È un volume sicuramente atipico questo La guerra di Peter edito dalla Coconino press nel quale viene proposta una raccolta di storie e vignette di Sergio Staino, autore di satira conosciutissimo, vignettista storico dell’Unità e non solo.
Da sempre, con Bobo (il suo personaggio feticcio e quasi suo alter-ego) Staino ha dato voce allo spirito critico e abbastanza disilluso della sinistra italiana. Con una buona dose di sarcasmo ed ironia, senza mai lasciare il passo all’ideologia tout-court, ha cercato di raccontare le trasformazioni che negli ultimi venticinque anni hanno attraversato il nostro paese, scegliendo costantemente il beneficio del dubbio per delle domande che, inevitabilmente e purtroppo, potevano solo essere retoriche e senza risposta.
Ancorato saldamente ai principi cardine della sinistra internazionalista (libertà, giustizia sociale, uguaglianza tra le genti ecc.), Staino e il suo personaggio sono stati spettatori della deriva della politica rappresentativa e del richiamo delle sirene neoliberiste, ma mai ha perso il sorriso, sferzato spesso da una battuta amara, che riusciva con rara semplicità a riportarci al centro di ciò che doveva essere sentirsi di sinistra, in Italia e nel mondo.
Ora pero’, lo Staino che leggiamo nelle pagine di La guerra di Peter ci sembra cambiato, quasi che si senta sconfitto davanti al sonno della ragione: la guerra che sta incendiando il globo e più precisamente il Medio Oriente. Tra i disastri mai risolti della crisi arabo-israeliana, l’11 settembre e la folle deriva di Guantanamo, la guerra al terrorismo e l’invasione dell’Irak, Bobo non riesce più a sorridere. Anzi, accompagnando il suo disegno alle parole di De André, Guccini, Boris Vian e Tabucchi, Staino diventa testimone del baratro che sta per inghiottire il mondo.
L’accozzaglia di vari stili (fumetto, vignetta, ballata illustrata) fa di questo libro sicuramente un prodotto singolare e poco inquadrabile nel panorama fumettistico italiano. Trovo, anzi, un po’ faticoso chiamarlo “libro a fumetti”, anche se tecnicamente lo è. Ma al di là dell’oziosità della questione, la disperazione che esce fuori da queste pagine non può che colpire nel segno, facendoci male e ugualmente arricchendoci; anche quando, stilisticamente parlando, non tutto funziona per il meglio. Credo, infatti, che le cose più riuscite siano le storie più propriamente dette, che comunque occupano la minor parte del volume. Molto emozionanti le ballate, anche se alla lettura forse risultano un po’ lente. Funzionano un po’ meno, perse tra i racconti lunghi, le vignette che, infatti, mi sembra tengano meglio il ritmo su un quotidiano.
Proprio questa disomogeneità di stili e la mancanza di quello scatto in avanti e di quel gioco allo spiazzare che il sarcasmo e l’ironia di una battuta dissacrante possono dare, fanno di questo volume un’occasione forse non proprio riuscita. Quello che rimane è una ragionevole e dovuta monotematicità di argomentazioni che, giusto per questi motivi, rischia di rendere la lettura difficoltosa.
Ma questi pareri personali, per loro natura opinabili, non mi possono esimere dal comprendere le motivazioni che hanno portato alla realizzazione di quest’opera: il profondo sentimento di disperazione e collera che Staino vuole con urgenza trasmettere.
Un pessimismo senza salvezza per un mondo senza futuro.