La Follia del Dottor Strange, il limbo dei Boom Studios

La Follia del Dottor Strange, il limbo dei Boom Studios

In questa puntata, una analisi del trailer del sequel di Doctor Strange, e uno sguardo ai progetti Boom Studios messi all'angolo da Disney e Warner.

Doctor Strange nel Multiverso della Follia

Con la diffusione del nuovo trailer, la campagna promozionale attorno al sequel del Doctor Strange entra nel vivo, grazie anche ad alcune scelte di comunicazione da parte dei Marvel Studios, non indifferenti.
Conscia infatti delle potenzialità che l’utilizzo della tematica dei multiversi sta avendo, soprattutto dopo il grande successo al botteghino di Spider-Man: No Way Home, la major ha infatti deciso di sprofondare lo spettatore già adesso nella caotica avventura che sarà vissuta dallo stregone supremo, con una anteprima che già anticipa due cameo importanti come quello di una versione alternativa di Captain Marvel, interpretata da Lashana Lynch nel ruolo di Maria Rambeau, e soprattutto di Patrick Stewart in una versione di Charles Xavier a capo di una sorta di “Illuminati del Multiverso”, una apparizione di cui si parla già da qualche mese.
Da qui, resta l’incognita se questa scelta di mostrare già ora spezzoni di alcuni dei cameo che vedremo nel film, sia una strategia che delineerà tutto il resto della campagna promozionale (con piccoli sguardi ad altre apparizioni) o se si tratta di una cosa momentanea fatta per stuzzicare gli appassionati. Si apre quindi per i Marvel Studios una sfida intelligente di cosa mostrare e cosa non mostrare, che probabilmente andrà avanti fino all’uscita del lungometraggio nelle sale cinematografiche, ma che denota comunque una strategia differente rispetto a quella intrapresa dalla Sony.
Altro fattore interessante è quello di amplificare la presenza di Sam Raimi dietro alla macchina da presa attraverso una dicitura presente nel trailer, soprattutto perché, in maniera più marcata rispetto al precedente, questi contiene più di una sequenza che propone evidenti richiami allo stile visionario del regista, debitore dell’horror e con un uso della cinepresa marchio di fabbrica dei suoi film.
Da questo punto di vista, solo dalla scritta “un film di Sam Raimi”, si può notare come i Marvel Studios vogliano evidenziare l’assoluta libertà creativa data al regista, subentrato a Scott Derrickson dopo che quest’ultimo aveva avuto alcune divergenze creative sulla realizzazione del sequel.
Oltre a questi particolari, non bisogna dimenticare che questo trailer mette nuovamente in primo piano, accanto alla figura di Strange, quella di Wanda Maximoff (Elizabeth Olsen), che probabilmente va incontro a una nuova evoluzione.
La centralità di Wanda in questa pellicola è sotto la lente di ingrandimento da mesi, e il trailer non fa che accentuare il fatto che il personaggio stia pericolosamente ormai sulla china tra bene e male. Dopo gli eventi di WandaVision, sembrava che la ragazza avesse trovato un suo equilibrio anche psicologico, ma è evidente che qualcosa porterà nuovamente a una sorta di tracollo di Scarlet.
A questo proposito, da mesi si susseguono indiscrezioni sulla furia assassina di Scarlet in questo sequel, che in un primo momento pare dovesse trovare un tentativo di annacquamento tramite le riprese aggiuntive, ma che poi Raimi ha invece voluto amplificare. La visione di una Wanda ricoperta di sangue è una conferma indiretta di questa direzione, che potrebbe segnare un punto di non ritorno per la bella ma problematica Avengers.
Mesi fa, avevamo sottolineato come la conclusione di Wanda Vision , ma soprattutto la serie nel suo complesso, avesse fatto compiere a Wanda un passo verso uno status più completo. Le sequenze del trailer mettono in dubbio che quello status sia stato pienamente raggiunto, lasciando intravedere che il personaggio debba ancora attraversare il classico Rubicone che ne determinerà le sorti, oltre a quello dell’intero Marvel Cinematic Universe.

wanda

Il limbo cinematografico dei Boom Studios

Con l’acquisizione di Fox da parte della Disney, e con l’accentrarsi dei progetti cinematografici della major in particolare verso properties quali i fumetti Marvel Comics e legati alla saga di Star Wars, i vari lungometraggi cinematografici legati ai Boom Studios, facenti parte di un vasto accordo tra quella che era la 20th Century Fox e la casa editrice, sono negli ultimi anni evaporati come neve al sole.
Nel 2014, l’accordo prevedeva tutta una serie di progetti (poi ampliati anche alla televisione) che aveva portato alla nomina del produttore Adam Yoelin nella veste di responsabile, affiancato di recente da Mark Ambrose come capo del settore televisivo nel 2020.
Tra i vari lungometraggi in lavorazione, che però non hanno mai visto la luce, vi era l’adattamento cinematografico di Mouse Guard, una delle prime vittime dell’accordo tra Fox e Disney, mentre ben sette anni sono passati dall’annuncio della realizzazione del film basato su Imagine Agents, che avrebbe dovuto vedere Michael Keaton coinvolto nella duplice veste di produttore e protagonista. È probabile che il progetto sia ancora in lavorazione, ma il recente coinvolgimento di Keaton nel DCEU nel ritrovato ruolo di Batman, che si annuncia come una sorta di versione Warner Bros. del Nick Fury dei Marvel Studios, hanno spinto decisamente ai margini la pellicola.
È vero che la casa editrice si è rilanciata negli ultimi tempi, grazie soprattutto a un accordo con Netflix stipulato nel 2020, ma se si guarda il quadro generale, lo sfruttamento delle properties basate sui fumetti Boom Studios resta alquanto caotico e privo della capacità di darsi una forma personale. Dopo il flop di The Empy Man, probabilmente l’unico progetto per il grande schermo ad avere avuto una uscita nelle sale, abbiamo visto susseguirsi una serie di annunci che denotano ormai un allontanamento dal grande schermo e dalle sale cinematografiche in senso classico, per le piattaforme streaming. Capaci certamente di raggiungere un vasto pubblico, ma alla fine non così capaci (almeno per quanto riguarda Netflix) di portare prodotti di qualità, visto che la piattaforma ha dimostrato molte volte di realizzare adattamenti sui fumetti in maniera troppo veloce e sbrigativa, con un gran dispendio di soldi e mezzi, ma con poca attenzione alla narrazione e ai personaggi.
A distanza di anni, è lecito domandarsi se ai Boom Studios sia mancata quella volontà capace di spezzare il duopolio Disney/Warner, ma anche la capacità organizzativa interna di riuscire a lavorare su prodotti che potessero diventare franchise e brand riconoscibili al grande pubblico.

Robot Dreams

Al Festival del cinema di Berlino è stato presentato, nella rassegna dedicata ai progetti spagnoli, Robot Dreams di Pablo Berger, un adattamento animato del graphic novel omonimo di Sara Varon. Ambientato nella New York City degli anni ’80, è la storia dell’amicizia tra un cane e un robot. Arcadia Motion Pictures, con sede a Barcellona,che ha già lavorato con Berger a suoi precedenti film, sta producendo insieme alla spagnola Lokiz Films e alla francese Noodles Production e Les Films du Worso.

robotdreams

L’agenzia LevelK si è occupata dlle vendite di Oink, film di animazione in stop-motion, che di recente è stato presentato anche al Sundance Film Festival, prodotto dalle olandesi Viking Film e  VPRO, e dalla belga Private View, che narra  di una ragazzina di nove anni che adotta un maialino combina guai.

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