Il piccolo mondo del golem

Il piccolo mondo del golem

Joann Sfar Kappa Edizioni, 2004 - 71 pp. B. b&n - 9,90euro

Copertina dell'alboQuesto volume raccoglie un ciclo di storie brevi, composte fra il 1993 ed il 1996. Le vicende narrate si svolgono in una Vilnius dall’atmosfera ambigua, dove si intrecciano le vicissitudini di alcuni personaggi, assolutamente particolari: Douffon ed Ehrenstein, l’ispettore Mazock, un golem, una bella ragazza anonima, il vampiro Fernand, una fascinosa mandragola, un pittore innamorato, ed altri ancora.
La collocazione temporale è indefinita: sebbene, all’inizio del racconto Il natale di Humpty Dumpty, una didascalia annunci essere il 24 dicembre 1894, nel successivo Tree man of three trees road, Douffon è alla guida di una fiammante Jaguar sportiva che, nella nostra ignoranza, troviamo ragionevole datare posteriormente agli anni ’30 (del secolo scorso, si intende); oltre trenta anni di differenza, quindi, ma, nelle fisionomie dei personaggi, non compare nessuna traccia del tempo trascorso.

Diversa, ma ugualmente palpabile, è l’indeterminazione spaziale: siamo a Vilnius, certo, come confermato anche in La ragazza di legno; ma la capitale lituana è certo, nel nostro pensiero, un luogo lontano, esotico, poco più di un suono che sembra uscire da un polveroso incantesimo. Gli scorci cittadini, i dettagli dei boschi che scorgiamo, gli stessi interni delle abitazioni, non mirano ad una definizione toponomastica, ma a creare quel senso di realismo magico tipico dei racconti di saggezza.
E proprio a racconti di saggezza sono quelli che Sfar ci propone, poiché il loro senso non sia legato ad un determinato qui ed ora, bensì ad un principio che l’autore intende universale: la necessità dell’amore. Ed è questa necessità il motore delle azioni dei personaggi, l’oggetto della loro ricerca. Si badi bene: non la parodia/alternativa fisica dell’amore, bensì proprio il sentimento autentico, che solo è in grado di dare un senso alla vita (é proprio questo il fondamento della necessità dell’amore). Tutti i protagonisti soffrono l’assenza dell’amore come una malattia: la melanconia di Fernand è patologia esplicita, così come gli eccessi di ferocia sadica di Mazock; tutti i personaggi vivono e sentono la propria incompiutezza, e vivono la crisi del momento in cui l’amore, una volta incontrato, li divide dalle persone che di loro si fidavano (si veda il triangolo Douffon, mandragola, Fernand). Il potere vitale dell’amore è esplicitamente mostrato, come nella vicenda della mandragola, di cui si innamorano prima un pittore, poi lo stesso Douffon, oppure in quella dell’albero e della ragazza, nello stratagemma di Ehrenstein, che dona a Mazock un bambino da accudire, e ancora, finalmente, nella conclusione (vivaddio ottimista) della raccolta, dove Fernand scopre che l’amore pervade ogni momento dell’esistenza di ognuno.

La composizione fra il senso delle vicende (la ricerca positiva dell’amore) e l’ambientazione avviene felicemente nel tono grottesco e surreale della narrazione e tramite la giustapposizione di scene emotivamente contrastanti. Da una parte, infatti, non mancano i momenti inquietanti (sarebbe stato uno spreco di atmosfere), come il rapimento della mandragola, per torturarla e venderla, e lo sfogo sadico di Mazock contro il ladro stesso che, catturato, sfida i propri carcerieri con la propria nudità. Tutte scene particolarmente intense, dove la cattiveria, il desiderio di arrecare dolore, appare quasi in uno stato puro. Dall’altra, la diatriba fra Ehrenstein e Douffon sul possesso del golem, l’avvilimento di Fernand, quando la sua ospite dimostra di preferire l’uomo albero, la sorpresa del frutto della relazione fra questi due amanti, il duello aereo, in sospensione temporale fra Douffon e Fernand… sono scene dal sottile ed ambiguo gusto comico.

Lo stile grafico di Sfar, in questi racconti, è quanto mai asciutto, e questa essenzialità è esaltata dal bianco e nero, dall’uso del tratteggio: per l’efficacia di questo stile, anche nel definire atmosfere quasi oniriche, si guardi la prima tavola di Tree ma of three trees road, oppure, poco oltre, la rappresentazione della casa dell’uomo albero (pag. 32).

Notiamo, infine, che le tavole dei racconti sono spesso affiancate da didascalie, aforismi minimi (il segreto della cabala è che non c’é differenza fra i rami e le radici), spunti di riflessione (Non sono un buon ebreo ma sono un ebreo pagano) e financo annotazioni cronachistiche (primo maggio; oggi il fronte nazionale ha ucciso un uomo), che accompagnano la lettura. Sono spunti di riflessioni ortogonali alla narrazione, che comunicano, con la loro sola presenza, l’appartenenza dell’opera, della sua creazione, quindi dello stesso atto creativo dell’autore e infine dell’autore stesso, nel tempo presente. Siamo di fronte, cioé, a dei racconti e ad una poetica, liberi dal tempo e dallo spazio, ma scaturiti dalla partecipazione consapevole dell’autore alle vicende del mondo intorno, significando chiaramente la centralità della tensione fra le due dimensioni (l’astrazione dell’immaginario, la concretezza della cronaca) nella vita. Così, non sorprende la varietà delle annotazioni: la saggezza talmudica, infatti, è vana, se non vissuta nel contesto quotidiano.

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