Per molti anni, Matt Fraction è stato uno degli autori di supereroi più importanti del settore: dai titoli più indipendenti come Hawkeye, ai pulp misteriosi come The Immortal Iron Fist, fino ai grandi successi di Iron Man e ai crossover come Fear Itself. l’autore ha contribuito a definire il panorama dei supereroi Marvel nei primi anni 2000, scrivendo allo stesso tempo acclamati fumetti creator-owned come Ody-C (con Christian Ward), Sex Criminals (con Chip Zdarsky) e Casanova.
Dopo un periodo lontano dai supereroi per concentrarsi sulla serie TV appartenente al franchise Godzilla di Legendary Pictures — Monarch, di cui è stato showrunner e co-creatore insieme a Chris Black — Fraction è tornato a occuparsi di uno dei supereroi più iconici di sempre: Batman. Insieme a Jorge Jiménez porterà il Cavaliere Oscuro in nuovi territori (come annunciato a Málaga, affronterà un nuovo e terribile villain, il Minotauro) ed esplorerà direzioni diverse.
Lo abbiamo incontrato per parlare delle sue idee su Batman e del punto di vista da cui intende scrivere il personaggio.
Ciao Matt, benvenuto su Lo Spazio Bianco.
Sei tornato ai fumetti con la nuova serie di Batman, dopo aver lavorato per un periodo a Hollywood scrivendo, sviluppando e co-creando la serie Monarch. Com’è stata questa esperienza per te? Cosa hai imparato e com’è stato questo periodo lontano dai fumetti?
In realtà non ho mai smesso di scrivere fumetti. Io, Terry e Rachel Dodson abbiamo un fumetto, Adventure Man, che è uscito con una certa regolarità, anche se un po’ lentamente. Ma è vero che mi sono allontanato molto consapevolmente dai fumetti mensili una volta che Monarch è stata approvata.
Lavorare in televisione è come affrontare un’inondazione: riempie ogni momento della tua vita, ogni spazio che trova, lo consuma.
Pensa che sono passati quattro o cinque anni dal giorno in cui ho presentato per la prima volta il progetto a quando le telecamere hanno iniziato a girare, e poi è passato ancora un anno prima che andasse in onda. Avevo lavorato troppo a lungo per essere un genitore assente, e mi sono detto: magari non venderò mai più un’altra serie, ma voglio vivere questa esperienza — capire cosa significa dirigere uno show, lavorare in una writers’ room, gestire un’intera produzione insieme al mio partner in Monarch, Chris Black. Così mi ci sono buttato completamente.
Avevo anche diversi progetti in corso, ma ho dovuto lasciarli andare: non potevo fare altro, ormai la serie stava per partire. Se non scrivo, gli altri non disegnano, e se non disegnano, non vengono pagati. Per me si è trattato di riconoscere la scala gigantesca — perdona il gioco di parole — della televisione. Sono stato a Vancouver e in Giappone per 100 dei nostri 106 giorni di riprese. Per sei mesi ho praticamente vissuto sul set per far sì che Godzilla prendesse vita. Era una cosa enorme.
Non volevo dividere la mia attenzione, perché la TV assorbe tutto ciò che hai da dare. Dopo di questo, ho lasciato la serie, persino prima che fosse conclusa la scrittura della seconda stagione. Le ragioni sono state molte, ma in sostanza sentivo di aver bisogno di qualcosa di nuovo ed eccitante.
E non avevo la minima idea che Batman sarebbe arrivato. Non sapevo cosa avrei fatto dopo. Ho passato una settimana convinto di aver distrutto la mia carriera. Poi Chip Zdarsky — il mio splendido ragazzo canadese — mi ha detto che avrebbe lasciato Batman e mi ha chiesto se potevo essere interessato. Ho risposto subito di sì. Non credo volesse davvero andarsene, ma è stata una decisione creativa per lui. Penso anche che non volesse lasciare i suoi editor in difficoltà, quindi mi ha presentato alla DC. Ho iniziato a parlare con Rob Levin e Marie Javins, e da allora è andato tutto benissimo.
Sto lavorando su questo fumetto da quasi venti mesi ormai. Il primo numero è uscito il 3 settembre 2025, ma ci lavoro da aprile 2024.
Sei tornato ai supereroi, un genere su cui hai già lavorato molto, soprattutto per la Marvel. Batman, però, è diverso sotto molti aspetti: ha un “peso” particolare. È unico e profondamente iconico, probabilmente il più iconico insieme a Superman e Spider-Man. Cosa cambia, secondo te, nello scrivere lui rispetto agli altri personaggi?
Penso che parte della sua unicità stia nel fatto che esiste da 85 anni. Sono passati 1.060 mesi consecutivi di storia umana in cui sono state raccontate storie di Batman in ogni medium immaginabile. È il supereroe più cool. Ha la macchina più cool. Vive nella città più cool. Ha i cattivi più cool, gli amici più cool, il rifugio più cool. È il personaggio perfetto per i fumetti di supereroi americani, sotto ogni punto di vista. E, personalmente, Batman è stato anche il primo fumetto che io abbia mai letto. Avevo tre anni, era l’estate del 1978, e Batman #316 è il fumetto che mi ha fatto innamorare dei fumetti — non solo di Batman, ma del mezzo in sé.
Ciò che mi spaventava, mi incuriosiva e mi sembrava una sfida, una montagna da scalare, era una domanda semplice: posso scrivere un fumetto che celebri tutto questo?
Posso scrivere un fumetto che avrebbe fatto innamorare dei fumetti il me stesso di tre anni? Non che
debba essere per bambini, ma voglio dire: posso scrivere un fumetto di Batman che sia, prima di tutto, un fumetto di supereroi? È così che ho affrontato il personaggio. I supereroi, per me, sono tutti diversi — ed è proprio questo che mi piace. Ho avuto molti problemi nella mia vita, e mi metto nei guai quando mi annoio. Non mi piace ripetermi. È per questo che amo il cross-training, e per questo amo i supereroi: mi permettono di combattere ogni giorno un orso diverso, per così dire.
Con Batman, ciò che non mi aspettavo, ciò per cui non ero pronto, è stata la sua storia. Esisteva da trent’anni prima che nascesse la Marvel! Non avevo idea di cosa significassero davvero 85 anni di storia. Ma è fantastico: ci sono tonnellate di storie del personaggio che non ho mai letto, anche se lo leggo da quando avevo tre anni. Amo il fatto che ci sia sempre nuovo materiale da scoprire. Ed è tutto bellissimo: pieno di cose che mi ispirano, che amo, da cui posso imparare.
Il mio approccio nasce da questo: mettendo al centro Batman come fumetto di supereroi, ogni altro genere diventa possibile. È un archetipo magnetico, capace di attrarre tutto il resto. Posso scrivere horror, guerra, western, noir, azione — tutto. Perché, in fondo, resta sempre un fumetto di supereroi, e non risulterà mai fuori luogo. I supereroi sono così duttili, come un polimero che tiene tutto insieme.
Parlando di storie del passato, ce ne sono alcune che ti hanno ispirato? E come ti senti a introdurre un nuovo villain — il Minotauro — in una galleria di nemici che, come hai detto, è già la più cool di tutte? Da che prospettiva stai scrivendo questa parte?
La cosa più interessante e ispirante per me sono stati i primi anni di Detective Comics e Batman, quando Bill Finger e Jerry Robinson stavano ancora capendo cosa potevano fare. Erano anni di una creatività selvaggia. È come guardare la carriera dei Beatles e rendersi conto che è durata solo otto anni — in quel breve tempo sono passati da Love Me Do a Strawberry Fields.
Mi sono divertito tantissimo a riscoprire quelle prime storie in cui spingevano sempre oltre i limiti per capire cosa fosse “troppo” e cosa funzionasse davvero. Stavano inventando un nuovo linguaggio, quello supereroistico, prendendo in prestito da altri generi — senza nemmeno saperlo. Leggendole, puoi vedere chiaramente cosa abbiano preso dal pulp, dall’espressionismo tedesco, da altri stili narrativi, e persino dal cinema. Si capisce quali film uscissero in quel periodo perché l’influenza è immediatamente visibile nei fumetti.
Leggere quelle storie come nuovo autore di Batman mi ha fatto assumere uno sguardo archeologico e antropologico: quanto ci è voluto perché Batman diventasse davvero Batman? Quando si è “raffreddata la lava” abbastanza da poterci camminare sopra, per così dire?
Molto interessante. Da qui, in che direzione vuoi sviluppare ulteriormente la serie?
Credo che l’obiettivo sia la libera invenzione — la fantasia sfrenata. Quando Tom King scriveva Batman, disse che voleva fare cento numeri, e io pensai: “È folle”. Io credo di averne scritti 68 di Iron Man in totale, ed erano già tanti. Avevo ancora un po’ di energia, ma se allora mi avessero chiesto di farne altri quaranta, avrei detto: “Non lo so.” Mi sembrava un’ambizione da giovani, o da pazzi. E invece ora che sono qui, lo capisco. Sarebbe la cosa più naturale del mondo.
Vorrei concentrarmi per un po’ sul realizzare storie autoconclusive, e il motivo è che ho la sensazione che tutto questo possa essermi tolto da un momento all’altro. Sento che prima o poi mi cacceranno, e voglio giocare con tutti i giocattoli finché posso. E se non potessi mai più scrivere l’Enigmista? Meglio scrivere subito una storia con l’Enigmista. Non posso credere di non aver ancora scritto nulla su Due Facce — com’è possibile?
Mi ricorda quando uscì il primo film di Iron Man. Pensai: “Dio, vorrei tanto scrivere il fumetto di Iron Man”. E subito dopo mi resi conto: “Aspetta, lo sto già facendo!”. Tornai a casa e scrissi Iron Man #5, pieno di energia e di quella buona pressione. È la stessa energia che ho adesso.
Voglio fare tutto e provare ogni possibile modo di raccontare queste storie. Scrivere racconti brevi e autoconclusivi è davvero difficile. È molto più facile scrivere una storia lunga e dividerla in parti. Ma non mi piace annoiarmi, quindi mi sono dato un obiettivo difficile e alto da raggiungere. Spero che i lettori lo apprezzino.
Stai lavorando con Jorge Jiménez, che negli ultimi anni è stato una presenza costante su Batman, offrendo prospettive diverse sul personaggio e diventando uno degli artisti più iconici del Cavaliere Oscuro. Cosa significa per te lavorare con un artista così flessibile e affermato? Com’è stata la vostra collaborazione?
Lo dico chiaramente: la DC ha rilanciato il fumetto per Jorge. Lo amano, lo stimano, e volevano dargli una piattaforma enorme. E io non riesco ancora a credere di poter lavorare con lui. Ho una lista nei miei taccuini di cose che penso sarebbe fantastico vederlo disegnare. Non so dove finiranno, ma da suo grande fan penso sempre: “E se disegnasse questo? E se provasse quello?” È un talento generazionale, e non è ancora al suo massimo. Migliora con ogni vignetta che disegna. È come un Pokémon che non smette mai di evolversi. È questa la sua forma finale? No — può andare ancora oltre. È come un pilota di Formula 1 che non ha ancora ingranato la marcia più alta. Cerco, da appassionato del suo lavoro, di scrivere storie che lo spingano sempre più avanti — e questo ispira anche me.
La prima volta che abbiamo parlato, la DC ci ha messi insieme su Zoom — è stato come un matrimonio combinato. Una delle prime cose che ho detto è stata: “Penso di voler riportare Batman al blu e grigio”. E Jorge ha risposto subito entusiasta. Da lì in poi abbiamo trovato la nostra sintonia, e ora ci stimoliamo a vicenda di continuo. Siamo come bambini iperattivi con una scatola di pennarelli e un mucchio di fogli: non vediamo l’ora di disegnare su tutti. È il migliore. E lo adoro.
Matt, grazie per il tuo tempo!
Intervista realizzata dal vivo a settembre 2025.
Si ringrazia il team stampa del San Diego Comic Con Malaga.
Traduzione di Emilio Cirri.
Matt Fraction
Nato a Chicago nel 1975, dopo aver lavorato negli anni ’90 in una fumetteria, inizia a scrivere fumetti creator-owned per IDW e Image Comics, tra cui Casanova e The Five Fists of Science. Nel 2007 inizia a lavorare in Marvel, scrivendo insieme a Ed Brubaker l’acclamata The Immortal Iron Fist. Di seguito realizza Invincible Iron Man, Thor, Uncanny X-Men, Fear Itself. Nel 2012 insieme a David Aja realizza una acclamatissima serie dedicata a Occhio di Falco, con cui vince molteplici Eisner e Harvey Awards. Negli stessi anni continua a scrivere fumetti creator owned quali ODY-C (con Christian Ward), Sex Criminals (con Chip Zdarsky) e November (con Elsa Charretier). Nel 2022 si dedica alla serie Tv appartenente alla saga di Godzilla della Legendary Pictures Monarch: Legacy of Monsters, di cui è co-creatore e showrunner. Nel 2025 ritorna a tempo pieno a scrivere fumetti, con il rilancio di Batman insieme a Jorge Jimenez.