Netflix e Millarworld
Una delle notizie più interessanti delle ultime settimane è stata certamente l’acquisizione dell’etichetta di fumetti Millarworld da parte di Netflix, un evento che apre affascinanti scenari nel mondo della televisione e del cinema e pone per la prima volta la rete streaming in diretta concorrenza con con altre major per quanto riguarda gli adattamenti dal vivo di personaggi a fumetti.
E’ infatti innegabile che Netflix possa decidere di utilizzare i fumetti creati dalla casa editrice di Mark Millar per creare un nuovo universo cinematografico capace di rivaleggiare con quelli Marvel e DC, ma anche con i progetti basati sui comics della Valiant (al momento in fase di realizzazione) e, perchè no, anche con gli adattamenti Boom! Studios in mano alla 20th Century Fox.
Uno sviluppo che è stato esaminato nei giorni scorsi da Andrew Wallenstein su Variety, in un articolo che ha posto più di un interrogativo su quella che viene definita una “scommessa rischiosa” da parte della rete streaming, partendo propro dalla possibile creazione di un universo cinematografico.
La Marvel ha impostato il modello per ciò che Netflix potrebbe fare con Millarvision, generando non solo film o veicoli televisivi per proprierties non testate come “Jupiter’s Legacy” o “Empress”, ma anche un intero universo cinematografico nello stampo di quello che Warner Bros. sta facendo con i fumetti DC Comics. Nessun grande studio può andare avanti senza questi blockbuster interconnessi tra loro pieni di mitologie ed effetti speciali e che hanno un ottimo record di successo, facendo qualcosa che è diventato sempre più difficile nella nostra epoca frammentata dei media: ovvero mettere un pubblico giovane a sedere al cinema. Gli universi cinematografici sono importanti per preservare il modello di business cinematografico così come per lo sport lo è mantenere il valore dei canali televisivi a pagamento.
Per Wallenstein l’acquisizione di Millarworld è anche una sorta di valvola di sicurezza per Netflix, che non potrà dipendere per sempre dai progetti televisivi basati sui personaggi Marvel, i quali hanno generato certamente un indiscutibile successo ma hanno reso anche riconoscibile in tutto il mondo la società creata da Reed Hastings e Marc Randolph.
La Marvel attualmente è ben rappresentata su Netflix attraverso il suo elenco di serie “Defenders”, ma il servizio di streaming non sarà in grado di dipendere da quel tipo di contenuti in futuro. Disney e altri conglomerati si sono resi conto del fatto – forse un po’ troppo tardi – che hanno cannibalizzato il loro pubblico per perseguire il guadagno a breve termine derivante dalla concessione di licenze.
Ma in una Hollywood che punta ormai quasi solamente sui franchise e sugli universi narrativi con pellicole interconnesse tra loro, quanto è rischiosa la scelta di Netflix, soprattutto quando pellicole recenti come La Mummia e La Torre Nera si sono rivelati progetti fallimentari, non solo al box office? Attraverso questa domanda, il giornalista di Variety passa verso una più attenta e dosata riflessione che riguarda anche i film tratti dai fumetti.
Vale la pena di mettere in discussione una presunzione che sottintende questo accordo: che il genere supereroistico, che è stato così culturalmente dominante per la maggior parte del XXI secolo, rimarrà così anche in futuro. Guardate cosa è successo al botteghino lo scorso fine settimana: Sony e MRC hanno visto il fulcro del loro universo cinematografico, progettato e costruito intorno a “La Torre Nera”, partire in maniera sconnessa.
Il debutto di 20 milioni di dollari de “La Torre Nera” non è un numero negativo, considerando che i costi di produzione sono stati modesti rispetto a un tipico bockbuster, ma questo riporta la Sony nello stesso territorio in cui si è avventurata nell’estate scorsa con la deludente performance del reboot di “Ghostbusters”, che era anch’esso destinato ad essere il primo passo verso un proprio universo cinematografico. E questi falsi avvisi non sono limitati alla Sony; all’inizio di quest’anno, la Universal ha ottenuto risultati deludenti dal suo reboot de “La mummia”, parte del Dark Universe lanciato dallo studio.
Sì, i recenti risultati stellari di “Wonder Woman” e “Spider-Man” ci dicono che c’è ancora qualcosa, ma quando si considera il puro volume di titoli di film di supereroi che bombarderanno i cinema nel prossimo decennio, la mossa di Netflix con Millarworld è sicuramente rischiosa.
Il futuro di Bonelli al cinema
L’uscita nei giorni scorsi di Monolith nelle sale italiane ha sancito il definitivo approdo della Sergio Bonelli Editore nel mondo del cinema come società produttrice della pellicola diretta da Ivan Silvestrini. Questa evoluzione non arriva in maniera del tutto disordinata, ma è l’ultimo segnale di un evidente e ponderato cambio di rotta della casa editrice di Tex, che già nelle scorse settimane ha annunciato di essere rientrata in possesso dei diritti di sfruttamento del licensing collegato a personaggi quali Dylan Dog e Nathan Never.
Non è ancora chiaro come la Bonelli si muoverà in questo ambito, anche se l’uscita di Monolith lascia intravedere come la casa editrice punti a legare il suo nome a prodotti scollegati dalla solita produzione italiana e distribuiti da nuove società come la neonata Vision Distribution. Quest’ultima nella promozione della pellicola con protagonista Katrina Bowden si è distinta per avere cercato di utilizzare le strade dei social network e dei siti virali in maniera il più possibile originale, come la creazione di un sito ad hoc per la vendita dell’auto del film, anche se alla fine la campagna marketing non si è rivelata così di impatto come poteva essere. La diffusione a singhiozzo dei trailer, fatta anche troppo a ridosso della data di uscita, ha lasciato poco tempo per costruire una certa curiosità attorno al progetto da parte del pubblico, soprattutto in un periodo come quello estivo.
Sul versante distributivo estero, le cose non sono andate meglio. Da poche informazioni, sappiamo che Monolith era stato affidato per gli Stati Uniti alla piccola Uncork’d Entertainment di Keith Leopard, che nel paese nordamericano ha già distribuito Il mio nome è Jeeg Robot e si occupa prevalentemente di produzioni horror a basso budget. Oltre però a una messa in onda sul canale Lifetime Channel (con il titolo Trapped Child) al momento non ci sono segnali che lascino intravedere una più ampia diffusione della pellicola in quel mercato. E’ però lecito chiedersi se la Uncork’d Entertainment sia in qualche modo ancora coinvolta nel progetto, visto che sul sito ufficiale non vi è alcun segno della pellicola di Silvestrini.
Monolith è comunque un primo passo, e come già sottolineato il vero esame da affrontare sarà quando la Bonelli deciderà in tutto e per tutto di adattare i propri personaggi sul grande schermo o in televisione. In questo quadro, precedenti come il più volte annunciato serial di Diabolik su Sky, che sarebbe già dovuto essere visibile sugli schermi nel 2017, lasciano l’amaro in bocca per come sono stati gestiti e per come sono poi caduti nel limbo produttivo. Per non incorrere negli stessi errori compiuti dalla Astorina per quanto riguarda il famoso ladro creato dalle sorelle Giussani, la Bonelli è chiamata a supervisionare direttamente e in maniera più incivisiva eventuali trasposizioni.
X-Men: Dark Phoenix
La lavorazione di X-Men: Dark Phoenix, nuovo capitolo dei mutanti Marvel, ha generato alcune polemiche nei giorni scorsi quando si è sparsa la voce che le riprese della pellicola diretta da Simon Kinberg si sarebbero svolte al parco d Mount Royal, famosa zona turistica famosa per le sue colline vulcaniche.
Il sindaco di Montreal Denis Coderre è intervenuto personalmente negando alcune indiscrezioni fatte filtrare dalla stampa, che riportavano che l’utilizzo del Mount Royal da parte della produzione del film avrebbe limitato l’accesso ai turisti e ai visitatori.
Les Amis de la Montagne, l’organizzazione senza fini di lucro che sovrintende alle attività sul Mount Royal, ha criticato la produzione per avere limitato l’area durante il periodo più trafficato dell’anno, per costruire i set che vedranno la zona trasformata nel Central Park di New York, in sequenze che saranno realizzate fino al 25 agosto.
In una dichiarazione pubblicata su Twitter, Coderre ha promesso la zona sarebbe stata chiuso per tutta la durata delle riprese, ma solo durante la messa a punto delle attrezzature e che tutte le attività sulla montagna sarebbero state “mantenute in pieno”.
Il sindaco, che ha ricordato come tra i 75 e gli 80 milioni di dollari del budget del film saranno spesi per la lavorazione a Montreal, ha anche affermato che i dipendenti comunali avrebbero mantenuto regolarmente l’accesso a Mount Royal e che i loro spazi di parcheggio, occupati dai set, sarebbero stati trasferiti.