche se non ho capito quale sia esattamente la tua età. Del resto credo che tu faccia parte di quel fortunato gruppo di uomini che sembrano non invecchiare mai (una cosa che dicono anche di me).

So che vivi in Arizona, nel territorio dei Navajos, una terra che ho visitato e un popolo che ho incontrato. Quando sono stato da quelle parti, durante uno dei miei viaggi, tu non eri ancora diventato il capo bianco di quella tribù. Adesso so che lo sei, e questo è uno dei motivi per cui mi fa piacere scriverti: perché anche io ho un ruolo di grande responsabilità su dei pellerossa. Non sono un vero e proprio capo, ma un punto di riferimento certamente sì: tutti i nativi della foresta di Darkwood (al confine tra Ohio e Pennsylvania, dove vivo io) rispettano una sorta di mia “legge” non scritta secondo la quale si deve vivere in pace e se c’è da reagire alle aggressioni dei nemici si ponderano le maniere e la misura, cercando di non innescare una spirale di violenza.

Qui da me non sono tanto le rivalità fra le etnie indiane a creare dei guai: anzi, a distanza di molti anni da quando ho cominciato a indossare i panni di Za-Gor-Te-Nay, lo Spirito con la Scure, persino gli Algonchini e gli Irochesi riescono a tollerarsi reciprocamente, anche se qualche testa calda rischia a ogni piè sospinto di incrinare i rapporti di buon vicinato. È piuttosto la pressione dei bianchi avidi di terre, pronti a ogni tipo di intrigo e complotto per fomentare scontri destinati a far sgomberare nuove aree da colonizzare, a mettere a rischio l’equilibrio che cerco ogni giorno di mantenere. Se poi ci si aggiunge l’imperversare di creature mostruose, alieni e stregoni (dei quali la foresta di Darkwood è una sorta di catalizzatrice, evidentemente per qualche tipo di arcana convergenza di forze magiche), il mestiere che mi sono scelto non è per niente facile.

© Sergio Bonelli Editore 2018

I mostri da te bazzicano molto di meno, a quanto mi si dice, e l’unica minaccia soprannaturale degna di nota è quella di un negromante chiamato Mefisto da cui sei spesso messo alla prova, però mi pare di aver capito che hai un alleato esperto in alchimia e formule arcane, un egiziano di nome El Morisco, la cui amicizia ti invidio molto perché averlo qui mi farebbe parecchio comodo. Non voglio con questo sostenere che le tue imprese siano meno dure e impegnative delle mie, per carità. Però, ecco, almeno i vampiri ti sono stati risparmiati (anche se sono convinto che ne stermineresti la stirpe se solo si presentassero da qualche parte nel Sud-Ovest).

So che anche tu, come me, hai un nome indiano: Aquila della Notte. Io, da parte mia, ho un’aquila stilizzata disegnata sul mio costume, proprio sul petto. È il nostro modo, comune a entrambi, di proporci ai pellerossa: richiamiamo l’Uccello del Tuono, comune alla tradizioni spirituali di molti popoli nativi americani.
Ci sono altre cose che ci uniscono: la lotta in difesa degli indiani, ma anche il non esitare a castigare chi, fra loro, si macchia di crimini e violenze, nella stessa identica maniera con cui castighiamo i bianchi responsabili di delitti e di soprusi. Soprattutto, per quel che di te mi è stato riferito, tutti e due non ci atteggiamo a difensori della Legge, con la L maiuscola, quanto ci proponiamo di difendere la giustizia, o quelle che a noi paiono essere le ragioni dei giusti. Sappiamo anche agire contro la Legge, se il dover rispettare una ordinanza o un divieto o un articolo di qualche codice impedisce che i malvagi paghino per le loro malvagità e i deboli siano protetti. 

Mi hanno raccontato qualcuna delle tue imprese, ed ecco un’altra cosa che ti invidio: sei bravo, molto più di me, nel saper immediatamente stabilire chi ha ragione e chi ha torto. Io non riesco a valutare le cose soltanto distinguendo il bianco e il nero, tendo istintivamente a considerare il tutto da vari punti di vista e a ponderare le ragioni dei vari contendenti. Non che tu non lo faccia, ma ci metti molto di meno a giungere alle conclusioni e una volta capito il da farsi lo fai andando dritto per la tua strada, inarrestabile come un treno. A me capita invece anche di essere fermato, messo in difficoltà, ferito, fatto prigioniero, gonfiato di botte. Poi mi rialzo sempre, e giungo anch’io in fondo alla mia missione, ma talvolta, ecco, non sempre ne esco con la casacca tirata a lucido come la tua camicia.

Per finire con una nota scherzosa, devo dire che a facilitarti il compito tu hai tre pard svelti di mano come tuo figlio Kit Willer, il ranger Kit Carson e il navajo Tiger Jack. Io, invece, mi ritrovo con un pancione messicano assai più abile con in mano la forchetta che la pistola. Però non mi lamento: mi fa fare un sacco di risate.

Spero che tu passi da queste parti, oppure magari capiterà a me di tornare dalle tue. Soltanto le montagne non si incontrano, e a noi prima o poi succederà di stringerci la mano, ne sono sicuro, per mille scalpi!

Patrick Wiliding, per tutti Zagor

 

 

Autore: Marcello Mangiantini © Sergio Bonelli Editore 2018
Autore: Gallieno Ferri © Sergio Bonelli Editore 2018
2 Commenti

1 Commento

  1. Arturo Fabra

    1 Ottobre 2018 a 11:10

    Far tornare ragazzino un cinico di 56 anni è dura. Ci siete riusciti, grazie.
    Arturo Fabra

    • David Padovani

      1 Ottobre 2018 a 13:11

      Grazie a te, Arturo ;-)
      Ovviamente giriamo i tuoi ringraziamenti a Moreno Burattini e Marcello Mangiantini, perchè i meriti del tuo “ringiovanimento” sono loro.
      Continua a seguirci, eh, che questo è solo l’inizio!

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *